Il commento di Antonio Valerio SperaSummary:
Dopo quindici anni Luc Besson torna alla fantascienza. Il regista francese reduce dalla saga di Arthur e dei Minimei e dal non eccelso Cose nostre – Malavita, si riappropria delle atmosfere sci-fi de Il quinto elemento e dirige Scarlett Johansson, Morgan Freeman e l’attore sudcoreano Min-sik Choi in una pellicola che parte da una leggenda che riguarda l’essere umano, quella per la quale le persone siano in grado di sfruttare solo il 10 per cento delle potenzialità del proprio cervello.
Uno spunto narrativo su cui Besson ha lavorato per quasi un decennio, parlando continuamente con neuroscienziati per avere informazioni sull’argomento. «Cosa accadrebbe se l’uomo riuscisse ad avere accesso al restante 90 per cento delle potenzialità cerebrali?», si è chiesto il regista prima di mettere mano alla sceneggiatura: «la mia idea era quella di realizzare un thriller partendo da questa domanda, volevo fare qualcosa di spettacolare e a differenza di altri film non ho pensato neanche un secondo di affidare quest’idea ad un altro regista».
Così dopo anni Besson ha portato a termine il suo progetto e ha realizzato Lucy, dove la ragazza che dà il titolo al film è una studentessa che vive a Taipei. Un giorno il suo fidanzato la costringe a consegnare una valigetta al posto suo. Il ragazzo però viene ucciso e Lucy viene sequestrata da un gruppo di malavitosi che la obbligano a lavorare per loro come corriere della droga. Viene operata chirurgicamente e nel suo addome viene inserita una sacca contenente una potente sostanza stupefacente. Quando subisce un violento pestaggio, il pacchetto che trasporta dentro di sé si rompe e la droga si riversa nel suo organismo. Lucy improvvisamente aumenta a dismisura la capacità di sfruttamento del proprio cervello e acquista straordinarie capacità fisiche e mentali.
Besson descrive Lucy come un film in tre atti: «l’inizio è Léon, la parte centrale Inception e l’ultima 2001: odissea nello spazio». Il regista dunque non nega di aver attinto da molto cinema mondiale per realizzare questo film, in cui si diverte a citare certi film orientali, i fratelli Wachowski e anche Terrence Malick. Nonostante questo, però, il film si inserisce perfettamente nell’opera bessoniana. Non solo per l’estetica cinetica e visivamente conturbante tipica della sua poetica cinematografica, ma anche e soprattutto per il personaggio femminile che sta al centro della narrazione. Besson infatti ha sempre dato importanza alle figure femminili nei suoi film: «io non sono orientato verso forti figure maschili, come ad esempio lo era certo cinema americano tutto muscoli degli anni ’80. A me Achille senza il tallone non mi interesserebbe. E’ una figura che mi attrae per la sua debolezza. E’ per questo che amo i personaggi femminili. Loro sono spesso meno forti degli uomini, così devono trovare altre strade per competere con loro, che sono quelle dell’intelligenza, della furbizia. Per questo mi attraggono di più».
All’elenco delle figure femminili della sua filmografia, da Nikita alla Mathilda di Léon (Natalie Portman), da Leeloo (Il quinto elemento) a Giovanna d’Arco (entrambe interpretate da Milla Jovovich), da Aung San Suu Kyi di The Lady (Michelle Yeoh) ad Angel-A (Rie Rasmussen), si aggiunge quindi la Lucy di Scarlett Johansson. Un’attrice, quest’ultima, che conferma di rischiare molto nelle sue scelte artistiche, dopo Her e Under the Skin. E se in questi due film ha mostrato di saper sfruttare al meglio, rispettivamente, la sua voce e il suo corpo, con Lucy dimostra di sapersela cavare alla grande con la sua mente. Una mente sfruttata al 100%.
di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net