Ciao cari amici e care amiche
DOMANI MARTEDI 17 GENNAIO
sarà l’ULTIMO GIORNO DI CONTEST
utile per postare le vostre ricette!
Avrete tempo fino allo scoccare della mezzanotte…
Quindi vi lascio un post con libro, recensione e ricetta con ingredienti e preparazione.
Ho appena finito di leggere “LE RICETTE DI NEFERTITI” di BRUNO GAMBAROTTA: un romanzo simpatico con una vena ironica perfetta fra le righe e personaggi di una Torino comica. Tra le mani di un docente di egittologia arriva il mitico quaderno di cucina della regina Nefertiti con dodici ricette di cui si favoleggia da moltissimi anni e creduto perso per sempre. Diviene così in quel di Torino, famosa anche per il museo egiziano, l’evento dell’anno perchè il documento che riporta le ricette afrodisiache della bella regina, vengono ritrovate nei depositi del museo stesso donati perchè convinti siano papiri di valore minore. Dodici ricette di mille e mille più anni scritte su fogli di papiro, le uniche ricette dell’antico Egitto finora conosciute e ritrovate e soprattutto ricette di quella che fu la regina più famosa dell’antico Egitto, donna descritta sempre affascinante e molto bella, che si pensa preparava per attizzare il desidero dello sposo Akhenaton. E’ così che questi tesori vengono dati in mano all’egittologo del museo Paolo Maria Barbarasa per studiarli anche grazie alla fondazione che paga gli studi e le ricerche del museo; il presidente di tale fondazione decide così di renderli pubblici per dare una nuova spinta sia al museo che alla sua fondazione. Ma i papiri spariscono… per riapparire nelle tasche di belle e brutte signore della borghesia torinese, tutte femmine collegate all’egittologo, ricette accompagnate da lettere con confessioni d’amore e sessuali scritte dal pugno, così semprerebbe, di Paolo Maria. Ora per Paolo arriva l’arduo compito di reperire tali reperti richiedendoli alle donne in cambio di altre promesse e non solo d’amore. Durante la ricerca difficile di reperirli, Paolo Maria scopre che la sua stessa moglie Angelica è stata la promotrice di questa caccia al tesoro con desideri erotici abbinati. Inizia così il coinvolgimento di tante figure femminili intorno ad un unico uomo, ogni donna descritta con maestria golliardica degna di quella vena di attore che Bruno a coltivato in tantissimi anni di onorata carriera ora messa nero su bianco. La guerra dei papiri inizia così fra promesse e ricatti in cui tutti cercano di avere fama e una piccola vetrina durante la cerimonia di presentazione dei papiri al pubblico torinese. La lettura di questo romanzo è piacevole e molto scorrevole, lo stile semplice ma accattivante con l’uso di vocaboli che rendono in pieno il pensiero che si sta leggendo riuscendo a prendere in giro la borghesia moderna delle città. Nel romanzo le figure femminili tante e diversissime fra di loro, sono uno spasso a leggerle: troviamo l’artista fin troppo anticoformista presa poi per matta, la classica moglie senza figli e quindi amantissima di animali soprattuttocani all’impiegata in politica, la giovane assistente di un dentista che scappa all’estero con il fidanzato alla moglie fedele con amanti al seguito. Il filo conduttore, l’erotismo, è comunque preso solo in versione ironica: i sogni erotici di Paolo Maria sono particolari e strambi con donne qualsiasi conosciute anche semplicemente al bar. Fantastica la parodia sulla sofferenza di Paolo Maria: infatti la moglie Angelica racconta alle sue rivali in amore, che il marito soffre di una forma di sex addiction, un comportamento sessuale compulsivo che, nel suo caso, si manifesta per lo più in fantasie. Nei manuali di patologia sessuale è conosciuto come “Sindrome di Arcore” dal nome della località della Brianza dove è stato diagnosticato per la prima volta…!!! Un libro troppo spassoso, un buon libro da cui trarre la classica commedia degli equivoci, per me sarebbe una spiritosa e alquanto diversa fiction: ci sono tutti gli argomenti, il mistero, la comicità, la cucina, vizi attuali e una bella dose di malizia. Delle dodici ricette non vi è nessun ingrediente e preparazione acclusa: solo una giusta descrizione di cosa potevano mangiare all’epoca gli antichi egizi e di cio’ che avevano a disposizione come materie prime.
Ma cosa centra il romanzo di Bruno con l’Artusi? sul primo vi ho recensito in modo personalissimo il suo mio primo libro, sul secondo non spendo parole perchè è strafamoso ma posso dirvi che il collegamento è tutto dovuto alla rigida e noiosissima moglie di Paolo Maria, Angelica che durante una prova dei piatti di Nefertiti in casa del titolare della fondazione, vorrebbe portare lo strudel dell’Artusi cucinato da lei e suo vanto culinario… e quindi veniamo alla ricetta. Io non posseggo nessuna ristampa dell’Artusi bensì l’ho fotocopiato quasi tutto un giorno di qualche anno fa quando un gentilissimo signore anziano mi prestò la sua versione tra l’altro molto vecchia… Lo strudel è la ricetta nr. 559 e apre il capitolo della pasticceria.
LO STRUDEL DI PELLEGRINO ARTUSI ricetta nr.559
Dice l’Artusi: “non vi sgomentate se questo dolce vi pare un intruglio nella sua composizione e se dopo cotto vi sembrerà qualche cosa di brutto come un enorme sanguisuga, o un informe serpentaccio, perchè poi al gusto vi piacerà.
Mele reinettes, o mele tenere, di buona qualità, gr. 500 (io ho usato le mele pink lady)
Farina, grammi 250 (io ho usato quella antigrumi)
Burro, 100 grammi (io ho usato quello salato)
Uva di Corinto, grammi 85 (ossia la sultanina)
Zucchero in polvere, grammi 85
Raschiatura di un limone
Cannella in polvere due o tre prese
Spegnete la farina con il latte caldo, burro, quanto una noce (io ho scaldato il latte nel micronde e poi vi ho sciolto il burro), un uovo e un pizzico di sale (che io ho evitato aveno usato il burro salato) per farne una pasta piuttosto soda che lascerete riposare un poco prima di servirvene. Tirate con questa pasta una sfoglia sottile come quella dei taglierini e, lasciando gli orli scoperti, distendetevi sopra le mele che avrete prima sbucciate, nettate dai torsoli e tagliate a fette sottili. Sul suolo delle mele spargete l’uva (che io ho ammollato in acqua calda), la raschiatura del limone, la cannella, lo zucchero, e infine i 100 grammi di burro liquefatto, lasciandone un po’ indietro per l’uso che sentirete. Ciò fatto avvolgete la sfoglia sopra sè stessa per formarne un rotolo ripieno che adatterete in una teglia di rame (io ho usato una placca rivestita con carta forno), già unta col burro, assecondando per necessità la forma rotonda della medesima; col burro avanzato ungete tutta la parte esterna del dolce e mandatelo al forno (ventilato 180°C per 35 minuti). Avvertite che l’uva di Corinto, o sultanina, è diversa dall’uva passolina. Questa è piccola e nera; l’altraè il doppio più grossa, il colore castagno chiaro e senza vinacciuoli anch’essa. Il limone raschiatelo con un vetro (io ho usato una grattuggia apposita). Io poi l’ho spolverato con zucchero a velo.
Dall’archivio di Dolcipensieri: