…E dire che io sono una che parla e gesticola, credetemi. Io quando parto non mi fermo, sono una mitragliatrice di parole.
Però, come dire, parlo se ho qualcosa da dire e se penso che quello che ho da dire possa interessare l’interlocutore.
Mi direte voi….tutti ragionano così e pensano che agli altri quello che dicono interessi!
Bene….ma penso che noi italiani in questa consapevolezza siamo i maestri. Siamo un popolo di giudici, arbitri e opinionisti.
E diciamo la nostra anche quando nessuno ce la chiede e soprattutto in ambienti dove parlare non dovrebbe essere l’attività principale.
Ma soprattutto, non ce li facciamo. Non siamo capaci. La voglia di capire cosa sta accadendo agli altri è tale da far cadere qualsiasi barriera di buon senso e discrezione.
Voi mi direte: stai scoprendo l’acqua calda….dove sei stata fino ad adesso?
E io vi rispondo: in Australia.
Prima del grande evento non avevo mai notato questa tipica loquacità nostrana…e questa vena gossipara.
Ascoltare le persone parlare a voce alta sul bus, urlare nei bar, parlare sottovoce (grazie al cielo) nei cinema, vederli gesticolare per qualsiasi cosa, notare come al lunedì mattina gli uomini erano tutti infervorati per commentare i risultati delle partite con gli amici a voce leggermente più alta della norma e con toni coloriti (Voi abbiamo fatto un c… così!, mer….) in ogni luogo possibile (tipo vedere due anziani che litigano sui rigori mancati al parco mentre i cani si allontano dalla loro vista)….questo era tutto normale.
Chiedere a un collega giù di tono cosa avesse anche quando magari lui non ne voleva parlare, vedere tua zia stare attaccata al telefono per raccontare a non si sa bene chi come Tizio se la fosse presa perchè Caio gli aveva risposto male (e non penso che Tizio o Caio fossero dall’altra parte del telefono) …o di come la mia migliore amica mi raccontasse che sui cugino Giuseppe fosse scappato di casa dopo aver scoperto che la Maria, figlia del panettiere sotto casa mia e sua fidanzata, si era presa una cotta per il macellaio Mario…insomma il fatto che tutti si facessero i fatti di tutti per me era una cosa normale. Anche io stavo delle ore al telefono, confesso!!
Ora, non è solo gossip. Perchè ciattellare piace a tutto il mondo, gli anglosassoni poi divorano letteralmente le tipiche riviste patinate che parlano e straparlano delle vite delle star.
Noi andiamo oltre. Noi vogliamo sapere come sta la gente, che è successo davvero, come mai oggi quella persona non sorride, come mai oggi quell’altra persona sembra diversa. Noi notiamo tutto, non solo le cose superficiali, quelle cose frivole che riempono le pagine di quelle riviste.
E non siamo capaci di stare zitti. Noi vogliamo dire la nostra. Ma non in modo discreto, sussurrato. Per carità, noidobbiamo urlare e gesticolare. Tutto il mondo deve sapere l’opinione di un italiano, perché la sua opinione vale qualcosa. Avrà dei meriti da qualche parte già solo per il fatto di esistere.
Ma se per una volta provassimo a farceli? Ho sottinteso cosa, ma immagino abbiate capito…
In Australia la gente parla tanto. Ho spesso ricordato come gli aussie nei locali più che parlare urlino tutto il tempo, confusi dai fumi dell’alcol, senza dare un senso compiuto a quello che stanno dicendo…:-D
Ma parlano anche da sobri. Solo che sono discreti.
La televisione è anch’essa popolata di talk shows dove ogni ospite dice la sua…ma avete mai provato a vedere un programma australiano e uno italiano? Provate a vedere Q & A, programma della abc (lo adoravo…) dove una serie di ospiti parla di un tema d’attualità e il pubblico pone domande….e poi guardatevi, che ne so, uno a caso: Ballarò ( che è forse uno dei meno chiassosi…)
Potete vedere voi stessi le differenze….
E qui c’è una puntata di Ballarò presa a caso da You tube
Come ce le urliamo noi le cose dietro non lo fa nessuno, davvero.
I talk shows italiani sono forse l’esempio più tipico e magari pure quello che ci rende meno giustizia perché mette in evidenza solo i lati negativi del nostro straparlare.
A noi piace parlare così. Manifestiamo tutte le nostre emozioni atttraverso i gesti e le parole. Siamo teatrali.
Per noi è normale. Per il resto del mondo un po’ meno.
In Australia molto spesso la gente mi chiedeva: “Ma perché urli?”. E io rispondevo con lo sguardo attonito, perchè proprio non me ne rendevo conto.
Molti mi facevano il mimo, cioè imitavano la mia voce usando le mani per sottolineare il significato delle parole, tipicamente unendo le quattro dita al pollice e muovendo le mani su e giù.
Ed era imbarazzante, perché io non ho mai pensato di essere così.
Al ristorante era facile capire se c’erano altri italiani seduti ai tavoli: bastava vedere chi gesticolasse e ridesse un po’ troppo sonoramente.
Evidentemente noi amiamo parlare e farci ascoltare. Amiamo avere un pubblico, anche quando questo è del tutto imprevisto e inconsapevole, come i poveri commensali vicini agli italiani di quel ristorante che non hanno fatto nulla per meritarsi tutte quelle urla.
Mi sono resa conto di quanto l’Australia mi abbia cambiato proprio su questo aspetto.
non tanto sul fatto di gesticolare…quello ormai non me lo toglie nessuno…e pure urlare…io ormai urlo, nella mia famiglia urlano tutti, quindi…
Ma dopo l’Australia ho imparato a farmi di più i fatti miei.
A Sydney andavo in palestra molto spesso. Gli aussie, benché “magnino” come i matti, ci tengono alla forma fisica e non è raro vedere le palestre piene a qualsiasi ora del giorno.
Era una figata andare in palestra. Era una figata girare per strada, a qualsiasi ora del giorno e della notte, senza che nessuno si accorgesse di te.
La gente non mi guardava. Ero come invisibile.
E’ una cosa brutta, detta così, vero? A chi piace essere invisibile?
Eppure, credetemi, in Australia ci fai l’abitudine. Non te la prendi più, perché noti che la regola vale per tutti.
Gli aussie rispettano chi si fa gli affari propri. In Australia la gente ha tutto il diritto a essere invisibile.
Gli australiani si fanno gli affari tuoi solo se sei tu a permetterglielo. Non sono invadenti, non sono indiscreti. Se sei giù di tono, sarai tu a comunicarlo agli altri e solo in quel momento gli altri si sentiranno autorizzati a chiederti cosa c’è che non va e se possono fare qualcosa per te.
In Australia la gente parla, ma te ne accorgi solo quando sei nei locali, solo quando parlano tutti insieme.
E’ difficile notare due persone che parlano sull’autobus o su un aereo, a meno che non siano italiani.
Nella mia palestra di Sydney, la maggior parte delle persone si allenava e qualcuno parlava.
Nella palestra del mio paesino della riviera ligure, la maggior parte delle persone parla e qualcuno si allena.
E’ stata la palestra ad avermi scioccato. Io ero abituata a farmi un mazzo tanto a Sydney e a parlare poco o niente anche perché vedevo tutti quei fustacchioni e quelle fustacchione darci dentro, quindi la voglia di ciattellare mi passava. Vedevo i miei cuscinetti, poi guardavo la biondona senza un filo di pancia che correva a velocità massima sul tapis roulant e, assalita da un enorme senso di colpa, cominciavo anche io a correre (correre….velocità 6, ma quale correre?)..
Insomma, il tempo di parlare non lo avevo. Da grande “atleta” quale ero, uscivo dalla palestra tutta paonazza, in preda alla fame più nera e bruciavo in un secondo il mazzo fatto in palestra addentando qualche panino…
Ma quando ero in palestra sapevo che non c’era tempo da perdere e mi allenavo. Tutti facevano così. Poi magari dopo la palestra ti vai a prendere una cosa da bere, esci, ti diverti e parli quanto vuoi. Insomma gli australiani fanno le cose nei luoghi predisposti a farle. Si allenano in palestra, mangiano al ristorante e parlano nei pub.
Noi, semplicemente, ce ne freghiamo e facciamo quello che ci pare dove ci pare!
Bello, direte. Senza dubbio, aggiungo io. Noi italiani siamo essere grandi e unici.
Ma c’è un limite a tutto.
In questi mesi, nella mia palestra del paesello, non mi sono sentita molto a mio agio.
Abituata ai ritmi devastanti di Sydney, praticamente massacravo lo step ogni giorno: tutto il macchinario si muoveva al ritmo delle mie pedate da elefante, sudavo come un animale e cantavo le canzoni del mio Ipod senza cagarmi nessuno manco di striscio.
La gente della palestra era scioccata. Loro parlavano fra di loro e ogni tanto tiravano su un peso, strizzando gli occhi e urlando come se stessero tirando su due panche…
E mi fissavano. Chiedendosi chi fossi, da quale pianeta fossi atterrata e come potevo allenarmi senza mai parlare con nessuno.
So tutto questo perché questi “palestrati” hanno chiesto tutte queste cose a mia madre, la quale frequenta la palestra insieme a me.
I primi giorni tutti mi squadravano per capire chi fossi. Una volta accertato che non era un alieno ma semplicemente la figlia di una persona che già frequentava la palestra, mi hanno ignorato per un po’. Ma la pacchia è durata poco.
Visto il mazzo inconsueto che mi facevo in palestra, hanno cominciato a chiedersi come mai fossi arrivata proprio lì da loro, a rovinare la loro reputazione di culturisti della domenica: vedendo come mi allenavo io (che poi non facevo altro che fare addominali, qualche pesetto e tapis roulant a manett…non sono certo un’atleta!) devono essersi sentiti inadeguati…
Badate bene: nessuno di loro si è mai avvicinato per chiedermi, direttamente, chi fossi, cosa facessi, da dove venissi.
Era tutto un parlare, un fissare, un girarmi intorno per capirmi.
Io non ci facevo troppo caso, ero assorta nella mia musica e pensavo solo ad allenarmi.
Ma poi me le hanno fatte girare. L’effetto “spallucce” e “take it easy” ereditato dai miei amici australiani ha cominciato a vanificarsi…
E ho iniziato a guardarli male pure io. Stile cagnesco, stile lasciami perdere perché io ti lascio perdere quindi perchè non segui l’esempio e mi lasci perdere? Fila tutto, giusto?
E nello spogliatoio ho rischiato di esplodere.
Da un po’ di tempo veniva una signora anziana tanto dolce e carina, di quelle tipiche dei paesini, avete presente?
Di quelle che mentre fanno i pesi (mezzo chilo di manubrio) con un occhio guardano lo specchio e con l’altro ti osservano e ti sorridono con i denti marci, ti salutano e non ti perdono d’occhio un istante e ti scrutano da capo a piedi per vedere se hai perso qualche etto visto il mazzo che ti fai (con me non succede, ma io mangio come i pazzi, quindi…)
Ecco, io ho incontrato questa signora nello spogliatoio qualche giorno fa. Io e mia madre avevamo appena finito, ci stavamo cambiando per andare via. .
Ed era una giornata no. Avete presente, vero? Di quelle che non vuoi parlare con nessuno, che ce le hai girate e non vedi l’ora di andartene a casa.
La mia espressione faceva trasparire questo stato d’animo. Devo aver avuto il muso e gli occhioni semi chiusi. Insomma, si capiva che non sprizzavo gioia.
E quella signora che fa? Mi osserva mentre si sfila la tuta e mostra le sue gamboccie flaccide, mi osserva mentre si mette la giacca e si allaccia le scarpe, mostrandomi sempre quel sorriso marcio e finto. Scusate il tono in cui descrivo questa persona….ma dovevate esserci per capire….
Io guardo mia madre. Lei mi ricambia con un mezzo sorriso, della serie Ange ti prego smettila perchè ora scappo in bagno e scoppio dalle risate.
Mia madre è solidale in queste cose…
Allora riabbasso lo sguardo e spero che l’anziana signora se ne vada il prima possibile. Prima che io esploda e inizi a parlare in inglese. In Australia mi succedeva il contrario, quando mi incazzavo parlavo italiano… :-D
Ma lei non desiste. Guarda mia madre e le fa: “Sua figlia è stanca oggi, vero?”.
Cioè….io ero lì a pochi centimetri da lei e questa che fa? Chiede a mia madre come sto?
Ma come stai tu?????!!!!!!!!!!
Mia madre fa per risponderle ma la blocco con lo sguardo. Decido di rispondere io e, senza staccarle gli occhi di dosso dalla signora, le faccio: “Se non lo avesse notato, sono qui, signora, a due passi da lei. E ha ragione: sono molto, molto stanca”.
La signora non ha detto nulla. Ha sorriso ed è letteralmente schizzata fuori dallo spogliatoio.
Mia madre ha iniziato a ridere come una matta. Io l’ho seguita a ruota .
Da quel giorno la signora mi saluta, sorride di meno e non mi guarda più.
Non so se è un bene o un male, ma non posso farci nulla.
Sono una persona socievole, mi piace parlare con la gente ma adoro anche farmi gli affari miei.
E’ forse un peccato in Italia?
Perché devo rendere sempre conto di quello che faccio? Perché mi devo giustificare? Perchè non posso essere libera di essere invisibile QUANDO voglio essere invisibile?
Scusate lo sfogo, ma amo il mio paese, amo la nostra italianità, il nostro gesticolare e perfino il nostro urlare.
Ma certe cose, adesso, dopo la mia esperienza all’estero…ecco io certe cose non le capisco.
E non succede solo nei paesini. Questo modo di fare è ovunque nel nostro paese. Nelle grandi città, per esempio, se non sei vestito a modo o indossi un abbigliamento stravagante sei preso di mira manco fossi un alieno.
In Australia ho visto gente girare in pigiama. E l’unica a strabuzzare gli occhi ero io.
Provate a girare in pigiama in centro, a Milano.
Vi portano alla neuro senza neanche chiedervi chi siete.
Perché qui in Italia si fa così: si giudica, senza sapere, senza chiedere alle persone interessate, senza vagliare i motivi.
Ma cosa parlo a fare? Tanto anche io sono così, lo so.
Questo post è più che altro un’autocritica, non arrabbiatevi!
La Maga imbronciata