Il libro Theism and Explanation di Gregory Dawes è una delle più attente trattazioni della domanda «può Dio essere una spiegazione per qualcosa?». Non ho intenzione di affrontare l'intero libro, ma stavo recentemente leggendo il capitolo 5 sulle "Possibili spiegazioni teistiche" e ho pensato che meritasse una serie sul blog (perché sprecare tutto quello sforzo, no?).
La storia fin qui...
Nel capitolo 5, Daws affronta la posizione dello scetticismo teologico. Si tratta dell'affermazione che Dio non può essere una spiegazione di niente perché non sappiamo abbastanza di lui. È interessante notare che questa posizione è difesa da atei, come Elliot Sober, e da teisti, come Peter van Inwagen.
Potreste chiedervi perché dei teisti difendano questa posizione, ma la risposta è chiara: pensano che giungiamo a conoscere l'esistenza di Dio in un modo differente da come giungiamo a conoscere la verità delle ipotesi esplicative ordinarie. Possono anche essere consci del fatto che portare Dio all'interno dell'arena esplicativa non sia necessariamente una fortuna per il teismo.
Per ricavare il massimo dalla discussione del capitolo 5, ho bisogno di offrire un rapido abbozzo contestuale di ciò che Dawes cerca di stabilire nei capitoli precedenti. Non intendo coprire tutto ciò che dice, solo le cose essenziali. Né ho intenzione di giustificare alcuna delle affermazioni presentate in questo abbozzo. Dawes lo fa, ma per gli scopi presenti dovranno essere presi per dimostrati.
Il primo punto importante riguarda lo scopo del libro di Dawes. Egli cerca di dimostrare che non ci sono obiezioni di principio alle spiegazioni teistiche; che le spiegazioni teistiche non possono essere rimosse dall'elenco delle possibile spiegazioni.
Potrebbero esistere, però, ottime obiezioni de facto contro le spiegazioni teistiche. Infatti, l'ultimo capitolo del libro di Dawes presenta diverse di queste obiezioni de facto.
Dopo aver stabilito lo scopo del libro, Dawes procede nei capitoli 2, 3 e 4 con l'affrontare il tema delle spiegazioni in generale e quello delle spiegazioni teistiche in particolare. Fa due importanti affermazioni. La prima, che ogni presunta spiegazione deve soddisfare i requisiti dello schema di [Charles Sanders] Peirce per l'inferenza abduttiva. Lo schema è il seguente:
- l'evento sorprendente E è stato osservato;
- H, se vero, implicherebbe E;
- allora c'è ragione per sospettare che H sia vero.
La seconda affermazione importante è che le spiegazioni teistiche sono un tipo di spiegazioni intenzionali. Cosa significa questo? Una spiegazione intenzionale è ciò che spiega qualcosa in termini delle convinzioni, dei desideri e delle intenzioni di agenti razionali.
In questo modo spiego il vostro aprire la porta del frigo in termini (a) della vostra intenzione di aprire la porta che sorge (b) dal vostro desiderio di prendere il latte e (c) dalla vostra convinzione che il latte sia nel frigo.
Per mettere in una forma più formale questa idea relativamente semplice, Dawes presenta il seguente sillogismo pratico. Tutte le spiegazioni intenzionali devono rientrare all'interno di questo sillogismo:
- esiste un agente razionale A con scopo S;
- A possiede le convinzioni B1, B2, ... Bn riguardo l'ottenimento di S;
- se B1, B2, ... Bn fossero vere, E sarebbe il modo migliore di ottenere G;
- gli agenti razionali scelgono sempre il modo migliore di ottenere il propri scopi;
- perciò A opererà E.
Scetticismo teologico
Ora che abbiamo un po' ci comprensione per lo sfondo al capitolo 5, possiamo procedere col suo contenuto. In questo capitolo, Dawes cerca di controbattere alcune obiezioni di principio alle spiegazioni teistiche. Come menzionato all'inizio, queste obiezioni si manifestano nella forma dello scetticismo teologico.
Dawes distingue tra due varietà di scetticismo teologico. Ricordate, l'idea è che Dio possa essere una spiegazione di certe situazioni perché queste sono attribuibili ad un'intenzione divina. Si tratta di un'analogia del modo in cui spieghiamo il comportamento di altri agenti intenzionali.
Il primo tipo di scettico teologico crede che l'analogia non possa reggersi in piedi. L'agente divino è completamente distinto dagli agenti umani e animali con i quali ci confrontiamo quotidianamente. Non abbiamo idea di quali siano realmente le convinzioni e i desideri di Dio, quindi non abbiamo benzina da mettere nel motore esplicativo divino.
Il secondo tipo di scettico si concentra maggiormente sulla nostra incapacità a formulare giudizi modali su Dio. La modalità è, in soldoni, un gergo usato per quelle proposizioni che sono qualificate in termini come «possibile», «necessario», «contingente», eccetera. È presa in considerazione nella maggior parte dei casi quando si discutono mondi possibili. Ne ho parlato in uno dei miei posts sulla causalità.
Applicando questo concetto al nostro argomento di discussione, non possiamo avere una spiegazione teistica semplicemente perché non conosciamo quali opzioni (quali mondi possibili) sono disponibili a Dio quando cerca di mettere in pratica le proprie intenzioni. Esistono innumerevoli opzioni o è limitato in qualche modo?
Dawes risponde a queste critiche affermando che possiamo fare alcune assunzioni su Dio e che quindi possiamo realmente imporre certe limitazioni ad una spiegazione teistica. Due di queste limitazioni sono centrali a questo capitolo: (1) il principio di razionalità e (2) il principio di ottimalità.
Daremo un'occhiata a questi vincoli ed esamineremo approfonditamente gli argomenti degli scettici in articoli futuri.
- John Danaher