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Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti

Creato il 29 aprile 2015 da Tafanus

Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti


LA LEGGE ACERBO/MUSSOLINI - Il disegno di legge, redatto da Giacomo Acerbo (Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio), fu approvato il 4 giugno 1923 dal Consiglio dei Ministri presieduto da Mussolini [...] Il successivo 9 giugno venne presentato alla Camera dei Deputati e sottoposto all'esame di una commissione nominata dal presidente Enrico De Nicola, secondo il criterio della rappresentanza dei gruppi.
La commissione fu composta da Giovanni Giolitti, Vittorio Emanuele Orlando, Antonio Salandra, Ivanoe Bonomi, Giuseppe Grassi, Luigi Fera, Antonio Casertano, Alfredo Falcioni, Pietro Lanza di Scalea, Alcide De Gasperi, Giuseppe Micheli, Giuseppe Chiesa, Costantino Lazzari, Filippo Turati, Antonio Graziadei, Raffaele Paolucci, Michele Terzaghi e Paolo Orano.

Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti
La Legge Acerbo/Mussolini modificava il sistema proporzionale in vigore da 4 anni, inserendo un premio di maggioranza a favore del partito più votato, che avesse anche superato il quorum del 25%, aggiudicandogli i 2/3 dei seggi. Durante la discussione in commissione, i popolari avanzarono numerose proposte di modifica, prima cercando di ottenere l'innalzamento del quorum al 40% dei votanti e poi l'abbassamento del premio ai 3/5 dei seggi. Ogni tentativo di mediazione fu però vano e la commissione licenziò l'atto nel suo impianto originale, esprimendo parere favorevole a seguito di una votazione terminata 10 a 8 (...ricordate... premio al PARTITO, non alla COALIZIONE).
Il ddl venne quindi rimesso al giudizio dell'aula, dove le opposizioni tentarono nuovamente di modificarlo: esse confluirono attorno ad un emendamento presentato da Bonomi, che proponeva ancora di alzare il quorum per lo scatto del premio di maggioranza dal 25% al 33% dei voti espressi. Il tentativo fallì, anche per la rigida posizione assunta dal governo, che, opponendo la fiducia, riuscì a prevalere (seppur di stretta misura): su 336 presenti in 178 votarono a favore della fiducia e contro l'emendamento, 157 a favore dell'innalzamento della soglia e contro il governo. Decisivo risultò il numero degli assenti - ben 53 - che avrebbero potuto orientare in modo diverso l'esito del voto (...già... non votare non cambia un cazzo, cara sinistra "opposizione immaginaria". LE LEGGI SI CAMBIANO VOTANDO CONTRO, non NON VOTANDO. Capito, Bersani, Fassina & C.?)
Il 21 luglio del 1923 il ddl Acerbo venne infine approvato con 223 sì e 123 no. A favore si schierarono il Partito Nazionale Fascista, buona parte del Partito Popolare Italiano, la stragrande maggioranza dei componenti dei gruppi parlamentari di tendenze liberali e la quasi totalità degli esponenti della destra, fra i quali Antonio Salandra.

Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti
Negarono il loro appoggio i deputati dei gruppi socialisti, i comunisti, la sinistra liberale e quei popolari che facevano riferimento a don Sturzo (Don Sturzo, lo stesso nome col quale si sciacquavano Berlusconi, Renzi, e il peggio della DC di destra, sempre stata organica al potere economico, e con una singolare idea della democrazia rappresentativa (Fonte: Wikipedia)
LA LEGGE-TRUFFA - Voluta dal governo di Alcide De Gasperi (si, proprio lo stesso della legge Acerbo/Mussolini) , venne proposta al Parlamento dal ministro dell'Interno Mario Scelba e fu approvata solo con i voti della maggioranza, nonostante i forti dissensi manifestati dalle altre formazioni politiche di destra e sinistra. Vi furono grandi proteste contro la legge, sia per la procedura di approvazione che per il suo merito.

Il passaggio parlamentare della legge vide un lungo dibattito alla Camera, ma una lettura fulminea al Senato, i cui presidenti Paratore e Gasparotto in sequenza si dimisero quando capirono che la maggioranza aveva intenzione di forzare la mano per ottenere la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale in tempo per svolgere le elezioni in primavera con la nuova legge. Il nuovo Presidente della Camera alta, Meuccio Ruini, approfittò della sospensione domenicale dei lavori per la domenica delle Palme del 1953 per riaprire la seduta e votare l'articolo unico della legge: ne scaturì un tumulto d'aula, che secondo Roberto Lucifero produsse l'uscita dall'aula del segretario generale Domenico Galante alla testa dei funzionari parlamentari. Il gruppo del PCI contestò la regolarità della seduta, preannunciando che non avrebbe mai votato a favore del processo verbale di quella seduta: non ve ne fu bisogno, perché il

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giorno dopo il Presidente della Repubblica Luigi Einaudi firmò il decreto di scioglimento delle Camere ed il Senato si riconvocò solo nella nuova legislatura. In ogni caso, quel processo verbale non fu mai approvato.
Quanto al merito, la polemica s'è riaperta negli ultimi anni. Secondo gli oppositori l'applicazione della riforma elettorale avrebbe introdotto una distorsione inaccettabile del responso elettorale. I fautori invece vedevano la possibilità di assicurare al Paese dei governi stabili non ritenendo praticabili alleanze più ampie con i partiti di sinistra o con i monarchici e i missini.
Si noti che la legge andava a innovare una materia che, almeno nell'Europa di diritto latino, era tradizionalmente regolata secondo le elaborazioni di alcuni giuristi, principalmente Hans Kelsen, i quali vedevano in un sistema elettorale strettamente proporzionale (e con pochi correttivi o aggiustamenti) la corretta rappresentatività politica in Stati di democrazia. Se anche appare scorretto sostenere che la Costituzione del 1948 recepisse un favore per il proporzionale, è però vero che già da allora il sistema del premio di maggioranza era considerato assai rudimentale, per conseguire le esigenze di governabilità delle democrazie moderne, da buona parte della dottrina politologica. Queste critiche sono riemerse, a cinquant'anni di distanza, nei confronti della legge n. 270 del 2005 (il cosiddetto "Porcellum", dall'epiteto denigratorio rivoltole dal suo stesso proponente, l'allora ministro Calderoli), che contiene al suo interno un premio di maggioranza nazionale alla Camera e regionale al Senato.

Ora ci risiamo con una legge ancora peggiore, voluta da piccoli politicanti in sedicesimo, appoggiati da cacciatori e conservatori di prebende, e purtroppo non ci sono più i Luigi Einaudi, i Ferruccio Parri, i Calamandrei, ma un'armata Brancaleone di braccia rubate all'agricoltura, e un Presidente della Repubblica che fino a questo momento si è limitato a fare discorsetti commemorativi, visitare vedove, e fare concorrenza - quanto a invisibilità sui problemi reali della conservazione della democrazia - al Cossiga prima maniera: quello che Chiappori illustrava come il riquadro nero della finestra del Quirinale. Da quella finestra cieca e nera non si affacciava nessuno: era Cossiga. Le reazioni alla legge - Nel tentativo di ottenere il premio di maggioranza, per le elezioni politiche di giugno, effettuarono fra loro l'apparentamento la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Liberale Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, la Südtiroler Volkspartei e il Partito Sardo d'Azione.
Con l'obiettivo contrario si mossero importanti uomini politici, tra i quali Ferruccio Parri, proveniente dal Partito Repubblicano che, insieme a Piero Calamandrei e Tristano Codignola, provenienti dal Partito Socialdemocratico, partecipò alla fondazione di Unità Popolare: tale movimento aveva proprio lo scopo di avversare la nuova legge elettorale. Non mancarono infatti, all'interno dei partiti che appoggiarono la nuova norma, forti contrarietà. Da una scissione nel partito liberale si costituì Alleanza Democratica Nazionale.
Le forze apparentate ottennero il 49,8% dei voti: per circa 54.000 voti il meccanismo previsto dalla legge non scattò. Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale raggiunsero l'1% dei voti riuscendo entrambe nel loro principale proposito. Rispetto alle elezioni del 1948 si constata una riduzione dei voti verso i partiti che avevano voluto e approvato la legge: la DC perse l'8,4%; i repubblicani arretrarono dello 0,86%, più di 200.000 voti; perdendo circa 34.000 voti il Partito Sardo d'Azione dimezzò il suo consenso, anche liberali e socialdemocratici dovettero registrare perdite. Il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano aumentarono i consensi ottenendo 35 seggi in più; il Partito Nazionale Monarchico aumentò da 14 a 40 deputati e il Movimento Sociale Italiano aumentò da 6 a 29 deputati.
Come si vede, un grande risultato. Ottenuto non già "non votando", ma votando contro, facendo scissioni, combattendo con fucili armati a pallettoni e non con tappini di sughero. Altra opposizione. Una volta gli oppositori avevano i nomi (e la statura) di Don Sturzo, di Ferruccio Parri, di Piero Calamandrei, ed avevano un garante come il Presidente della Repubblica di nome Luigi Einaudi.

Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti
Oggi i fautori sono gli stessi di sempre (cascami della DC come Matteo Renzi, leccaculo di varie estrazioni a caccia di benevolenza e poltrone, veline e velini dove il dolce YES suona, e il peggio dell'opportunismo politico dell'ultimo mezzo secolo). Se Don Sturzo potesse sentire questi piccoli caimanini di provincia dichiararsi ispirati a lui, credo che vomiterebbe nella bara.
Adesso continua a non affacciarsi nessuno: è Mattarella.
Ma oggi accade qualcosa si sconvolgente! UN EDITORIALE! Un editoriale di Ezio Mauro, che si sveglia da un lunghissimo letargo, succhiando le ruote di un Eugenio Scalfari (il cui letargo è stato solo "lungo), contro le attuali forme di renzismo. Meglio tardi che mai, ma forse molti si stanno svegliando fuori tempo massimo: dopo aver consegnato un Parlamento di yes-man ad un serial-twitter, che col Parlamento in mano sta tentando si appropriarsi anche di tutti gli strumenti di controllo, dui tutti i contrappesi, e di tutti gli altri strumenti tipici delle dittaure. E noi dobbiamo ormai ritenere Grandi Eroi gli Speranza, i Bersani, i Cuperlo, i Fassina, e gli altri Campioni Mondiali di Penultimatum.
Forse solo Crozza potrà salvarci.

Tafanus
Quello che segue è l'editoriale di stamattina di Ezio Mauro su Repubblica. Ha avuto bisogno di più di un anno per uscire dal letargo. Risveglio lento. Pressione bassa?
La prova di debolezza (di Ezio Mauro - Repubblica)

Legge Acerbo, legge truffa, Italicum: somiglianze impressionanti
TRAVESTITA da prova di forza, ieri è andata in scena alla Camera la prima, pubblica e plateale prova di debolezza di Matteo Renzi. Mettere la fiducia sulla legge elettorale è sbagliato sul piano del metodo, perché dimostra l'incapacità di costruire un ampio e sicuro consenso politico su una regola fondamentale, ed è sbagliato soprattutto nel merito perché come diceva lo stesso premier a gennaio - per far accettare l'alleanza con Berlusconi - non si cambia il sistema di voto a colpi di maggioranza, tanto più se quella maggioranza riottosa è tenuta insieme dalla minaccia del voto anticipato.
Perso per strada Berlusconi, Renzi sembra aver perso anche la politica, sostituita da una continua prova muscolare. Che non può però nascondere la rottura evidente tra la sinistra del Pd e il presidente del Consiglio, che è anche segretario del partito.
È contro la minoranza interna, infatti, quel voto di fiducia: che diventa così un attestato di sfiducia reciproca tra Renzi e la sinistra Pd, una sfiducia così forte da finire fuori controllo, fino a una decisione che sfida il Parlamento, ma soprattutto il buon senso. Renzi ha il diritto di portare avanti le sue riforme, anche la legge elettorale, e il Paese ha bisogno di cambiamento. In politica però non conta solo il "quanto", cioè il saldo del voto finale, ma anche il come, vale a dire il percorso, le alleanze, il consenso che si sa costruire.
Qui si porterà a casa la legge, dissipando però il patrimonio accumulato col metodo seguito per l'elezione di Mattarella, che ha fatto per un breve momento del Pd non solo il partito di maggioranza relativa, ma la spina dorsale del sistema politico e istituzionale. Tutto gettato al vento, perché la minoranza continua a considerare Renzi abusivo (mentre ha vinto legittimamente le ultime primarie, così come aveva perso le precedenti) e perché il leader preferisce comandare il suo partito piuttosto che rappresentarlo nel suo insieme.
Così non si va lontano, prigionieri di due mentalità minoritarie. Ma come leader e premier, Renzi ha oggi una responsabilità in più. Può avere i numeri: ma dovrà capire che senza il Pd nel suo insieme, il governo è nudo di fronte a se stesso, perché i partiti sono cultura, valori, storia e tradizione: quel che fa muovere le bandiere.
A patto di non usarli come un tram.


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