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Le donne di montreuil

Da Rossellagrenci
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Leggendo il libro di Serena Dandini ho trovato tanti spunti e buone notizie. Ne volete sapere una? Eccola qui:

A Parigi, sul tetto di uno dei simboli dello spirito commerciale della nostra epoca (un megastore sportivo Decathlon), è spuntato un grande orto collettivo di oltre mille metri quadrati messo in piedi dall’Associazione delle Donne Maliane di Montreuil, un’istituzione che da anni collabora con il Comune per migliorare le condizioni di vita delle immigrate africane.

Lo scenario è un po’ surreale, perché il tetto su cui è installato è molto ampio, quasi una piazza sospesa, circondata dalla torre della direzione dell’Air France e da altri edifici più alti.

Gli impiegati della compagnia aerea di bandiera hanno la terrazza del ristorante che si affaccia proprio sopra l’orto e contemplano l’iniziativa con strani sorrisetti. A guardarli da qui, però, sembra che gli alieni siano loro, e non queste donne che lavorano la terra per fare amicizia, uscire dalla famiglia, condividere problemi e coltivare la pratica del dono. Anche se ognuna è responsabile della propria strisciolina di terra, le donne — una trentina in tutto, provengono anche da Algeria, Spagna, Turchia, Tunisia, Vietnam, Senegal e Mauritania — si dividono frutti e ortaggi e passano il tempo a scambiarsi informazioni, consigli, semi, pianticelle con spirito di armonia e unità.

Il risultato è un eccezionale miscuglio non solo etnico, ma anche vegetale: le maliane hanno abbandonato le arachidi per piantare pomodori San Marzano e patate rosse; le asiatiche coltivano coriandolo e timo al posto del riso; le tunisine fragole, pomodori, melanzane e menta per fare il loro famoso tè zuccherato. A fare strada tra gli appezzamenti è Awa Camara, la presidentessa dell’associazione, emigrata dal Mali in Francia da ragazza. Ormai si sente parigina, ma non rinnega affatto le sue origini africane. «La ricchezza sta nel dialogo tra le culture diverse. Qui impariamo tutte l’una dall’altra: le africane dalle asiatiche, le magrebine dalle europee e viceversa. Come ripeto spesso alle mie amiche, se può crescere una pianta perché non può farlo anche l’amicizia?».

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