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Lo sport ha una funzione politica? (by Bruce Wayne)

Creato il 18 agosto 2013 da Simo785

Lo sport ha una funzione politica? (by Bruce Wayne)

Dall’archivio del Bar Frankie, pubblicazione originale del Novembre 2012.

La prima impressione che ho avuto leggendo l’articolo di Scare82 su “Sport e politica” era che, con esso, egli intendesse sostenere l’idea che l’attività agonistica è una sorta di grande “distrattore di massa”. Gli ho fatto notare, in un commento, che distrarre è la natura – ed in effetti anche la grande qualità – dello sport, e che dunque il vero problema sta, più che altro, nel fatto che talvolta viene usato “politicamente”. Ma la risposta che lui ha dato a queste mie osservazioni mi ha spinto a rivedere non solo l’impressione che avevo avuto in origine, ma anche alcune delle mie convinzioni in materia.

Perché, sì, rileggendo il suo “Sport e politica” ho potuto osservare che mi sbagliavo: lui non ha voluto sostenere che lo sport distrae, ma al contrario ha scritto che spesso serve a creare consenso politico. Un assunto, questo, che è poi esattamente lo stesso che avevo scritto nel commento che, fraintendendo, avevo postato. Però, a ripensarci ora, anche di quella convinzione inizio a dubitare. E, cioé, comincio a dubitare del fatto che tra sport e politica sia possibile stabilire una separazione netta, mentre mi pare necessario riconoscere che tra loro esiste una distinzione che comporta anche, però, alcune relazioni impossibili da cancellare.

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Non è difficile individuare le ragioni per cui lo sport e la politica sono attività distinte. Basta pensare al fatto che le decisioni prese da Barack Obama hanno, sulla vita sociale, economica e culturale degli Stati Uniti e del mondo intero, conseguenze molto più rilevanti di un calcio di punizione “alla Del Piero”. Oppure che le delibere di un consiglio comunale influiscono sulla vita cittadina con molta più nettezza di una qualsiasi giocata di Lionel Messi. Insomma: si può dire – scoprendo, probabilmente, l’acqua calda – che la politica organizza la vita collettiva (bene quando è svolta seriamente, male quando non è svolta seriamente), mentre lo sport non organizza la vita collettiva. Ed anzi, si può aggiungere a questo assunto un’ulteriore considerazione, e cioè che l’attività agonistica non solo non organizza la vita collettiva, ma è la necessaria valvola di sfogo attraverso cui una società si distrae dai problemi che essa pone. In questo senso sport e politica non sono solo distinti, ma sembrano essere addirittura opposti, e per questo pare, dunque, ineccepibile il discorso di Scare82 (ed anche quello fatto dal sottoscritto nel suo commento, di conseguenza).

Però – e qui arriviamo a parlare delle relazioni esistenti tra le due attività -, se ciò fosse vero in assoluto, non avrebbero senso, ad esempio, le Nazionali di calcio. Il concetto di “nazione”, infatti, è di carattere strettamente politico, ed ha ben poco a che fare con l’attività agonistica. E nemmeno avrebbero avuto senso le polemiche che, fino a qualche anno fa, divampavano sui giornali – e, comprensibilmente, non solo lì – sugli azzurri che, inquadrati dalle telecamere della Rai, rimanevano muti anziché cantare l’inno nazionale, mostrando di non conoscerne le parole. L’inno nazionale, infatti, rimanda non solo al concetto di “nazione”, ma anche – nel caso specifico dell’inno di Mameli – alle vicende politiche del nostro Risorgimento, le quali peraltro sono state tutt’altro che contrassegnate dal “fair play”. Ed invece non solo tutto questo accade, ma è addirittura inevitabile che accada, perché tramite lo sport si veicola non solo l’identità individuale – quella che viene messa alla prova nel corso della prestazione -, ma anche l’identià collettiva – la quale si riconosce, in qualche modo, nella prestazione.

Dunque lo sport non è politica – perché non si assume né potrebbe assumersi i compiti della politica -, ma può ed anzi deve avere una funzione politica. E, cioè, può e deve avere la funzione di veicolare messaggi di carattere non solo, ma anche, politico.

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A questo punto, com’è chiaro, quando Scare82 lascia intendere che fin dall’antichità l’attività sportiva è stata un “instrumentum regni” occorre osservare che non solo non può essere diversamente, ma che in alcuni casi è anche una fortuna che sia così. Certo, ciò è vero a condizione che si riconosca legittimità alla politica, e cioè a condizione che si riconosca che il rifiuto anarchico di ogni forma di potere corrisponde ad un’esaltazione della legge della jungla (la quale, però, genera a sua volta una sua politica, e che dunque mostra la natura fittizia di quel rifiuto). Ma dal momento che si è d’accordo sulla necessità di un ordinamento politico, è difficile non convenire che lo sport possiede anche funzioni che esulano dal suo essere un semplice divertimento.

Inutile dire, in conclusione, che poi Scare82 ha perfettamente ragione nel sottolineare che spesso queste funzioni vengono usate nelle direzioni più distorte. Penso, ad esempio, a uomini politici che sono scesi in campagna elettorale presentando i successi del club del quale erano presidenti come garanzia della propria affidabilità. Ma, appunto, si sta ragionando dello sport, che in questi casi è un pò come un coltello. Può uccidere un uomo, ma può anche offrirci l’opportunità di suddividere un pezzo di pane tra più persone.


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