Gli immigrati sono annegati tentando di raggiungere la riva a nuoto dal barcone, che si era arenato. La notizia: sulla spiaggia di Sampieri alle 9.15 di mattina dei turisti avvistano un’imbarcazione con tanti immigrati. Un altro carico di disperazione umana. Gli scafisti per poter fuggire hanno costretto uomini e donne a gettarsi in mare, sotto gli occhi dei bagnanti e in quella zona i soccorsi non sono stati celeri.
Tg La7 cronache non può non tornare sulla notizia della strage nel ragusano, raccogliendo la testimonianza di chi è accorso tra i primi per prestare aiuto. “ ho sentito delle grida disperate, al di là delle dune. Ci sono salito sopra per capire, cosa fossere quelle urla e mi sono reso conto che c’era un barcone, pieno di gente che gridava. Come se ci fosse una rissa al suo interno. Gente che veniva catapultata in mare. Parecchie persone si sono riversate sulla spiaggia…gente che annaspava, perché non sapeva nuotare…sono arrivati dei bagnini esperti e si sono buttati in acqua e a uno a uno li prendevano…poi con altre persone…abbiamo iniziato a fare loro la respirazione, non so se abbiamo sbagliato, però avevamo già chiamato polizia, carabinieri e autoambulanza, che sono arrivate con un ritardo impressionante. Dopo novanta minuti. Dalle 9.15 fino alle 10.40, solo allora ho visto il primo dottore” .
Dal mare sono state recuperate le salme delle 13 vittime. I sommozzatori dei carabinieri hanno ispezionato i fondali attorno al natante arenato alla ricerca di altre eventuali vittime.
Gridavano aiuto, gridavano dicendo di non sapere nuotare ma gli scafisti non hanno avuto pietà. Li hanno bastonati, frustati con delle cime e minacciati con i coltelli costringendoli a buttarsi in mare. E chi resisteva attaccandosi a qualsiasi cosa veniva preso e gettato in acqua. Così sono morti quei 13 disperati extracomunitari, quasi tutti eritrei o somali. “se ci fosse stato un pronto intervento quelle persone si sarebbero salvate. Li abbiamo visti morire perché avevano ingoiato tanta di quell’acqua, nonostante cercavamo di fargliela buttare fuori…è stata una scena cruda…è difficile da trasmettere e raccontarla”.
Hanno cercato di non farsi gettare in mare, che era calmo e limpido. Consapevoli della profondità delle acque. Coloro che non sapevano nuotare volevano avvicinarsi di più a riva ma, sono stati costretti, brutalmente a immergersi in quel mare, dove hanno trovato la morte. Un’imbarcazione di legno di poco più di otto metri di lunghezza che si è arenata sulla spiaggia di “Manna razza” vicino la località balneare di Sampieri, in provincia di Ragusa. Erano tra 120 e 150 a bordo di quella carretta partita alcuni giorni fa da un porto libico e giunti in mattinata sul litorale di Sampieri. Una secca ha bloccato l’imbarcazione a poche decine di metri dalla spiaggia e quasi tutti quei disperati a bordo avevano ringraziato il loro Dio pensando di essere finalmente in salvo. Ma non è andata così. Quando l’imbarcazione si è arenata gli scafisti hanno ordinato agli extracomunitari di buttarsi in acqua, alcuni sapevano nuotare molti altri no. Pensavano gli scafisti che alleggerendo l’imbarcazione potevano scappare per ritornare da dove erano partiti per fare un altro “carico”. Non hanno avuto pietà, li spingevano in acqua nel tentativo di fuggire con la loro imbarcazione.E quelli che sono riusciti a a raggiungere a nuoto la spiaggia sono fuggiti nella speranza di raggiungere i paesi dell’Europa del nord dove vivono amici e parenti. Molti di loro sono stati rintracciati da polizia e carabinieri e trasferiti nei centri di accoglienza di Pozzallo e di altri paesi del ragusano. Uno di loro è stato investito da un’auto e si trova in gravissime condizioni all’ospedale di Modica. L’incidente è accaduto perché il profugo, assieme ad altri, correva sul ciglio della strada che collega Sampieri a Modica. Si imbarcava per sfuggire all’orrore della guerra, nuotava per sfuggire alla morte e correva, correva, per lasciarsi dietro tutto…invece, il suo destino, lo ha fermato sull’asfalto e ora, quella vita che ha tentato tenacemente di resistere non si sa, se resterà su questa terra, cercando l’oblio e un altro futuro.Eppure, questi luoghi sono cari a tanti telespettatori. Sono i luoghi dove è stato ambientato uno degli episodi della fiction televisiva del Commissario Montalbano. A pochi chilometri di distanza, davanti al faro di Punta Secca, si trova invece la villa sul mare del commissario. E proprio questo bellissimo scenario naturale porta con sè oltre a tante piacevoli ore televisive anche il dramma di alcuni profughi che hanno trovato la morte mentre cercavano di raggiungere l’Italia e l’Europa, fra solitudine, disperazione e la speranza di tornare ad una vita normale.