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"Letteratura italiana", mica è un insulto

Creato il 04 novembre 2010 da Zfrantziscu
È davvero curioso assistere alla rivolta di alcuni scrittori sardi (Michela Murgia e Marcello Fois in particolare), che si sentono offesi se i loro romanzi in italiano vengono attribuiti alla letteratura italiana. Come se “letteratura italiana” fosse non una definizione, magari approssimativa e bisognevole di successivi affinamenti, ma una accusa infamante. Addirittura c'è chi, come Marcello Madau sul manifestosardo, evoca “operazioni fortemente reazionarie, nazional-popolari, di taglio etnocentrico; dove si inseriscono le affermazioni che la letteratura di sardi scritta in italiano non sia sarda; e il particolare uso del ‘capitalismo-a-stampa’ per certificare lingue e scritture inventate (qua il marchio reazionario è molto forte: si crea infatti, non casualmente, una particolare unità tra falsi codici e false scritture dove l’antichizzazione si unisce al sacro. Appare persino il nome di Yahweh).” E via con la sagra dei luoghi comuni inzuppati nel brodo dell'ideologia.A suscitare la rivolta è stato un articolo, su La Nuova Sardegna del 28 ottobre, in cui Diego Corraine scriveva che solo la letteratura scritta in sardo è letteratura sarda. Cosa di cui sono personalmente certo, da autore che rivendica di appartenere alle due letterature, alla sarda quando scrive in sardo, alla italiana quando scrive narrativa in italiano. Sarà perché ho netta in mente la differenza fra letteratura nazionale, quella della mia nazione, e letteratura italiana, quella dello stato a cui, almeno provvisoriamente, apparteniamo tutti, autori in italiano e autori in sardo. Anche quando e se esisterà uno stato sardo, questa condizione non cambierà, visto che a dettare l'appartenenza letteraria sarà la lingua in cui essa è prodotta.È pur vero quanto ha sostenuto, nel dibattito aperto da Corraine, Ignazio Delogu: “Il Nobel Miguel Angel Asturias di madre Maya, non sarebbe uno scrittore guatemalteco non avendo scritto in lingua maya, della quale conosciamo soltanto il libro sacro Popol Wu”. Ma ci sono un paio di belle differenze. La prima è che il colonialismo italiano non ha avuto in Sardegna gli effetti devastanti che l'imperialismo spagnolo ha avuto sulle lingue delle Americhe, dal Messico in giù. La seconda è che in Sardegna la letteratura sarda preesiste a quella italiana, si è continuata a produrre sia in periodo iberico sia in quello italiano ed ha da venticinque anni una copiosa produzione, più di duecento romanzi. Ignorarne l'esistenza, come i media e gli autori italofoni fanno con pervicacia, non è un certificato di inesistenza, al massimo potrebbe essere una speranza.La situazione attuale della letteratura prodotta da sardi è questa: c'è chi fa della narrativa italiana e c'è chi fa della narrativa sarda. Perché inalberarsi ed evocare pulsioni reazionarie? Marcello Fois ha scritto per La Nuova un articolo pieno di livori. Lo ripubblica sul suo blog Michela Murgia elogiando “quell'anima paziente di Marcello Fois”. Gli da una risposta sul suo blog Roberto Bolognesi. È ciò che penso anche io.  PS - Il Premio Grazia Deledda di narrativa sarda è assegnato ad opere in lingua sarda. Sarà anche questa una operazione fortemente reazionaria, nazional-popolare, di taglio etnocentrico?

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