La storia di Israele e della Palestina è quella di un popolo che costruisce e di un popolo che distrugge. Ecco come si è arrivati alla situazione attuale. Prima della guerra, mentre gli ebrei costruivano le loro città, il Gran Mufti di Gerusalemme Hadji Amin chiedeva agli inglesi di cacciarli. Invitato ai convegni per la spartizione del territorio, Hadji Amin si rifiutava di presenziare se non fossero stati cacciati gli ebrei. Durante la guerra Hadji Amin non esitava ad allearsi con Hitler, ottenendo la promessa che appena possibile il Führer avrebbe mandato le SS in Palestina a spazzare via gli ebrei; in cambio spediva in Europa una legione di 10.000 palestinesi per aiutarlo nei suoi massacri. Dopo la guerra, mentre gli ebrei combattevano la loro guerra d’indipendenza contro gli inglesi, i palestinesi sobillati da Hadji Amin spalleggiavano i colonialisti. Nel 1946, quando veniva proclamato lo Stato d’Israele, Hadji Amin sobillava i palestinesi contro il nuovo Stato già aggredito da tutti i paesi circostanti, provocando una guerra civile che dava origine all’attuale problema dei rifugiati. Nel 1948, invitato alla conferenza di Rapallo per la fondazione di uno Stato palestinese, Hadji Amin rifiutava l’invito e minacciava di morte ogni palestinese che lo avesse accettato. Morto Amin, la sua eredità è stata raccolta da Hezbollah e da Hamas che hanno continuato a sabotare scrupolosamente ogni tentativo di fondare uno Stato palestinese.
Nel 1967, uscito vittorioso dalla Guerra dei 6 Giorni, Israele allargava ulteriormente i confini e il suo esercito sarebbe arrivato fino al Cairo se l’Unione Sovietica (che all’inizio della guerra aveva accolto con favore l’aggressione dei paesi circostanti mettendo il veto a un intervento pacificatore dell’ONU), non avesse minacciato la III Guerra Mondiale se l’esercito israeliano non avesse fatto subito marcia indietro. Una risoluzione dell’ONU ingiungeva a Israele di lasciare i territori occupati tornando ai confini anteriori al 1967, e anche in questo caso per Israele si è fatta un’eccezione, perché da che mondo è mondo, alla fine di una guerra ognuno si tiene i territori occupati al momento del cessate il fuoco. Israele non ha reso i territori e molti hanno pensato che la causa principale della crisi del Medio Oriente fosse la terra.
Invece no. La terra era un falso problema, lo era sempre stato. Un bluff. A scoprire il bluff è stato il Primo Ministro israeliano Barak nel 2000 a Camp David, quando ha offerto ai palestinesi tutta la terra che avevano chiesto. Arafat, il 'laico" capo dell‘OLP, è stato vicino ad accettare, ma le minacce di morte degli islamisti di Hamas gli hanno fatto cambiare idea. Non scorderò mai il suo sogghigno trionfante e le dita a V quando è sceso dall’aereo in Palestina al ritorno da Camp David. Che cosa credeva di avere vinto? Aveva gettato al vento l’ennesima occasione di dare una patria al suo popolo, cedendo alle pressioni di chi, per stupido bigottismo, non poteva tollerare un vicino di religione diversa. Il problema non era la terra. Il problema era che una minoranza di palestinesi non voleva il proprio Stato, per non dover riconoscere uno Stato non islamico ai propri confini e poter continuare a combatterlo. Questa minoranza ricattava la maggioranza, che chiedeva soltanto di avere una patria e vivere in pace.
Per questo la richiesta di Mahmoud Abbas all’ONU perché la Palestina sia riconosciuta come Stato ha qualcosa di eroico. Se Arafat era un codardo, Mahmoud abbas è un eroe. Lo ha detto chiaro: “Per 66 anni abbiamo gettato al vento ogni occasione di creare il nostro Stato. Abbiamo perso troppo tempo.” Sa di rischiare la vita, perché i bigotti israeliani e palestinesi cercheranno di ucciderlo. Ma con il suo gesto obbligherà tutti i giocatori a mettere le carte in tavola, scoprendo ogni bluff, denunciando chi si rimangia la parola dopo avere blaterato per anni che i palestinesi devono avere uno Stato. Ecco perché il suo sforzo disperato merita l’appoggio della comunità internazionale. Come ha detto Erdogan, di cui per una volta si può condividere il pensiero, “riconoscere lo Stato palestinese non e' un'opzione ma un obbligo.”
Dragor