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Luis Sepúlveda - Diario di un killer sentimentale

Creato il 04 maggio 2014 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1

Luis Sepúlveda - Diario di un killer sentimentale
"Un professionista vive solo, e per dar sollievo al corpo il mondo offre un'ampia scelta di puttane".
Questa è solamente una delle tante "massime" proprie del protagonista di questo "libricino" fuori dal comune. Perché di pagine scritte a mo' di diario, ne abbiamo lette parecchie. Alcune drammatiche, altre frizzanti, divertenti, piene d'amore, corrisposto o tormentato. Luis Sepúlveda è un autore giunto sui miei scaffali da pochissimo tempo. Ad oggi sono due il libri letti dell'autore cileno, Diario di un killer sentimentale e Il vecchio che leggeva romanzi d'amore (non vedo l'ora di parlarvene!). Conoscere Sepúlveda in queste settantatré pagine, è un po' rischioso. Potrebbe prender forma l'idea di uno scrittore piuttosto cinico e distaccato dal mondo, dalla vita stessa. Uno che ti accenna paesaggi, uomini, donne, fatti e misfatti con una brevità sintattica disarmante. Vita e morte, incarichi e whisky, puttane dal sapore caraibico e poi lei, la "gran figa francese" che di punto in bianco lo molla via fax, lasciandolo in preda ad attacchi di sentimentalismo patetico.
Ma un professionista è pur sempre un professionista. Dice lui...
Sì, come no. 
Di questo libro spicca un certo ritmo incalzante, tipico del noir e dei racconti brevi. Non vanta di imprevedibilità, infatti, più si voltano le pagine più si capisce che quest'uomo finirà col fare la sola cosa che da un sicario ci si aspetti. E questo un po', anticipa il finale che non prevede più colpi di scena. Ma Diario di un killer sentimentale non vuole essere il tipico noir, non credo che l'autore avesse in mente rompicapi o quant'altro, da riservare al lettore. Tanto è plausibile la mia teoria che, poco tempo fa, mi capita di leggere un articolo su Il Sole 24 ore, scritto da Bruno Arpaia (conoscitore della letteratura spagnola e latino americana, giornalista e scrittore, nel 2003 firma Raccontare, resistere, una lunga intervista all'autore cileno), nel quale appunto emerge un dettaglio fondamentale. Sepúlveda volle scrivere questo diario, per esorcizzare una reale pena d'amore (perduto). Uno scrittore non ha alcun mezzo efficace se non la propria scrittura. Ecco allora che una vendetta bruciante di passione, può dirsi pianificata e perfetta, per mezzo di un piccolo libro che al primo sguardo non fa nemmeno tanta scena. Anzi, ora che ci penso, rettifico. La copertina fa la sua porca figura, grazie a un Magritte, L'assassino minacciato, il che la dice lunga...
Il mio consiglio, a quanti ancora non lo avessero letto, è quello di prendere in mano questo libricino e preimmaginarlo soprattutto, come un diario desideroso di vendetta. Innamorato, deluso, incazzato, tormentato. Un modo innocuo, spietato anche, ma solo letterariamente. Un libro che si legge tutto d'un fiato, che piaccia o meno. Il tipo che parla con l'altro tipo allo specchio e si sente per la prima volta "compreso", è uno degli aspetti più interessanti e commoventi, addirittura, di questo diario firmato da un killer sentimentale. L'uomo in fondo è un essere fragile, la solitudine mette al tappeto chiunque, e non può vincerla nemmeno una lauta ricompensa a sei zeri sulla destra (sapevatelo!).
"Mi hai deluso, bambina. E io non ammetto questo genere di delusioni".

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