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LO SQUARTATORE DI NEW YORK (1982) di Lucio Fulci

Creato il 18 gennaio 2009 da Close2me

LO SQUARTATORE DI NEW YORK (1982) di Lucio FulciÈ ritenuto il film "più pessimista, violento, misogino e crudele diretto da Lucio Fulci" tuttavia, parlando di un Maestro assoluto, sarebbe opportuno aggiungere "più poetico". Il grande regista romano saluto i luccicanti anni ’80 girando un thriller estremo più inquietante dei precedenti horror, quasi a voler evidenziare orgogliosamente le prese di distanza dal decennio ipocrita e superficiale per eccellenza.
"Dopo una serie di efferati omicidi commessi con lo stesso rituale verso donne di diversa estrazione sociale, il tenente Williams ritiene che tutto sia opera di un maniaco. Nello svolgimento delle indagini il poliziotto si avvale dell’aiuto di uno psicologo. L’assassino colpisce senza lasciare traccia ma una delle vittime designate, Fay, riesce a salvarsi e offre alla polizia una sicura testimonianza: l’assassino è un uomo a cui mancano due dita nella mano destra. Ma i massacri continuano preceduti da puntuali telefonate di avviso con la voce di Paperino. Però l’assassino ha commesso un errore e la polizia lo incalza…" (Yahoo Movies)
Mai l’occhio fulciano è considerabile tanto chirurgico e freddo come ora: gli spazi, i volti, persino i respiri abbracciano all’unisono quell’atmosfera artaudiana tanto cara della messa in scena. Tutti i personaggi coinvolti sono peccatori incalliti (con vizi per lo più riconducibili alla sfera sessuale), vittime di disillusioni croniche senza vie di fuga. Facendo di necessità virtù, l’autore gioca bene con le necessità e le numerose difficoltà del progetto (la rinuncia ai tanti storici collaboratori, da Frizzi per le musiche passando per il direttore della fotografia Sergio Salvati), rielaborando la sceneggiatura thriller in maniera decisamente surreale, intrisa di deviazioni splatter ed erotiche, tutte peraltro giustificate da situazioni avvincenti ed originali.
A voler essere pedanti, le musiche di Francesco De Masi stonano visibilmente con l’estetica pessimista e decadente della storia, contrappuntando la narrazione noir con score più consoni a telefilm polizieschi anni settanta. Ma parliamo comunque di un’imperfezione perdonabile all’interno di una macchina-cinema perfettamente oliata e riuscita, indiscutibilmente moderna e lontana anni luce dal "patinato vuoto" dei prodotti cinematografici Italiani del medesimo periodo.
Per cronaca di pura curiosità, Antonella Interleghi è accreditata come "Alamanta Keller", Renato Rossini come "Howard Ross", Andrea Occhipinti come "Andrew Painter" (sic!) e Cosimo Cinieri come "Laurence Welles".

 


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