Si e' concluso Taste 7 con la pubblicazione del bellissimo Il genio nella Pentola ma non si è ancora spenta l’emozione dell’anteprima dell'evento, presentata lo scorso 24 febbraio alla Casa Circondariale "Due Palazzi” di Padova.
Pur avendo, e accade tuttora, frequentato, e non solo per lavoro, ospedali e luoghi di cura che limitano, durante la permanenza in essi, i propri movimenti e la propria libertà, non mi era mai capitato di entrare in un carcere. E anche ora faccio fatica a parlarne.Ognuno di noi ha delle paure inconsce, quasi ancestrali e il più delle volte poco razionali. Come se la ragione potesse, effettivamente, dare una spiegazione a tutto.
Una costruzione linda con un parcheggio ordinato potrebbe rappresentare anche un condominio o degli uffici amministrativi, salvo poi accorgersi del numero importante di persone in divisa. Cordiali, sorridenti. Ma fermi e decisi.
E il primo impatto con la mia paura ancestrale di perdita di libertà sta nel riconoscimento all’accesso: consegna documento e contestuale abbandono di quanto avevo portato: macchina fotografica, computer, cellulare. Un moleskine e una matita sono rimasti con me, unici testimoni rassicuranti, quasi, di questo blackout con il mondo esterno.Il gruppo di giornalisti, fotografi e addetti ai lavori come Josè Rallo (titolare dell'azienda DonnaFugata), accede alla struttura allegramente e le voce si abbassano al primo portone che si chiude alle spalle. Un brivido lungo la schiena che non mi ha più lasciata e che diventa "materia" man mano che, nello svolgersi della visita, incontro donne e uomini in divisa. Sguardi che si incrociano, sorrisi che si palesano, portoni che si chiudono.
Il lungo corridoio è dipinto d’azzurro e sulla parete di destra si susseguono repliche di quadri moderni e foto che rappresentano momenti di lavoro e di incontro dei detenuti con autorità in visita. Il sole che, prepotente, manifesta la sua presenza disegna grate giganti sui quadri e sulle foto, attraversando le finestre di fronte ad essi. Ascisse e ordinate regolari che sembra vogliano ricordare, se mai fosse necessario, che il muro azzurro non è un cielo illimitato.
Il responsabile della cooperativa Rebus, Nicola Boscoletto ci accompagna in questa visita parlando orgoglioso dei "suoi" ragazzi e di quel progetto ispirato al concetto di perdono e di pena secondo Sant’Agostino e illuminato dalle parole “….fati non foste per viver come bruti…” scritta che si ritrova, grandissima, sul timpano del portone che chiude il lungo corridoio.Ed è in questo preciso istante, mentre un nuovo portone blindato si chiude gelido alle mie spalle, che prepotenti i profumi di farina, uova, burro e agrumi mi avvolgono e mi sorprendono. “Qualcosa di buono”…
Si entra in quella che è la parte operativa del progetto Rebus ovvero le attività che vengono gestite dai detenuti e per le quali ricevono regolare compenso: una busta paga – e soprattutto le relative tasse - che, secondo le parole di Francesco, di Davor e di Thomas “non potranno mai ripagare del male che ho commesso ma mi permettono di sentirmi ancora parte della società. Ci sono anch’io e ho un lavoro come le persone che sono fuori”.Francesco, Davor e Thomas all’interno del carcere infatti lavorano: rispondendo ai call center di alcune compagnie telefoniche e al centro unico di prenotazione dell’Asl 16 di Padova, costruendo biciclette bianche ed azzurre come un cielo primaverile, producendo componenti delle valigie Roncato, fornendo servizi di digitalizzazione di documenti. E cucinando i famosi panettoni che tanto hanno deliziato i grandi del mondo durante il G8 che si tenne all’Aquila nel 2010.La cucina del carcere è quasi un paradiso: grande, attrezzata di tutto punto, in pieno fermento. Da un frigo fa capolino una bellissima massa di lievito madre e dei ragazzi decorano paste mignon con merletti di cioccolato fondente. Anche qui, sguardi che si incrociano, mani che si sfiorano e domande che escono dal cuore prepotenti: “Perché?”.La successiva conferenza stampa tenuta da Davide Paolini, l’uomo che ama il buono e il bello a tal punto da averci dedicato tempo e vita, vede, dopo la presentazione del progetto da parte di Gaetano Marzotto e Raffaello Napoleone - Presidente e Amm.re Delegato di Pitti Immagine - e i saluti di Flavio Zanonato, Sindaco di Padova, l’intervento di tre detenuti che raccontano il loro dolore e la loro speranza di affrancamento da una pena che, una volta scontata e perdonata dalla società, sarà loro compagna per sempre. La chiave del bello e del buono che aprirà i portoni blindati, in un luogo di dolore come può esserlo una prigione o un ospedale, sta nella possibilità di avere un lavoro, di dare vita a qualcosa con le proprie mani, di essere un elemento fecondo della società, come produrre il Panettone al Kabir di DonnaFugata, nato appunto nei saloni della Stazione Leopolda durante l'edizione dello scorso anno di Taste e che per me è diventato ingrediente per una terrina dolce-salata.Ci si saluta con un delizioso buffet, grazie alle delizie preparate da Giancarlo Perbellini, Piergiorgio Siviero, Lorenzo Chillon e Luigi Biasetto chef e pasticceri di fama internazionale che non esitano a definire il panettone al Kabir "il più buono del mondo".E mentre assaggio con gli occhi e con il palato incrocio lo sguardo e le mani di Davor e prepotente ritorna la stessa domanda "Perchè?".
Muffin allo yougurt senza burro
Ingredienti360 gr farina PETRA 5 (e testati anche con farina Petra Panettone), 160 gr zucchero zefiro aromatizzato con delle stecche di vaniglia "usate", 2 uova grandi bio, 50 ml di latte crudo, 150 gr di yogurt bianco, 100 gr di olio di semi (quello che preferite, occhio all'OGM), un pizzico di sale rosa, due cucchiai rasi di lievito chimico in polvere, granella di zucchero per la decorazione.ProcedimentoCome per la preparazione della maggior parte dei muffin, mettere in una ciotola gli ingredienti secchi, setacciati e mescolati, ed in un'altra ciotola quelli umidi, anch'essi ben amalgamenti con l'utilizzo di una frusta. Versare l'impasto liquido in quello secco e mescolare fino a quanto la farina sarà scomparsa. Riempire per 3/4 gli stampini da muffin (con un sac a poche o con il dosatore per il gelato) ricoperti dagli appositi pirottini e cucinare nel forno statico a 190° per 12'-14'. Lasciar raffreddare sopra una gratella.E se ci siamo lasciati travolgere da una particolare buona volontà nello sfornare i muffin, che facciamo? Un pigiama party, per esempio, con muffin e latte caldo, se proprio non sappiamo come stoccarli, oppure, semplicemente, congelarli ancora caldi così da averne una scorta per le mattinate malinconiche, che verrà rigenerata nel forno caldo a 110° per 5'.