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Le deboli proposte delle opposizioni

Creato il 03 novembre 2011 da Yleniacitino @yleniacitino

Le deboli proposte delle opposizioni

da www.ragionpolitica.it

Adesso Francia e Germania non ridono più. Di fronte agli sbalorditivi -5,38% e -5% rispettivamente dei loro indici, parte subito il j’accuse per capire chi, come e quando abbia fallito. Che il direttorio Parigi-Berlino sia stato un flop con le sue prese di posizione tardive, lo dimostra l’unilateralità della decisione di Papandreou di sottoporre a referendum popolare il pacchetto di misure d’austerità, condicio sine qua non per l’attivazione del piano di salvataggio europeo. Che l’Italia, poi, abbia subito un riflesso imponente di tale crisi, arrivando a perdere il 6,8% in chiusura, è prova provata della diabolica pervasività e schizofrenia della speculazione finanziaria. Una speculazione che divora tutto ciò che trova, con foga di mostro Leviatano. Potenza pura senza controllo. E l’Italia, ora come ora, è l’anello debole con cui prendersela più facilmente, per svariati motivi. Un elevato debito pubblico, la stagnazione economica, ma soprattutto l’ostruzionismo e i frequenti sabotaggi della nostra classe politica dell’opposizione, che manca di amor patrio.

Ad oggi, le tesi sostenute dalle sinistre sono due (neanche in questo sono compatti, sic!). Da un lato c’è chi pilatescamente invoca il governo tecnico, vedendo un Mario Monti alla guida di una rosa di esperti hors-le-murs per varare quelle misure impopolari cui nessuno si sognerebbe di dare il proprio nome anche se fosse l’attuale Parlamento a votarle. Dall’altro c’è chi continua imperterrito a volere le elezioni subito, arrivando persino, come il segretario di Rifondazione Comunista Paolo Ferrero, a chiedere che anche in Italia come in Grecia si svolga un plebiscito sulle misure di austerità. Insomma: il classico dilemma fra tecnocrazia e democrazia. La prima soluzione puzza tanto di governo Ciampi. Di quando, cioè, nel non lontano ’93, dopo la terribile svalutazione della lira e l’uscita dal serpente monetario, il prelievo nelle «tasche degli italiani» di Amato e la centellinata proscrizione politica di Tangentopoli, per disperazione si relegò il potere alle mani vellutate dei tecnici. Ma oggi chi si sporcherebbe le mani per votare provvedimenti che gli verrebbero rinfacciati dall’elettorato? Come lavorerebbe un governo tecnico senza il sostegno del suo parlamento? Senza l’appoggio dei cittadini?

Il Pdl, checché ne dicano i soliti disfattisti, mantiene ancora il sostegno e l’appoggio necessario a governare. E una conferma di ciò, più che lampante, proviene dal milione e passa di tessere che sono state fatte: 1.200.000 adesioni che in un momento di fervente antipolitica valgono doppio. Veniamo alla seconda ricetta sbandierata dalla sinistra: elezioni subito e nuovo governo, poi, se si trova il tempo, anche un bel referendum sulle manovre economiche. Questa proposta, che come detto prima ha tra i suoi più zelanti sostenitori i rifondaroli (peraltro interessati a correre per rientrare nell’emiciclo), non merita una discussione granché ampia. È chiaro, infatti, che se si andasse ad elezioni subito, l’Italia perderebbe quel margine di fiducia che i mercati ci avevano dato (effetto domino della dichiarazione di Papandreou a parte). I tempi per ristabilire la «calma istituzionale» non sarebbero inferiori a cinque o sei mesi. Ma poi sarebbe troppo tardi per porre argine al tracollo. Quella del referendum sull’onda della Grecia, invece, è una «genialata» che non andrebbe nemmeno riportata dalle agenzie. Osserviamo solo che, in territorio ellenico, ha provocato una forte frattura di Papandreou con i suoi stessi supporter (6 defezioni nel suo partito, il Pasok, con allegata richiesta di governo di unità nazionale) oltreché rabbia e costernazione in tutti i milieu europei. Per di più, il premier socialista prova ad arroccarsi nel suo fortino annunciando di aver cambiato i vertici delle forze armate, capi di stato maggiore e generaloni, non sia mai qualcuno voglia tentare un golpe. A qualcosa la storia deve pur servire.

Non è un governo tecnico o lo stallo istituzionale dello scioglimento delle camere di cui abbisognano gli italiani. Occorre che l’opposizione dimostri veramente di voler bene al nostro Paese, si unisca, mostrando un sano campanilismo, e dia man forte alle misure a cui il governo sta lavorando. Per lo sviluppo dell’Italia. Per tutti quanti.


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