Magazine Poesie

Marilena Salvarezza, Bacche d’oro e spini

Da Fabry2010

Pubblicato da giorgiomorale su giugno 7, 2012

Marilena Salvarezza, Bacche d’oro e spini

La dieta migliore

Quale
la dieta migliore?
Senza dubbio
quella del dolore
snellisce fianchi,
smuove cuscinetti
e così con ossa levigate
affronti la fine dell’estate.

*

Misteri bucati

Neppure il mistero
è quello di una volta.
Svuotato dai tentativi
di penetrazione
ha perso il sapore
di rivelazione.
Che gusto c’è a morire
senza curiosità per l’avvenire?

*

Improvvisazioni

L’unica vita
è una prova generale
recitata male.
Si sbagliano personaggi
battute e tempi,
si fa improvvisazione.
Perché non è concessa
un’altra
rappresentazione?

*

Appunti per acquisti

Cioccolatini per disperazione,
deodorante per idee malvagie;
braciole di carnalità,
acqua minerale
per depurare
le scorie di dolore.
Frutta per spremere
succhi di vigore.

*

Tutto sommato

Sdraiata sul lettino,
il costume un po’ sgambato
penso che,
tutto sommato,
ho avuto il sole del mattino.
Ora che è quasi sera
va bene una brezza leggera.

*

Perfezione in tarda età

La giornata perfetta
nasce senza fretta:
la mente bighellona
sdraiata in poltrona.
Non ha ieri né domani
il libro tra le mani.
Nessuno ti è vicino,
che giorno divino.

*

Rose rosse

Rose rosse,
poste tra le braccia
già colme di dolore.
Fiori di campo sul cuscino
a dirti che l’addio
era vicino.
C’è un fiore
per ogni tradimento
dell’amore.

*

Mancanze

Sì l’acqua è insegnata
dalla sete
come l’amore dalla nostalgia
forma e sostanza
è la mancanza.

*

Vivere l’amore

Vivere l’amore
della fine,
quello che per mani
conduce a morte sazi di vita.

*

Non sanguina più

Ora solo in sogno,
amore viene
limpido di nostalgia.
Evapora il desiderio
e il corpo non sanguina più.

* * *

Breve nota

Un titolo ossimorico, “bacche d’oro e spini“, e l’ossimoro è una figura che appare di frequente in questa raccolta poetica di Marilena Salvarezza, dove troviamo ad esempio “crepuscoli d’albe“, “assenza che trabocca“, “mistero casalingo“, “felicità infelice“, “petali di gelo“.

Un titolo ossimorico che bene ci introduce al contenuto della raccolta, in cui “bacche d’oro” e “spini” cozzano suscitando scintille di sensibilità e intelligenza. Intelligenza che si esprime ora con le pungenti forme dell’ironia ora nelle più distese forme della sentenza e dell’aforisma, mentre la sensibilità ad essa commista onora bacche e spini con la stessa pacatezza. Una pacatezza mai rassegnata né disarmata, in cui i due elementi convivono sorgendo da un comune sostrato naturale che li contiene e li alimenta.

L’io poetante trova in sé sia la sapienza del vissuto e dell’esperienza, sia la natura che gli permette di accogliere e fronteggiare senza esasperazione la condizione umana con i suoi limiti e i suoi eventi tristi e lieti, i suoi “disordinamenti & disorientamenti“, le disarmonie e le improvvisazioni. L’esistenza vale sempre la pena di essere vissuta, ci dice, dopo “il sole del mattino” viene “una brezza leggera“, e anche se il mistero è bucato andremo alla morte “sazi di vita” e invocando “niente resurrezioni, per favore“.

E’ una sorta di poesia del distacco, dunque, che mentre rammemora i doni della vita – l’infanzia, il padre, la figlia, i nipoti, le avventure, gli amori – lentamente li saluta con una voce misurata e garbata di una classica leggerezza, limpida nel costrutto eppure suggestiva di domande, silenzi e interstizi.
(Giorgio Morale)


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