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Leggere ad alta voce

Da Marcofre

Certo, mi rendo conto che mi sto infilando in un territorio pericoloso. In fondo la letteratura è quel mondo che si autogiustifica. Se un critico o uno scrittore afferma che un certo modo di scrivere è più efficace, basta attendere pochi secondi perché qualcuno dimostri il contrario. E non con robetta, ma citando qualche capolavoro.

E allora? Forse bisogna ricordare che la scrittura è una strana forma di magia. Io per esempio amo Raymond Carver, eppure leggo Thor Vilhjálmsson che è agli antipodi, come modo di scrivere. Cos’è che li rende grandi? Per quale motivo io affermo che la scrittura migliore è quella sobria, e poi leggo chi sobrio non è (nella scrittura s’intende!).

Magia! O affabulazione che dir si voglia. Quello strano fenomeno grazie al quale non importa se si legge un libro cartaceo o elettronico, ma se chi scrive è bravo, ci si casca dentro con tutte le scarpe. Un refuso interrompe la magia. Due rischiano di spezzarla per sempre, soprattutto se si trova nella riga seguente. Perché di certo il lettore di trasformerà in un investigatore a caccia del terzo errore.

Forse esiste un modo per capire se c’è della magia. Leggere ad alta voce.

Spesso questo sistema aiuta a capire che cosa si sta combinando. È come progettare un motore, e poi avviarlo. Ci si rende conto al volo se va, oppure esplode.

Se devi tirare il fiato, forse la punteggiatura è da rivedere o re-imparare. Se l’occhio torna indietro è perché ti stai perdendo nella tua stessa descrizione. Se leggi e pensi ad altro, non ci siamo proprio. Non incide nella carne e forse devi rivedere tutto. O eliminare. E non bisogna temere di tagliare solo perché è costato lavoro. Se leggi e ti annoi, o non vedi l’ora di passare alla riga seguente, idem come sopra. Qualcosa non gira per il verso giusto.

Scrivere è comunicare.


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