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Lo sforzo di pensare il futuro

Da Femminileplurale

Dopo aver osservato a lungo le immagini di ciò che è accaduto nelle strade e nelle piazze di Roma, vorrei condividere con voi alcune riflessioni. Ho già avuto modo di scrivere, nei post precedenti, come a mio parere qualsiasi tipo di azione violenta gratuita non faccia altro che poratre acqua fresca ai mulini della reazione, e come riesca ad annientare completamente la possibilità comunicativa di chi in piazza ci va per portare un messaggio, difendere un’idea, dimostrare uno sdegno gravido di futuro. Quello che è successo Sabato, tuttavia, è qualcosa di diverso. Qui non si tratta più di pochi elementi più o meno indipendenti che si infiltrano in un corteo e creano danni e confusione, qui siamo in presenza di una vera e proprio organizzazione paramilitare internazionale, la quale ha il compito di inserirsi in ogni tipo di corteo che sia abbastanza numeroso da dare la possibilità a questi elementi di colpire e nascondersi, mischandosi alla folla incuranti dei danni che i partecipanti non violenti del corteo possono subire da una simile azione. Personalmente mi rifiuto di chiamare questi personaggi “anarchici“, perchè ho troppo rispetto di questa concezione politica per assimilarla a teppisti che reputano una grande vittoria l’aver dato alle fiamme un furgone della polizia dopo aver scritto qualche A cerchiata su di essa. Non sono anarchici, ancor meno sono i rappresentanti di quel “mondo diverso” verso il quale i cosiddetti indignati vorrebbero portare l’attenzione di chi segue le loro proteste. D’altronde gli stessi “neri” rifiutano questa visione: davanti alla loro formazione militare c’era uno striscione che diceva “non chiediamo il futuro, ci prendiamo il presente“.

Lo sforzo di pensare il futuro

Questo non deve affatto stupire, anzi, va inteso più che altro come una candida dichiarazione di intenti, riassumibile con uno “spacchiamo tutto subito, chi se importa di quello che sarà dopo, ci penseremo al massimo domani”. Il problema di questo ragionamento sta nella sua tetra ingenuità: pensare il futuro implica uno sforzo, se non necessariamente cognitivo almeno politico, e chi vuole distruggere ha il compito di ricostruire, e di ricostruire meglio, ma questi elementi non fanno proposte, non vedono il futuro. Loro spaccano, pensano di abbattere il sistema finanziario internazionale dando fuoco a delle banche, pensano di cancellare lo stato di diritto distruggendo un blindato dei carabinieri. Ragazzi, i luddisti avevano posizioni politiche molto più avanzate. Ma questi sfasciacarrozze falliti, questi piromani repressi, non sono forse la miglior immagine possibile di un futuro che nessuno vuole? Questi cattivi da film americano di serie B hanno, sulla società civile, l’effetto che potrebbe avere un’invasione di alieni: fanno venire voglia di reazione, aiutano tutti quelli che non sono come loro a coalizzarsi.

Io non mi definisco un “indignato“, perchè in questo movimento ci sono delle grandi difficoltà contenutistiche di fondo, difficilmente superabili,e una mancanza di una lettura politica condivisa che, va detto, non è del tutto estranea alla facilità con la quale i neri si sono infiltrati in un corteo fin troppo aperto a “tutti gli indignati”. L’umanità non è un bel posto dove stare, se lasci la porta troppo aperta chissà chi ti entra in casa: il giorno dopo ci sono tanti cocci da spazzare. Tuttavia, se io fossi un “indignato”, farei quello che, secondo ciò che ho letto, tanti ragazzi stanno già facendo: manderei foto e filmati alla polizia. Con questa gente non c’è dialogo possibile, non c’è confronto. Bisogna estrommeterli dalla mobilitazione. Quando ci si mobilita per proporre un cambiamento del sistema economico globale, la prima cosa da fare non è affrontare il nemico che ci sta di fronte, anche se imponente, ma di essere coscienti del nemico che è tra le nostre file, che si nasconde sotto le nostre insegne, che sfila militarmente in un corteo pacifico. Se fossi un complottista penserei che queste persone possano essere state pagate da qualcuno per far perdere credibilità all’intero movimento, ma purtroppo non è così: queste persone lavorano gratis contro il futuro, la loro ricompensa è qualche automezzo bruciato e la foto mentre tirano un sampietrino: tutti vogliono essere dei piccoli rivoluzionari, d’altronde. E alle facili accuse di essere reazionario, di destra, e perchè no addirittura fascista, rispondo con una breve riflessione.

Lo sforzo di pensare il futuro

Il campo in cui il capitalismo contemporaneo ha conseguito dei notevoli successi è stato quello dell’ eliminazione della prospettiva futura: si vive tutti schiacciati in un costante presente, il futuro stesso è inghiottito dalla temporalità estesa del capitalismo. “Nulla può cambiare, finora è stato sempre così e sempre così dev’essere: ne va delle vostre vite, ogni cambiamento significherebbe la perdita di tutte le sicurezze all’ombra delle quali avete finora vissuto, protetti nei vostri piccoli nuclei sociali”. Questo è il messaggio che viene costantemente ripetuto dal sistema, attraverso i suoi canali di comunicazione. Questo è ciò che gli indignati, e a loro va la mia stima per questo, hanno cercato di attaccare, di abbattere. I neri invece, con quel loro striscione, hanno dimostrato splendidamente come l’azionismo più sfrenato non sia altro che un’ennesima manifestazione del capitalismo che ripete “non c’è futuro diverso da questo”. In effetti devo riconoscere a questi rivoltosi da operetta una certa sincerità, perchè hanno messo nero su bianco la loro dichiarazione di intenti. Se pensare il futuro è uno sforzo immane, pensare solo il presente vuol dire neutralizzare ogni tipo di prospettiva di cambiamento, facendo un favore immane a chi questo presente lo vuole conservare così com’è.


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