Caro giovane morto il quarto giorno di questo turbolento 2011, caro Mohammed Bouazizi,
ti scrivo per raccontarti un anno sorprendente, quando mancano ancora due mesi alla sua fine. Voglio raccontarti il potere della disperazione, i confini della speranza e i legami della società civile.
Rebecca Solnit, su Tomdispatch, ha scritto una lunga lettera a Mohamed Bouazizi, il ragazzo tunisino di soli 26 anni che si diede fuoco per protestare contro la confisca delle sue merci da parte della polizia tunisina. Il suo gesto, che ne provocò la morte, diede il via di fatto alla rivolta tunisina che innescò l’effetto domino delle rivolte arabe.
La lettera della Solnit è anche, soprattutto, un pretesto per ripercorrere quasi un anno di proteste globali, dalle rivolte arabe con la caduta dei regimi con l’occupazione di piazza Tahrir fino a Porta del Sol con gli indignados spagnoli e giù via fino a Zuccotti Park per Occupy Wall street. Ma la lettera viaggia, e tocca le grandi manifestazioni Italiane, e poi le proteste greche, fino alle marce pacifiche anti-narcos in Messico scatenate dalla morte del figlio del poeta Javier Sicilia arrivando a quelle degli studenti Inglesi e poi Cinesi e Cileni, l’Islanda, il disastro nucleare in Giappone e poi quel 99%.
Mohamed Bouazizi, tu che sei morto a 26 anni, a cui sto scrivendo questa lettera, ecco uno dei contributi più recenti a questo sito:
“Ho 26 anni. Ho un debito di 134mila dollari. Ho cominciato a lavorare a quattordici anni e lavoro a tempo pieno da quando ne ho venti. Sono un informatico e sono stato licenziato nel luglio del 2011. Sono stato FORTUNATO perché ho trovato SUBITO un nuovo lavoro: con una riduzione di stipendio e PIÙ ORE. Adesso ho scoperto che mio padre è stato licenziato la settimana scorsa, dopo 18 ANNI con lo stesso datore di lavoro. Soffro di un disturbo ossessivo-compulsivo debilitante e non posso assentarmi dal lavoro perché non potrei permettermi le rate del mutuo se non andassi al lavoro e ho paura di perdere il mio NUOVO lavoro se chiedo dei permessi!! NOI SIAMO IL 99 per cento”.
E’ una lunga lettera, ad un ragazzo morto -ora un simbolo come non ne vorremmo mai ma che proprio per questo assumono un valore ancora più grande e profondo- che però col suo gesto come spesso accade in questi casi ha scatenato la scintilla, la volontà di lottare per quello che si ritiene giusto. E’ una lunga lettera, una riflessione, scritta ad un ragazzo morto ma che in fondo esalta la vitalità, quella vitalità che nonostante tutto il 99% della popolazione cercare di tenere stretta, con le unghie e con i denti.
Qui la versione originale della lettera, con un post introduttivo che comunque vale leggere.
Qui la versione riportata da Internazionale, tradotta in Italiano.