Dopo esserci beccati per vent’anni il singolare ”progetto liberale” di Berlusconi che aveva sostituito la libertà con la licenza, la responsabilità con l’arbitrio e la giustizia con l’impunità, adesso ci tocca sopportare gli epigoni che prima del dissolvimento erano in estasi per l’uomo di Arcore. C’è da ridere e da rabbrividire a vedere quanti progetti liberal-liberisti sgomitano per avere un posto al sole e una fetta di potere inastando le stesse idee, prassi, mentalità che hanno disgregato il Paese: nessuno si immaginerebbe che con un governo di stampo liberista, i resti del Pdl liberisti, il centro liberista, metà del Pd liberista, ci sia spazio per un’altra variegata galassia liberista.
Ma è incredibilmente così. E dentro questo vivaio si scorge tutto il cuore di tenebra del berlusconismo: gli interessi di bottega da difendere con l’opzione politica, il narcisismo mediatico, l’endorsement di centri di poter finanziari, gli smisurati appetiti nascosti sotto il velo di una trita “moderazione” che non significa più nulla. Dicono le stesse cose di vent’anni fa senza per nulla farsi intimidire dal loro fallimento: una telefonata a Chicago e l’economista take away Zingales è sempre felice di costruire un qualche teorema ad hoc. Soprattutto quello che non si è fatto abbastanza: l’epistemologia degli sciocchi non conosce requie.
Così abbiamo sua eccellenza il marchese ferroviere Luca Cordero di Montezemo che non scende in campo direttamente, ma attraverso Italia Futura con direzione Terza Repubblica. Un gentlemen driver, ma imprenditore per caso grazie alla benevolenza di sua maestà Agnelli per simpatie e servigi che non sappiamo. Certo fu cacciato dalla Fiat perché sottobanco vendeva a cifre stellari incontri con l’Avvocato o con Romiti. Ma questi sono particolari, l’Italia non può privarsi di una guida così preziosa. Né degli agit top dell’ ”Associazione cittadini indipendenti per l’Italia” che in realtà dipendono dal marchese e che hanno pubblicato sul Corfiat, alias Corriere della sera per indicare il declino inarrestabile della casa automobilistica, il Manifesto dei cento. Aria fritta in olio motore tanto che tra i cento ci sono anche il ministro Riccardi e il sedicente sindacalista Bonanni, Che sono già due di troppo.
Disgraziatamente non vi compare la firma di Oscar Giannino, detto topolì dalla fresca consorte, che guida Fermare il declino, altra formazione liberista da rotocalco, la cui madrina è Emma Marcegaglia. La ricordate è quella che disse che gli operai sono canaglie quando era ancora presidente di Confindustria. Forse il nome più appropriato del nuovo soggetto politico sarebbe accelerare il declino, fatto sta che tra l’economista da tv conciato come Vittorio Emanuele e il marchese sabaudo non corre buon sangue. Giannino si sente trascurato, non ascoltato, messo da parte e quindi volano gli stracci. Sempre in nome del liberismo e dei massacri sociali.
Mica basta c’è anche “Libertiamo” inventato da Benedetto Della Vedova di cui fa parte lui e qualche parente. Il riferimento esplicito è a von Hayek, un nobile austriaco, reazionario di nascita che trovò spazio negli interstizi dove si ammassava il canagliume propagandistico della guerra fredda. Ma del resto in qualcosa dovrà pur distinguersi l’inconsolabile Della Vedova per il distacco dal seggio. E di certo farsi pagare un lauto stipendio dai cittadini per sostenere l’inutilità dello Stato come strumento di eguaglianza, è il modo più genuino e spontaneo per dimostrarsi una presa per i fondelli vivente.
E poi ci sono gli “zero positivo”, usciti da qualche trasfusione di banalità varie e il cui atto più concreto è un endorsement per Albertini governatore della Lombardia. Bè che volete la muffa cresce dappertutto.
In attesa di altre formazioni liberiste di cui si sente la mancanza, perché dopotutto anche Della Valle ha le sue tentazioni, il 17 novembre questi residui di berlusconismo si riuniranno per decidere se e come fare la strada insieme. Per andare al diavolo, spero.