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LETTERA – Il reato di immigrazione clandestina non scoraggia i disperati

Creato il 27 novembre 2013 da Giacomo Dolzani @giacomodolzani

pennadi Giacomo Dolzani

Egregio Direttore - È tornato alla ribalta in questi giorni sulla stampa nazionale l’argomento dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina, l’occasione è stata offerta dal voto del cosiddetto “DL manovrina”, nel quale sembra sia stato costituito un fondo per l’accoglienza degli immigrati, di fatto annullando quello destinato al rimpatrio dei clandestini presenti sul territorio nazionale. Questo fatto ha scatenato la reazione del deputato di Fratelli d’Italia, Massimo Enrico Corsaro, che l’ha definito “una surrettizia abolizione del reato di immigrazione clandestina“: affermazione che si adatta perfettamente ai 140 caratteri di un tweet o che risulta utile per ricevere qualche apprezzamento su Facebook ma che nel mondo reale lascia il tempo che trova.
Per dimostrare quale sia il grado di fondatezza di simili parole basterebbe raccontare in poche righe la storia di un paese come la Somalia, dal quale provengono molti dei profughi che stanno giungendo in questi giorni a Lampedusa. Dal 1990 è in corso una delle più lunghe e cruente guerre civili della storia moderna che portò, un anno dopo il suo inizio, alla destituzione del presidente Siad Barre e alla successiva ascesa al potere del generale Aidid la cui figura di signore della guerra, negli anni del suo dominio, incuteva probabilmente più timore dei comizi di un, seppur battagliero, Mario Borghezio che rivolgeva agli aspiranti migranti i suoi “ste fura dala Padania“. Da allora la nazione ha conosciuto attimi di stabilità politica alternati a ben più lunghi periodi di completa anarchia; vent’anni di storia costellati di carestie e conseguenti epidemie che hanno portato la popolazione allo stremo.
La Somalia di oggi è uno degli stati più sottosviluppati e pericolosi al mondo, l’intero territorio nazionale è infestato da bande di predoni e jihadisti mentre nelle città gli attentati terroristici sono all’ordine del giorno, cosa che rende Mogadiscio molto più inospitale di una qualsiasi prigione nostrana. Un cittadino somalo che voglia tentare la fuga verso l’Occidente, prima di avere a che fare con la legge italiana, deve attraversare le migliaia di chilometri di Sahara che lo dividono dalla costa nordafricana e, nel caso arrivi ancora in vita, dovrà affrontare il canale di Sicilia, un luogo dove il tasso di mortalità è paragonabile a quello di Dachau, in un viaggio che probabilmente costerà i guadagni di una vita.
Una legge che istituisce il reato per chi immigra irregolarmente nel nostro paese non ha nessuno scopo se non quello di dar qualcosa in pasto agli elettori; infatti quando un individuo per non morire di fame e malattie, per affrancarsi dall’oppressione e dai regimi autoritari, per fuggire dal terrorismo e dalle guerre trova il coraggio di affrontare il deserto e la traversata dal mare, non sarà la presenza o meno del reato di immigrazione clandestina o di un fondo destinato al suo rimpatrio a scoraggiarlo.

da Strade



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