Pubblicato ieri su ilfattoquotidiano.it
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“Pare che la lettura richieda al sistema nervoso uno sforzo enorme. Una rivista di psichiatria scriveva che le tribù africane avevano bisogno di più ore di sonno da quando avevano imparato a leggere. I francesi avevano accolto queste teorie e, durante la Seconda guerra mondiale, riservavano le razioni più abbondanti a chi doveva affrontare fatiche fisiche estenuanti e a chi svolgeva attività che contemplavano la lettura e la scrittura”.
Queste poche righe sulla fatica che comporta per l’essere umano l’atto di leggere, appaiono a pagina 11 di un bel romanzo di Jenny Offill uscito quest’anno per NN Editore – Sembrava una felicità, tradotto da Francesca Novajra – e ben si attagliano a un altro libro, che non è un romanzo, bensì un saggio sul dovere che abbiamo di trasmettere l’amore per i libri: Lettori si cresce, di Giusi Marchetta (Einaudi).
In un recente incontro con i lettori di Roma, Giusi Marchetta – che di mestiere fa l’insegnante – a un certo punto ha raccontato un aneddoto. Un giorno si apprestava a somministrare ai propri studenti l’analisi di un periodo che suonava pressappoco così: La famiglia X, dopo aver rinchiuso le valigie nel bagagliaio, si accorse di aver dimenticato il pesce rosso a terra accanto alla macchina. Dopo aver dettato la frase, si è accorta che gli studenti la fissavano dubbiosi. Al che ha chiesto loro il motivo di quella perplessità. Uno studente ha preso la parola: “Prof, che ci fa un pesce rosso accanto alla macchina?”
Giusi Marchetta ha spiegato che i suoi ragazzi non vedevano la boccia di vetro, ossia avevano preso alla lettera il contenuto della frase senza considerare il sistema di relazioni che lo condiziona a partire dal contesto semantico. In altre parole, non compivano il fondamentale e iniziatico sforzo di inventiva che richiede l’atto della lettura. Così, nell’immagine che ricavavano da quella frase, il pesce rosso languiva a terra, asciutto e moribondo, se non già presumibilmente trapassato. L’omissione della boccia di vetro non era il risultato di una carenza organica, semplicemente nessuno aveva mai insegnato loro le consuetudini dell’immaginazione.
Le implicazioni sono molteplici: un ragazzo che non è in grado di estendere la propria comprensione del mondo al di là del significato principale delle cose, sarà un adulto dagli orizzonti limitati a cui verrà precluso il godimento delle sfumature.
Ma in Lettori si cresce Giusi Marchetta è ben attenta a non cadere nella facile retorica del “leggere è bello a prescindere”. E soprattutto compie un generosissimo sforzo per individuare le cause del sentimento di sfiducia che in Italia trentaseimilioni di non lettori (secondo i dati Istat i lettori con più di sei anni che leggono almeno un libro l’anno sono il 41% della popolazione) ripongono nei confronti dell’oggetto-libro. Per fare ciò usa un efficace espediente narrativo: si rivolge al più indolente, sfaccendato, riottoso dei suoi studenti, un ragazzo immaginario di nome Polito con cui intraprende un dialogo serrato per comprendere le ragioni della sua ostinata riluttanza alla lettura. Ne emerge un quadro in cui il principale indiziato di questo stato di cose è la scuola. Scrive Marchetta:
“Niente di quello che viene letto in classe ti tocca realmente, niente ti punge davvero. E questo, mi dispiace ammetterlo, in modo completamente intenzionale. Da sempre a scuola la letteratura viene usata per insegnarti ciò che è giusto e sbagliato. A generazioni intere di ragazzi vengono dati in pasto gli stessi libri, quelli che passano il vaglio dell’istituzionalità. La regola è scegliere letture innocue o rendere innocue quelle che non lo sono. L’arte a scuola, insomma, o viene prima disinnescata o non entra”.
In Bluff di parole (Bompiani), Gesualdo Bufalino ha scritto: “In realtà il lettore contemporaneo di ogni testo è introvabile, tutti lavoriamo partendo da ombre di ricordi, sentenze rubate, communes opiniones, che mescoliamo, agitiamo e serviamo. Io non rileggo Tasso da quando avevo quindici anni, Turgenev da quando ne avevo quattordici. Di che parlo se non di un sogno, quando parlo di loro?”.
Lontano anni luce dalle molte iniziative che hanno la molesta caratteristica di sentirsi investite dal sacro fuoco del proselitismo libresco, Lettori si cresce è un testo che affronta con sensibilità e saggezza le ragioni per cui tutti dovremmo aver diritto a farci la nostra meritata scorta di sogni.