In risposta alla richiesta di appoggiare le candidature esodati nella Lista Tsipras
In questi giorni mi è arrivata la richiesta di appoggiare la candidatura di Claudio Ardizio e di Pietro Braglia alle prossime elezioni europee. Si tratta di due persone molto impegnate nella battaglia per i cosiddetti esodati. Sono quelle persone che la riforma Fornero delle pensioni ha posto sia fuori dal mercato del lavoro che ritardato (di anni) l’erogazione della pensione da parte dell’INPS. Ritengo che persone come Claudio e Piero dovrebbero avere voce e rappresentanza e, quindi, ne appoggio la candidatura. Il problema è che ciò avviene in una Lista, quella chiamata Tsipras dal leader dell’aggregazione di sinistra greca, che francamente non mi convince. Perciò appoggio la candidatura di Claudio Ardizio e Pietro Braglia, ma non appoggio la lista Tsipras.
La candidatura di Claudio e Piero pone il problema dell’espulsione dal mercato del lavoro di persone non ricollocabili, proponendo una concezione del lavoro come diritto e non come privilegio.
La Lista Tsipras ha due debolezze che ritengo imprescindibili.
Il primo limite sta nel non porre l’Euro come uno degli strumenti con cui sono state attuate le politiche neo liberali, ovvero quelle che, dagli anni ‘80 di Margaret Thatcher, hanno portato alla costante privatizzazione di qualsiasi bene e servizio, riducendo lo spazio pubblico e comunitario e portandoci, nella sostanza, alla crisi attuale.
Rispetto alla questione della moneta europea il sociologo Gallino (tra i firmatari del documento in appoggio alla Lista Tsipras) dichiara in un’intervista di Ciccarelli su Il Manifesto (30/12/2013): “L’euro è un problema, ma non bisogna farla troppo facile. È nato con gravi difetti e resta una moneta straniera. È una cosa da pazzi, non succede in nessun posto al mondo. Avere una moneta meno rigida aiuterebbe molto, ma uscire dall’euro è un’idea insensata. Il Marco sarebbe rivalutato del 40%, milioni di contratti tra enti privati e pubblici dovrebbero essere ridiscussi. Ci vorrebbero 20 anni per farlo, entreremmo in una spirale drammatica. Credo che oggi ci siano altre urgenze in Italia e in Europa”. Quindi, come interpreto questa affermazione di Gallino, egli non pone la questione della moneta come centrale, ma riconosce che il problema c’è e andrà affrontato.
Al contrario di Gallino credo che il problema, tra gli altri, vada invece affrontato subito. E proprio per evitare le derive autoritarie che come spettri si aggirano – queste sì – per l’Europa.
Oltre ai trattati europei anche l’Euro è da ridefinire radicalmente; proponendo, ad esempio, l’eliminazione della clausola di Maastricht che vieta le monete complementari. Questo mossa sarebbe essenziale per definire uno spazio politico per ri-localizzare una parte dell’economia. Non tutta, ma quella che proprio per parametri di sostenibilità, ha più senso che sia prodotta e commercializzata localmente. Inoltre, in una strategia politica che proponga la necessità di una mano pubblica per creare occupazione, coordinata e collegata all’aggregazione di quegli elementi di economia alternativa che esistono e lavorano in una prospettiva comunitaria (nell’accezione di Adriano Olivetti), la moneta complementare può essere uno degli strumenti di uscita dalla crisi, o quantomeno di risposta solidaristica ai problemi più urgenti.
Non è da reazionari nazionalisti occuparsi di moneta. Il buon economista moderato Keynes lo fece proprio per rispondere alla crisi che ci fu in America, e poi nel resto del mondo, nel 1929. Anzi, per alcuni aspetti l’anticipò occupandosi dei debiti della prima guerra mondiale. La crisi del ’29 viene paragonata da molti, in piccolo, a quella attuale (il che non ci può far dormire tranquilli).
Nell’articolo “Una proposta pratica per andare oltre l’euro” del blog Mainstream, viene ripresa una proposta keynesiana, l’International Clearing Union (ICU), una camera di compensazione degli squilibri delle partite correnti dei singoli Paesi. Andatela a leggere, è quantomai attuale.
Penso che questo errore strategico, quello di rifiutarsi di mettere in discussione l’impianto della moneta unica, che sta compiendo la Lista Tsipras sia essenziale e che lo sia talmente tanto da non porla come reale rottura, non solo verso le politiche europeiste di questi 30 anni, ma anche verso quella vocazione alla minorità della sinistra radicale nel nostro paese. E questa è la seconda debolezza dell’operazione Lista Tsipras in Italia.
La vocazione a essere minoranza della sinistra radicale. Questa non è solo dovuta a sconfitte che questa area ha subito ormai più di 30 anni orsono (le lotte ai cancelli della Fiat dell’80 e la cosiddetta Marcia dei 40.000), ma proprio nell’elemento di subalternità che individuo nel concepire la propria esistenza come complementare a quella aggregazione degli smantellatori del PCI e smantellati della DC che va sotto il nome di centro sinistra. Finché si rimane in quel recinto non si potrà essere incisivi in nessuna lotta o tentativo di alternativa.
Perciò appoggio la candidatura di chi pone il problema degli esodati, ma non appoggio la Lista Tsipras alle prossime elezioni. Aspetto un livello del dibattito più serio sull’Europa e deciderò di conseguenza se eventualmente votarla.
Scritto per Varieventuali di Ivrea