Un testimone afferma che un meccanismo di sicurezza della piattaforma Deepwater Horizon della Bp si danneggio‘ settimane prima dell’esplosione nel Golfo del Messico.
La Bp fu allertata, ma riparare il contenitore di controllo avrebbe significato sospendere temporaneamente l’estrazione dal pozzo, in un momento in cui al colosso petrolifero britannico tenere in piedi l’impianto costava 500mila dollari al giorno. Il congegno non fu riparato, ma si decise di chiudere il sistema e passare ad un altro. Purtroppo quel meccanismo che doveva evitare che avvenisse un’esplosione, sappiamo, non funzionò.
Su questo particolare si era già discusso ma ora emergono dettagli riportati dai tecnici che effettuarono la manutenzione: “Vedemmo una fuga e informammo l’azienda”, ha raccontato Benton, al programma d’inchiesta Panorama. “Hanno una sala controllo da dove possono disconnettere il meccanismo e attivare il sostitutivo senza interrompere la produzione”.
La Bbc ha anche consultato un esperto di perforazioni petrolifere, il professore Tad Patzek, dell’University of Texas, il quale ha dato un giudizio molto severo: “E’ inconcepibile: se hai qualsiasi indizio che il ‘blowout preventer’ non funzioni adeguatamente, lo devi riparare appena possibile”. Benton, che ha citato in giudizio Bp e Transocean per negligenza, ha aggiunto: “Si facevano troppo cose tutte insieme. Si sarebbe dovuto fare tutto piu’ lentamente e singolarmente, per fare in modo che tutto fosse fatto a dovere”.
Miserie umane che si rincorreranno a lungo e che tristemente confermano ancora una volta che l’utile e il profitto economico sono davvero gli esclusivi denominatori comuni, i valori fondanti della nostra società.
Il profitto, regna incontrastato, valore assoluto sul quale si commisurano tutti i possibili ulteriori sensi dell’agire.
Una società umana che dovrebbe essere nata per tutelare la vita e che dovrebbe avere un senso solo se tutela la vita.
Le scelte legate agli interessi e alle motivazioni economiche hanno un posto centrale nella nostra società dimostrando che il profitto è prevalente, illumina a giorno, tronca le relazioni, spezza i vincoli interpersonali e guida le scelte di imprese che decidono di non essere eticamente attenta alle conseguenze e alle ripercussioni, anche future e indirette, che il loro agire avrà sull’ambiente e sulla vita umana.
Mi aggrappo all’idea che questa catastrofe faccia comprendere agli imprenditori che in futuro agiscano al di là di considerazioni e calcoli di convenienza.
Sarebbe davvero triste se anche questa catastrofe diventasse l’ennesima perduta occasione per cercare insieme una nuova dimensione di vita che valga davvero la pena di impegnare la nostra terrena esistenza, reazione vera ad un modo falso e inumano di intendere il lavoro e le sue logiche.