Se Fievel conquistava il West, Spivet conquista l’East e gli spettatori. Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet di Jean-Pierre Jeunet, regista de Il favoloso mondo di Amelie, è una perla di divertimento, colori, sentimenti.
Il regista francese lascia la madrepatria Francia per sbarcare, anzi ritornare, a Hollywood (c’era già stato nel 1997 per girare Alien – La clonazione) e condurci al centro di un’America che non esiste più, quella del West ma non più del western. Gli elementi del genere western ci sono tutti: il cowboy, il treno, la ferrovia, la mandria, il fiume, la prateria, il ranch, il cielo a pecorelle. Ma non siamo più nella seconda metà dell’Ottocento, bensì ai giorni nostri. Jeunet ridipinge un quadro antico in una cornice moderna che (ri)scopre una natura idilliaca e incontaminata che credevamo perduta. Porta quindi a compimento una contro-conquista dell’America, da ovest ad est, dal Montana a Washington D.C., alla faccia del mito della frontiera…
Jeunet ritrova l’estro estetico e narrativo de Il favoloso mondo di Amelie, e di questo riprende alcuni elementi vincenti. Non c’è il narratore esterno che accompagna la storia, bensì un “imbonitore” interno, lo stesso piccolo protagonista, che racconta se stesso e la sua famiglia, saltando avanti e indietro nel tempo come se attraversasse fisicamente i ricordi o sfogliasse le pagine di un diario personale. Da Amelie Jeunet riprende la simpaticissima presentazione dei personaggi e il ricorso ad animali e oggetti parlanti, tornando a quel gusto fumettistico e fiabesco presente sin dal suo film d’esordio, Delicatessen.
Se Amelie era favolosa, Bazil (2010) era esplosivo, Spivet è straordinario. Jeunet ama gli aggettivi dal valore “superlativo”, perfetti per inquadrare queste vicende al limite della realtà. Lo straordinario viaggio di T.S. Spivet emoziona, commuove, sorprende per la genialità di alcuni passaggi e dettagli, fino a sfiorare il “superlativo” appellativo di capolavoro, il quale però sfugge a causa di un finale in cui Jeunet cincischia e si perde nello spostare l’ago della bilancia dal racconto alla storia.Straordinario il cast d’attori. Su tutti il piccolo Kyle Catlett, così tenero e così comico, volto perfetto per il piccolo genio (in)compreso. Brilla di nuova luce Helena Bonham Carter, che pare rinata dopo la recente separazione dal marito Tim Burton, che troppo a lungo l’ha tenuta ancorata (quasi unicamente) a parti e particine nei suoi film fanta-lugubri. Spassosa Judy Davis. Assolutamente apprezzata la performance del veterano Dominique Pinon in un personaggio minore ma irrinunciabile.
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