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Maometto e il monte di Venere

Creato il 16 settembre 2012 da Tnepd

Maometto e il monte di Venere

Per la miseria, mi riconnetto dopo mesi per pubblicare “Sommersi fino al colon” e scoppia di nuovo la terza guerra mondiale. Che tempismo.

Maometto e il monte di Venere

Pacifisti libici

Nessuna novità. Da che ho memoria, il Nordafrica è colonia occidentale. Prima europea, poi americana ed infine – e siamo ai giorni nostri – dell’attuale cartello di potere globalizzato che militarmente si fa chiamare NATO e politicamente ONU. Possiamo ben dire che oggi in Nordafrica non si muove foglia che la NATO non voglia.

Come abbiamo visto in passato, la primavera araba è stata un polverone mediatico-militare eterodiretto dai servizi atlantici allo scopo di trarre il massimo profitto dalla sostituzione dei tirapiedi moderati in carica da decenni (Mubarak, Muammar e via discorrendo) con nuovi tirapiedi d’indole più facinorosa in funzione della Terza Guerra Mondiale prossima ventura.

Il caso egiziano è forse, tra gli altri, il più paradossale. Ricordiamo che Bush padre (quello con l’aria meno tonta, amicone dello ‘zio di Ruby’ e di Osama) prese a sputare uranio impoverito sull’Iraq dell’ex socio Saddam con lo scopo dichiarato di portare pace e libertà. Il figlio, quello tonto d’aria e di fatto, proseguì a suon di droni tutto intorno al buco scavato dal padre per – a sentir lui – far guerra al terrorismo fondamentalista che, se la memoria non mi inganna, è il non plus ultra in quanto ad estremismo politico-religioso. Idem dicasi per gli interventi dell’era Obama in Libia, nel resto del Maghreb, in Afghanistan e Pakistan. Oggigiorno, come sappiamo, tocca alla Siria ed il ritornello non cambia: “Facciamo la guerra per portare la pace.” Non a caso gli hanno dato quel bel premio.

Maometto e il monte di Venere

Maometto Morsi

Sta di fatto che uno dei primi Paesi in cui la primavera araba ha completato le sue tappe è stato l’Egitto. Saltato il tiranno, estirpata Al-Qaeda, arriva la democrazia, fanno le elezioni e chi viene piazzato sul seggiolone più alto? Tale Morsi, di nome Maometto, capoccia dei Fratelli Musulmani, ossia degli estremisti islamici. Ma guarda un pò. Quindi, se è andata come ci hanno raccontato i giornali ed i telegiornali, gli egiziani sono una massa di imbecilli che prima si ribellano al tiranno perché vogliono maggiori diritti civili e poi votano in massa il partito del burqa. Se è andata come sostiene l’informazione di regime, anche gli USA sono dei polli che prima spendono e spandono per ribaltare i governi e poi si lasciano scappare la poltrona in favore proprio di quelli che erano andati lì a sopprimere. Se invece è andata come sostengo io, il pollo in ultima analisi sei tu. Per questo ho meno lettori del mainstream.

Insomma, cosa fa questo Morsi, che conveniamo essere un salariato a stelle e strisce, quando esplode – in penoso ritardo, come vedremo – il caso del trailer del film sul profeta Maometto? Esorta tutto il popolo egiziano a scendere in piazza ad indignarsi. Curioso. Parrebbe un vero ingrato questo Morsi. Per fortuna non se lo è cagato quasi nessuno.

Ma vediamo nel dettaglio questo ennesimo casus belli che i servizi stanno cercando di appiopparci. Se quanto ho letto corrisponde al vero, fino a ieri questo fantomatico film su Maometto non l’aveva visto praticamente nessuno. Qualcuno ha visto il trailer e magari non esiste che quello. Comunque, già dal trailer il messaggio sembra palese: il profeta Maometto viene dipinto come un puttaniere, o giù di lì.
Circa tre mesi orsono, si dice a luglio 2012, esce su Youtube questo trailer – mediocremente realizzato dai soliti personaggi loschi a cui abbiamo fatto il callo e la cui presenza nebulosa è ampiamente sufficiente a confermare l’artificiosità della faccenda – e nessuno se lo caga. Non se lo cagano negli USA, non se lo cagano in Europa e nemmeno i più pelosi ed integerrimi protettori della fede del mondo islamico. Non se lo caga nessuno benché il video sia online e la notizia venga rimbalzata già allora a livello internazionale. Insomma, alla stragrande maggioranza della gente non frega una mazza se un coglione realizza un video in cui Maometto va a mignotte (che poi sappiamo bene che se anche non ci va, sono le mignotte che vanno da lui).

Maometto e il monte di Venere

Una scena del trailer

Machissenefrega! Chissà quanti ce ne sono in rete e negli hard disk dei computer del mondo! Ci sono video in cui Gesù salta la fila in posta, altri di Buddha al MacDonald’s, altri del Dalai Lama a braccetto con la meglio dirigenza della CIA, altri di Fidel Castro a passeggio col suo mentore gesuita, altri di Babbo Natale che entra dalla porta invece che dal caminetto. Ogni profeta degno di questo nome ha qualche detrattore, talvolta maleducato, ed un numero imprecisato di scheletri nell’armadio. Vabbuò, chissenefrega. E invece stavolta a qualcuno pare fregar qualcosa: a un centinaio di esaltati in Tunisia, altrettanti in Marocco, Sudan, Algeria, Kenia, Iraq, Pakistan, Indonesia, Egitto per l’appunto e persino in Australia. Un’ottantina qua, duecento là, una ventina qui, una trentina lì. Tutti, come detto, in penoso ritardo dalla pubblicazione del video, però tutti lo stesso giorno (quello in cui la tournée estiva del re dei ciucciapisellini passa dal Libano) e tutti incazzati per la stessa ragione: quel video su Maometto porcellone che per tre mesi nessuno si è cagato di striscio. Tutti armati di videocamere, bandiere e benzina – mavalà? – e tutti concordi, a migliaia di chilometri di distanza l’uno dall’altro, sulla strategia da seguire: attaccare le ambasciate americane, inglesi e tedesche. Se vanno in ordine d’importanza, siamo in una botte di ferro.

Maometto e il monte di Venere
Venerdì, di prima mattina, il presunto voltagabbana Maometto Morsi – dipendente NATO – e i suoi soci predicatori salafiti esortano il popolo ad indignarsi. Non lo fanno perché quel giorno gliel’hanno tagliata male ma perché questo è proprio ciò che hanno ordinato i padroni, perché in tutto l’Egitto hanno trovato soltanto qualche centinaio di perdigiorno disposti a partecipare alla pagliacciata, perché ogni mezzo è buono per simulare l’ennesima rivoluzione che non c’è. Poi ovviamente Morsi manda l’esercito a difendere le ambasciate e ritratta perché – oh! – c’è modo e modo. L’avevano frainteso, cribbio.

Beh, dopo la rivoluzione dei telefonini e quella di Twitter, siamo alla rivoluzione di Youtube. Non c’è da stupirsi, da che mondo è mondo ogni spettacolo ha i suoi sponsor. E’ una questione di marketing.

E se Maometto non alza il culo dalla sedia, mi sa che a breve sarà il marketing ad andare da lui.


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