Dovete sapere che in questo blog esiste un codice segreto. Immaginatelo come il computer della Stazione Cigno di Lost: ogni 108 minuti devono essere inseriti dei precisi numeri (4-8-15-16-23-42), pena un System Failure dagli effetti imprevedibili.
Solo che nel mio caso funziona in modo inverso. Ci sono tre articoli, una volta pubblicati i quali, Plutonia Experiment verrà chiuso per sempre.
Badate bene: non ho detto spostato altrove, riaperto con un altro nome, mutato nella forma o nel contenuto, bensì semplicemente chiuso. E’ il Codice Omega di Plutonia. So che qualche collega ha qualcosa di simile, nascosto chissà dove.
Per quel che mi riguarda i tre articoli un questione sono: una monografia femminile, una recensione e un post personale.
Oggi rompo il primo sigillo, pubblicando la monografia di Elisabetta Canalis.
Gli altri due segni forse non li vedrete mai. Se vi piace il mio blog auguratevi che sia così.
Elisabetta Canalis… chi non la conosce? Ex velina, showgirl, attrice. Classe 1978, nata a Sassari in un decennio in cui la terra di Sardegna sembra aver fornito al mondo un’incredibile numero di bellissime fanciulle.
Non credo sia dunque il caso di spendere troppe parole sulla carriera di Elisabetta (che comunque trovate riassunta qui, nel caso vi interessassero i dati precisi). Passiamo quindi, variando per una volta l’impostazione di questi articoli, ad analizzare cosa rappresenta la Canalis per l’italiano medio.
Per molti è un’icona, la rappresentazione vivente della ragazza “semplice” che è riuscita a sfondare, dapprima in TV, poi come stereotipo sexy, quindi come girlfriend di uno degli scapoli più ambiti del mondo, infine come starlette nel jet-set americano.
Per altri è l’antitesi di come dovrebbe essere una ragazza di successo. Le si imputa di “non avere studiato”, di “non saper recitare”, di essere un’arrivista che sfrutta il gossip e le love story per acquisire fama e visibilità. Per alcuni benpensanti è una delle tante rappresentanti del Male che ammorba questo paese.
Altri ancora la odiano assai poco cordialmente. Avendo modo di tanto in tanto di sbirciare i forum e i gruppi facebook dedicati al mondo dello spettacolo, non posso fare a meno di notare la mole raccapricciante di insulti gratuiti e feroci che questa ragazza si prende metodicamente. Cosa che avviene soprattutto da quando “si è messa in testa” – come dice qualcuno “di essere davvero una donna di spettacolo“. Perché qui da noi, ricordatevelo, ci vuole il pedigree per buttarsi in una professione artistica. Se non avete recitato in qualche film sul ’68, se non scrivete duri libri di denuncia sociale, se non presentate chissà quali trasmissione di satira intelligente, ecco: verrete considerati dei cialtroni. O dei raccomandati. O dei cialtroni raccomandati.
Non sarò io a scrivere un’ode alla bravura, alla perfezione di Elisabetta. Le ipocrisie e i fanatismi li lasciamo ad altri. Credo che lei stessa sia conscia di non essere un’attrice con la “A” maiuscola, né ambisce a diventare la nuova Raffaella Carrà. Seguendola su Twitter ne apprezzo una certa dose di autoironia, anche nel ridere degli attacchi spietati che riceve ogni volta che compare in video (perché certo, seguire una persona su Twitter solo per insultarla mi sembra una pratica che denota grande intelligenza).
Elisabetta mi sta simpatica proprio dal giorno in cui è diventata antipatica a una buona fetta di persone assolutamente mediocri che hanno come unica prerogativa quella di criticare e sbeffeggiare il prossimo. John Stuart Mill diceva che la tendenza generale del mondo è quella di fare della mediocrità la potenza dominante. In effetti è proprio così. Assistiamo all’aumentare proporzionale di individui senza né arte né parte che, consci della loro piattezza assoluta, osservano la vita di questa o quella celebrità, augurandosi di vederla cadere in disgrazia, oppure massacrandola di improperi perché “non merita di essere così ricca e famosa”. Non vi piace ciò che rappresenta Elisabetta Canalis? Spegnete la televisione e fate altro. Smettete di sbirciare i siti di gossip e dimostrate coi fatti – prima di tutto a voi stessi – che valete di più. Che voi siete diversi. Sempre citando Mill, che in questo articolo mi è tornato proprio utile, la libertà consiste nel fare ciò che si desidera. Solo che siamo sempre più vicini al punto in cui le idee sono pari a zero, perciò rimane solo il voyeurismo e la critica della vita degli altri.
Per non parlare del qualunquismo di maniera, fenomeno preoccupante che sta montando a dismisura dopo la fine del berlusconismo, ma che non per questo è valutabile con positività (anzi).
Chi mi segue da tempo noterà forse dei parallelismi inquietanti con altri discorsi che hanno a che fare con gli argomenti di cui mi occupo nel resto della settimana. Perché si fa in fretta a criticare certi atteggiamenti salvo poi replicarli a nostra volta. Cosa che infatti cerco sempre più spesso di evitare, a costo di scrivere post impopolari.
Come questo.
Col tempo sono diventato molto cauto nel criticare e nel giudicare il prossimo, anche quando si tratta di persone che per ruolo sociale hanno un’esposizione mediatica molto forte. Credo – ma forse sbaglierò – che una minima dose di rispetto sia dovuta anche nei confronti di chi non apprezziamo, vuoi per snobbismo, vuoi per motivazioni magari un filino più serie e sensate.
Spero di essere stato abbastanza chiaro nell’esporre un concetto che apparentemente nasce da un articolo di alleggerimento, come tutte le domeniche. Ora vi lascio alle foto di Elisabetta. Buona visione!
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