Dio doveva soltanto essere misericordioso se un popolo preso alla gola dalla necessità chiudeva gli occhi e soffocava ogni timore e si apriva spietatamente un varco brandendo la spada nuda tra la malerba dei nemici.
Di Heinrich Boll, “Croce senza amore” ha una storia un po’ singolare.
Scritto nel 1947, rifiutato dall’editore, è stato pubblicato solo nel 2002, ma il suo autore (Nobel per la letteratura negli anni ’70), era morto nel 1985.
È la storia di una famiglia di Colonia, cattolica, nella Germania nazista che scivola dentro la guerra. I protagonisti sono due fratelli: uno membro del partito, l’altro (Christoph), consapevole come la madre di cosa sta per accadere, è avverso all’ideologia che travolgerà l’Europa intera.
Due le riflessioni su questo romanzo:
- c’è tutto il Boll che poi troveremo nelle opere successive (Opinioni di un clown; E non disse nemmeno una parola, eccetera). Il che non rappresenta una grande notizia: la prima opera di un Autore già racchiude tutto il suo universo;
- si sente un’urgenza di raccontare talmente forte, che i difetti passano in secondo piano.
Occorre ricordare che Boll ha combattuto al fronte per tutta la durata del conflitto.
Quello che vide, visse, è poi traboccato in questa opera, dove le riflessioni, le domande retoriche, l’immaturità insomma, sono ben visibili. Nonostante questi limiti, “Croce senza amore” è un grande opera che completa (non aggiunge nulla), l’identità di Boll.
I temi a lui cari sono puntuali all’appuntamento. La religione (lui abbandonerà ufficialmente la Chiesa cattolica tedesca, pur restando credente, perché troppo ipocrita). L’ipocrisia degli ambienti perbene.
Soprattutto, la sua simpatia e attenzione per l’individuo, il suo interrogare/interrogarsi senza posa. La responsabilità del singolo: Hans capisce che il nazismo rende l’essere umano un guscio vuoto, da riempire di forza bruta, e metallo. Ma prosegue; solo al fronte, troverà il modo per riscattare in qualche modo la sua dignità.
C’è anche un altro aspetto che rende Boll così… Boll. Il disincanto con cui si accolgono i vincitori, la certezza che con essi, si ricostruiranno edifici e apparenze. Ma il meccanismo che ha messo in moto tutto, rimane lì, pronto ed efficiente.
Prima ho scritto: “Nonostante questi limiti”. O meglio: “Grazie a questi limiti”; gli scrittori non sono macchine perfette, nemmeno dopo decenni di esperienza. Eppure, hanno la capacità di regalarci una storia convincente, magari imperfetta o rozza. Senza di essa però, saremmo più poveri.
Mondadori.