di Giorgio Masiero*
*fisico
Raymond Kurzweil è forse il più noto “futurologo” dei nostri giorni, un visionario che (nelle parole) confonde l’assurdo col possibile, ma anche un genio capace di far avanzare (nei fatti) l’innovazione tecnologica in applicazioni cantierabili. Così, da un lato la sua utopia si stiracchia fino a deformarsi nella “Singolarità” di macchine che sorpassano l’uomo, con speculazioni pseudo-scientifiche sul rapporto cervello-mente e sulle origini della moralità e della coscienza; dall’altro lato, nelle aziende proprie o di cui è consulente, la stessa utopia, ora controllata dalla ragione e non più in conflitto con la scienza, si rivela utile a produrre macchine e servizi ante litteram.
Tra le più importanti invenzioni di Kurzweil si annoverano un software di riconoscimento dei caratteri stampati ed un sintetizzatore che traduce i pentagrammi in suoni. Ovviamente, una cosa è uno strumento che suona “da solo” musica ideata da una mente umana: organetti e carillon c’erano anche nel ‘700 e l’automazione elettronica aggiunge solo più alte performance (con più armoniche di Fourier) ad un’automazione meccanica che non ha mai avuto nulla di soprannaturale; altro è l’idea di una macchina “creativa ed emotiva” che componga musica alla stregua di Beethoven e si commuova come un melomane. Anche su questo tipo di macchina l’utopia di Kurzweil si è naturalmente cimentata, ideando un software “compositore” (per intanto, in attesa di uno “ascoltatore”…), ma di tale applicazione nulla è rimasto nella storia della musica. Analogamente, una cosa è il riconoscimento digitale di caratteri stampati, che essendo standard sono classificabili in uno spazio finito di configurazioni; altro sarebbe quello di caratteri scritti a mano libera, o magari con deformazioni studiate di fantasia, che – guarda caso – sono proprio le figure impiegate nei codici di controllo CAPTCHA per distinguere gli umani dai dispositivi di lettura più potenti…
Lo scorso 17 dicembre Google ha assunto Kurzweil tra i suoi ingegneri. Per fare cosa? “Lavorerò su alcuni dei più complessi problemi d’informatica, per trasformare le visioni irrealistiche in realtà nel prossimo decennio”, ha risposto cripticamente Kurzweil ai giornalisti. Subito questi hanno pensato alla Singolarità: che il reparto ingegneria di Google intenda avviare la progettazione di un robot con emozioni, scrupoli morali ed intelligenza superiori alla media umana e magari alle doti di Kurzweil stesso? A deluderli ci ha pensato il capo-ricerca di Big G, Peter Norvig, che ha indicato più prosaicamente nelle tecnologie di riconoscimento vocale (a configurazioni finite e già implementato nei primi modelli dei cellulari Android) e nei sistemi esperti le frontiere che nel prossimo decennio saranno esplorate a Mountain View anche col contributo di Kurzweil.
Il fatto è che, se Kurzweil può nei suoi libri liberare le briglie alla fantasia con grande gioia dei divulgatori fantascientifici e dei profeti del transumanesimo (quel nightmare dove gli uomini sono subalterni a macchine più intelligenti e più buone di loro), il CFO di Google deve invece fare i conti ogni giorno col valore in Borsa dell’azione, per tener buoni gli asset manager che hanno investito nei progetti presentati ai road show di fund raising. Qui, sulla fascia dell’innovazione futuribile (oltre l’immaginabile, ai limiti del possibile, ma sempre al di qua dell’allegro dominio dell’irrazionale, che non è ahimè algoritmetizzabile), Google si giocherà le sue carte come tutti i grandi player della nuova economia globale. Un altro attore, General Electric – un colosso presente nelle infrastrutture e nell’energia, nei trasporti e nella finanza, nell’ecologia e nella salute – ha coniato un termine per la nuova rivoluzione tecnologica del XXI secolo, quella vera, scevra degli errori e degli orrori dell’Intelligenza Artificiale e in cui le macchine in ferro e silicio (ovviamente prive di passioni, coscienza e volontà) sono sempre al servizio degli scopi degli ingegneri in carne e ossa che le hanno progettate: l’Internet Industriale.
La rivoluzione industriale, come si sa, è partita due secoli e mezzo fa in Inghilterra: macchine e fabbriche hanno potenziato la millenaria economia agricola, artigiana e mercantile di molti fattori di scala e con nuovi prodotti. Accanto agli enormi progressi economici e (più tardi) anche sociali, la rivoluzione industriale ha mostrato il suo lato negativo nella creazione di un sistema sempre più in conflitto con l’ambiente, sia in termini di consumo di risorse non rinnovabili che d’inquinamento. Per non dire delle condizioni di lavoro, che solo dopo 150 anni di lotte sociali sono divenute (in Occidente) umanamente accettabili. Si può dire che l’innovazione incrementale che ha caratterizzato l’era della rivoluzione industriale ha riguardato proprio questi 3 aspetti: l’aumento di efficienza nella produzione, la riduzione d’impatto ambientale ed il miglioramento delle condizioni dei lavoratori.
La rivoluzione internet, che ha scandito gli ultimi 50 anni, si è caratterizzata invece per la potenza di elaborazione dell’informazione e la nascita di reti di comunicazione diffusa. Questa rivoluzione è nata nel Dopoguerra con i grandi mainframe ed il software, cui si sono presto aggiunti i primi pacchetti informativi che permettevano la comunicazione chiusa tra piccole reti governative o bancarie. Negli anni ‘70 è apparso il www, una rete aperta e flessibile in linguaggi e protocolli di comunicazione, che ha consentito lo scambio d’informazioni tra macchine eterogenee di tutto il mondo. Dai 300.000 terminali connessi nel 1981 si è passati ai miliardi di computer di oggi; dalla potenza di calcolo di 60 kips del primo microchip monolitico in silicio, l’Intel 4004, progettato da Federico Faggin nel 1971, siamo oggi a ordini trilioni di volte superiori; e, insieme ai volumi dell’informazione processata, è esplosa la velocità della sua trasmissione, dai 10 kbps dei modem del 1985 ai 100 Mbps di oggi. La combinazione di potenza di processo, velocità di trasmissione e volumi ha portato alla nascita di grandi piattaforme per lo scambio di transazioni commerciali (o interazioni sociali), come eBay (o Facebook), con decine (o centinaia) di milioni di utenti e decine di miliardi di dollari di transazioni (o centinaia di miliardi di relazioni).
Le due rivoluzioni economico-sociali sono nate con architetture opposte in termini di gestione della conoscenza e di processo della decisione, perché in internet il calcolo e lo scambio dei dati sono basati su strutture e reti orizzontali d’intelligenza distribuita, che postulano integrazione e flessibilità. Rispetto al modello (fordiano) lineare e chiuso di ricerca e sviluppo della rivoluzione industriale, ristretto dalla geografia e a centralità decisionale, si sono sviluppati con internet modelli decentrati e non lineari, per giunta con prodotti e servizi più eco-sostenibili.
La nuova era d’innovazione che si apre con l’Internet Industriale consiste nella Convergenza crescente del sistema industriale globale con la potenza del calcolo resa disponibile dalla connettività di internet: analitica avanzata e sistemi automatici di rilevamento in tempo reale dello stato delle macchine nel loro ambiente (anche in movimento: al mondo si contano attualmente 3 milioni di “grandi rotori”: aerei, navi, ferrovie, ecc.) saranno fruibili da tutto e da tutti. La Convergenza promette di apportare maggiore efficienza ai settori industriali più diversi, dai trasporti alla generazione di energia alla chimica, a cascata fino alla piccola impresa o all’ospedale, o alla persona direttamente. L’Internet Industriale fonde così insieme gli asset dei due salti produttivi: la miriade di macchine, facility, flotte e reti interne dell’industrializzazione, con i più recenti (e potenti) sistemi di calcolo e di comunicazione nella “nuvola” del web. L’essenza dell’Internet Industriale si esprimerà
- in macchine “intelligenti” perché reciprocamente connesse tramite sensori, controlli ed applicazioni in reti mondiali;
- nell’analitica avanzata, che combina l’analitica basata sulla fisica (e non più solo sulla geometria) con algoritmi predittivi e l’automazione;
- nella connessione costante delle persone, che siano al lavoro o in ufficio, negli ospedali o in movimento, così da supportare la progettazione, le operation, la manutenzione o la cura con maggiore efficienza, qualità e sicurezza.
Poiché ormai tocca solo ai cristiani tenere dritta la barra della ragione, in molti articoli Uccr ha mostrato come la scienza neghi la replicabilità artificiale delle facoltà dell’anima degli uomini (razionalità, intenzionalità, auto-coscienza, ecc.). C’è un motivo in più, di tipo pratico, per non credere a chi promette che “è vicina la Singolarità” e che presto saremo surclassati da “macchine spirituali”: gli orientamenti d’investimento dei grandi gruppi industriali e dei fondi sovrani, che già hanno tracciato le traiettorie dell’high tech del secolo.