Le sorti ‘democratiche’ del Senato

Creato il 31 marzo 2014 da Libera E Forte @liberaeforte

Il Consiglio dei ministri ha approvato il ddl di riforma costituzionale che prevede tra le altre cose la trasformazione dell’assemblea di Palazzo Madama in “Senato delle autonomie”. L’approvazione è avvenuta all’unanimità: anche il ministro Stefania Giannini, che coerentemente con quanto chiesto dal suo partito, Scelta civica, aveva invitato a “qualche momento di riflessione in più”, ha poi deciso di votare a favore. il presidente del Senato Grasso ha ribadito il proprio diritto al dissenso, mentre Berlusconi ha confermato la sua disponibilità a collaborare per le riforme.

La fine del bicameralismo perfetto, con la trasformazione del Senato in una Assemblea delle autonomie, che non voterà più la fiducia né le leggi di bilancio. E i cui componenti (consiglieri regionali, sindaci e governatori) non saranno eletti dai cittadini ma scelti dagli enti locali e, in quanto già stipendiati a livello locale, non saranno retribuiti.

Sono, questi, i punti “irrinunciabili”, rispetto ai quali “non si torna indietro”, aveva scandito nuovamente oggi il capo del governo, Matteo Renzi. Che in un’intervista si era detto “molto colpito” dalla presa di posizione del presidente del Senato Pietro Grasso: la seconda carica dello Stato, cui la Costituzione assegna un ruolo di terzietà, aveva spiegato Renzi, è intervenuta “non con una riflessione politica e culturale, ma con una sorta di avvertimento: occhio che i numeri non ci sono”.

Pallottoliere alla mano, sono 26 i senatori democratici che finora hanno manifestato perplessità sulle proposte dell’esecutivo. Un fronte forse destinato ad allargarsi proprio in seguito all’appello del presidente Grasso. È dunque la tenuta interna del Pd, a questo punto, a essere decisiva. Anche se gli altri partiti non restano alla finestra. A cominciare da Forza Italia, che oggi ha presentato una sua proposta. E che ha lanciato un ultimatum: la prima riforma è quella elettorale, hanno ribadito in una nota i capigruppo Romani e Brunetta, “se così sarà, sulle riforme condivise Renzi continuerà ad avere il nostro totale rispetto”.

Il ministro delle riforme Boschi ha mantenuto il punto: “troveremo un’intesa”, ha assicurato, ma ma ha scandito: il Senato viene prima. Oltre a Forza Italia, anche Gal, Scelta civica, Lega e 5stelle si sono dichiarati contrari alla riforma Renzi.

MC


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