RE: Quando ci penso... quando in Parlamento si fa opposizione, quando si va contro i miei desideri, la trovo pur sempre una cosa molto seccante. Per quanto mi sforzi, a me sembra una slealtà.
PITT: Vostra Maestà non dovrebbe prenderla in modo così personale.
Re: No? Ma io sono il Re. Questo è il mio governo. Come dovrei prenderla, se non in modo personale?
PITT: [...] Ritengono loro dovere opporsi a voi, sire.
RE: Dovere? Dovere? Che razza di dovere è questo? [...]
THURLOW: Nella vostra presente condizione d'animo...
RE: Che ne sapete del mio animo? Della sua condizione? Qualcosa scuote i gangheri, scuote l'animo fuor dai gangheri. Non sto uscendo di testa: è la testa che se ne esce. Via, via.
PITT: I mandati, sire. Vostra Maestà deve cercare di star bene... o... o... ne avrà danno il governo.
RE: Danno... il governo... via!
PAPANDIEK: State quieto, sire.
RE: Non starò quieto. [...] Non tacerò, no e poi no. [...] Io ero il verbo, il nome e il verbo. Il verbo comanda; soggetto: il Re. Ora io non sono il soggetto. Ora sono l'oggetto, il Re governato, il comandante comandato. Sono la proposizione subordinata, l'insubordinato Giorgio.
(da A. Bennett, La pazzia di re Giorgio)