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Marchionne e lo scambio con i diritti

Da Brunougolini
E’ una provocazione, come la definisce l’autore, Massimo D’Alema, sull’ultimo numero della rivista  “Italiani europei”.  Affronta i temi del lavoro oggi e polemizza con coloro che parlano “come se a maggiore lavoro dovessero necessariamente corrispondere minori tutele”.  Non lo nomina ma si potrebbe pensare al caso Pomigliano. Ed ecco la provocazione: “Si potrebbe addirittura arrivare a considerare il ricorso al lavoro nero e irregolare, quello per definizione con minori diritti, come la via più efficace per creare occupazione”. L’intento dell’autore è però quello di richiamare la sinistra a “rimettere le radici nel lavoro, “senza indulgere in risposte basate su scelte puramente difensive”. Non è nemmeno l’invito ad accontentarsi di trovare come nel passato riferimenti solo nel “vecchio lavoro fordista-taylorista”.
E’ questa, tra l’altro, un’accusa rivolta da alcuni anche alla recente manifestazione dei metalmeccanici a Roma vista come un  raduno di lavoratori delle grandi fabbriche. Un’osservazione che non tiene conto che anche in questo settore le grandi aziende hanno ceduto il passo a una miriade di imprese piccole e medie, dove convivono lavoratori standard accanto a dipendenti degli appalti, lavoratori a progetto, stagisti, partite Iva. Una frammentazione estesa e nuova, presente, almeno in parte, anche nei cortei romani. 
Sono le “fratture” su cui indaga D’Alema auspicando la ricostruzione di “un nesso di solidarietà”, attraverso “un’articolazione delle lotte sociali, un mutamento delle strutture contrattuali e un ampliamento della capacità di rappresentanza sindacale”. Nello stesso numero di Italiani Europei appare un denso saggio di Alfredo Reichlin,  “Il lavoro e la persona umana”, tutto rivolto al Pd. Oggi, scrive,  “proprio nel lavoro moderno – così disprezzato e reso precario – sta il fattore principale di contraddizione con il dominio di un’oligarchia finanziaria….”.  E aggiunge:  “Bisogna riscoprire questa parola che sembra dimenticata:  lotta…”.  Non per tornare al passato, “allo scontro di classe contro classe“.  Semmai contro l’uso dissennato di una flessibilità  che alla fine riduce tanta parte delle nuove generazioni al precariato. E aggiunge: “Non basta la cultura dei diritti, occorre dare una rappresentanza politica al lavoro moderno”.Sono solo alcuni spunti di una vasta riflessione. Mentre, su sponde oggi in parte diverse, appare stimolante un altro saggio pubblicato sull’ultimo numero di “Critica Marxista” a firma del direttore Aldo Tortorella (“Dall’articolo 41 a Pomigliano”). Con una conclusione stimolante: “Il guaio è stato l’abbandono – da parte della sinistra moderata, maggioritaria – della connessione tra democrazia e lavoro e lavoratori, e – da parte della sinistra alternativa – il rifugio nel rivendicazionismo… E’ tempo di risvegliarsi dal nuovo sonno dogmatico…”.

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