Ora ho preso gusto nel commentare queste amministrative, perché sfoglio i giornali, leggo i quotidiani online e ne apprendo di tutti i colori. Gli aspetti comici della vicenda elettorale appena conclusasi sono diversi. In particolare, le dichiarazioni dei leader del centrosinistra sono quelle che più mi fanno sorridere. Soprattutto quella di Bersani, che già pensa di avere palazzo Chigi in tasca, e solo perché Milano e Napoli sono cadute in mani antiberlusconiane.
In verità, a Bersani sfuggono parecchie cose evidenti e lampanti, tanto che mi chiedo se quest’uomo faccia finta di non vederle oppure non le vede sul serio. Perché non è poi così normale che egli non consideri quattro dati fondamentali. Prima di tutto a Milano e Napoli non ha vinto il Partito Democratico, ma il SEL di Nichi Vendola e l’IDV di Di Pietro. In secondo luogo, il Popolo delle Libertà, perso o non perso, rimane comunque il primo partito. In terzo luogo, a Napoli l’astensione è stata alta, e questo dovrebbe dire molto sulla volontà dei napoletani di premiare De Magistris. Quarta considerazione: le amministrative non sono le politiche, benché Berlusconi abbia tentato maldestramente di trasformarle in un responso politico.
Per quanto riguarda il primo punto, non sono certo io a dire a Bersani che i candidati che hanno battuto Lettieri e la Moratti non sono stati scelti dal Partito Democratico. A Milano, anzi, il candidato PD è stato letteralmente fatto fuori dal candidato di Nichi Vendola: Pisapia. Mentre a Napoli, dopo l’inghippo sulle primarie, De Magistris si è imposto come candidato unico, a dispetto delle decisioni prese dalla segreteria del Partito Democratico che non vedeva di buon occhio la sua candidatura. Dunque, come sia possibile che Bersani oggi esulti e festeggi, ancora è un mistero. Si potrebbe azzardare l’idea che il segretario del Partito Democratico abbia fatto sua la massima de «il nemico del mio nemico è mio amico», la quale, adattata alla circostanza, suona pressapoco così: «la vittoria del mio nemico è la mia vittoria». Una magra consolazione, ma pur sempre una consolazione… illusoria. Il Partito Democratico ha vinto contro il PDL, ma ha perso contro i suoi alleati e ha sconfessato la sua impostazione moderata. Quella che gli aveva dato Veltroni, che molti ora iniziano a rimpiangere.
Relativamente invece alla seconda considerazione, quello che emerge dai dati elettorali è che il PDL è comunque il primo partito a Milano e anche a Napoli. Dire che Berlusconi si deve dimettere, solo perché una coalizione che non rispecchia il bipolarismo nazionale ha prevalso in un’amministrativa, è forzare il dato elettorale e non tenere conto delle variabili locali.
Per quanto concerne la terza considerazione. L’astensione è stata comunque alta. Soprattutto a Napoli: il 40% al primo turno; il 50% al secondo turno. De Magistris è un sindaco che ha ottenuto solo il 65% dei consensi sul 50% della cittadinanza che ha votato e che equivale ad appena il 35% degli aventi diritto al voto nella città partenopea. Dire che è stata una vittoria netta, è davvero coraggioso, ma è assolutamente falso. E per quanto riguarda Milano, l’affluenza è stata indubbiamente maggiore, ma è comunque significativo che anche nella città lombarda non si sia raggiunta la soglia psicologica del 80% dei votanti, che avrebbe certamente reso realmente eclatante la vittoria di Pisapia. Il che significa che molti cittadini non hanno condiviso la Moratti, ma certamente hanno declinato l’invito a votare il candidato della sinistra vendoliana.
Infine, per quanto riguarda la quarta considerazione, è stranoto a tutti che le amministrative non possono avere una lettura politica. Nelle amministrative le considerazioni da fare sono differenti ed entrano in gioco aspetti diversi rispetto a quelli tenuti in considerazione nelle votazioni politiche. Anche il meccanismo elettorale è diverso, e la gente – a livello nazionale – ha le idee ben più chiare quando vota. Le elezioni locali non possono essere considerate alla stregua di quelle nazionali, e giustificare dimissioni dal Governo sul dato delle stesse è più un fattore di propaganda che di obiettiva valutazione politica. E questo anche se Berlusconi ha tentato in modo disperato (e maldestro) di tramutare le amministrative in un referendum pro o contro di lui. I cittadini non gli hanno dato ascolto e hanno guardato ad altro. Che poi quest’altro sia o no l’esito di tanti fattori anche di carattere nazionale ed extra politico, è un altro discorso.
Perciò, né Bersani né il PD possono certo gridare di gioia (Torino e Bologna non fanno testo). E in effetti, a parte qualche battuta fuori luogo, ho letto ben pochi esponenti del Partito Democratico esultare fino alle lacrime. In casa PD si salvano le apparenze e si sorride a denti stretti, ma il nervosismo deve essere davvero palpabile. Vendola è alle porte, e rivendica la leadership della sinistra. Di questo Bersy dovrebbe preoccuparsi… e non delle sorti del Governo e del Premier. Anzi, in un certo senso, egli dovrebbe pregare ogni giorno che Berlusconi rimanga in sella. Gli darebbe più tempo per arginare il fenomeno SEL… sempre che ci riesca…
Autore: Martino » Articoli 1445 | Commenti: 2438
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