25 AGOSTO – “Ho sognato la bellezza per lo più a occhi aperti. Ho sognato di diventare tanto bella da far voltare le persone che mi vedevano passare.” A distanza di cinquant’anni dalla morte di quella che viene definita “l’ultima vera diva di Hollywood”, il sogno di Marilyn Monroe, al secolo Norma Jeane Baker, sembra essersi realizzato. È il mito delle donne di tutto il mondo, il suo viso lo si trova rappresentato ovunque, dalle pubblicità alle lattine della Pepsi, gli uomini di tutte le generazioni sono ammaliati dalle sue forme e dai suoi ammiccamenti. Ma chi era veramente Marilyn?
Norma Jeane nasce a Los Angeles il primo giugno 1926, figlia di Gladys Pearl Monroe e di padre ignoto. “Nomen est omen” dicevano i latini; la madre la chiama come due delle sue attrici preferite: Norma Talmadge e Jean Harlow (venne erroneamente aggiunta una “e” finale). Ritenuta mentalmente e finanziariamente instabile, Gladys non può fare altro che affidare la piccola Norma Jeane ad altre famiglie, ad orfanotrofi e a case- famiglia, dove subisce violenze psicologiche e molestie sessuali. Sono i presupposti della futura insicurezza che caratterizzerà la vita della diva.
Il 19 giugno 1942 Norma Jeane, all’età di sedici anni, si sposa con James Dougherty . Sarà il primo dei tre matrimoni infelici che contribuirono all’aggravarsi della stabilità psicologica di Marilyn, come lei stessa dichiarerà: “Non sono stata abituata alla felicità: è qualcosa che non ho mai dato per scontato, ma pensavo che sarebbe arrivata con il matrimonio”. Ma gli Stati Uniti sono in guerra, Dougherty si arruola nella marina mercantile e Norma Jeane lavora in una fabbrica di Los Angeles dove si realizzano materiali bellici. Ed è proprio questa occupazione che la sprona ad entrare nel mondo dorato dello spettacolo: nel giugno 1945 David Conover si presenta allo stabilimento per fotografare “ragazze che tenessero su il morale delle truppe al fronte” per la rivista “Yank”; egli la esorta ad intraprendere la carriera di modella e per quelle immagini viene eletta “Miss lanciafiamme”. Il matrimonio con Dougherty naufraga e Norma Jeane inizia a posare per diversi fotografi. Proprio uno di questi servizi fotografici arriva alla più importante agenzia pubblicitaria di Hollywood. È la svolta. Norma Jeane inizia la metamorfosi che la trasformerà in Marilyn: i capelli castani diventano biondi e i sorrisi timidi che erano apparsi sullo “Yank” si trasformano in sguardi ammiccanti. Un anno dopo essere stata eletta “Miss lanciafiamme”, Norma Jeane firma il suo primo contratto cinematografico e le viene dato un nuovo nome: Marilyn Monroe. Dopo tre anni di parti minori, dopo alcuni piccoli ritocchi di chirurgia plastica al naso e al mento, per rendere più morbido il suo aspetto, e dopo alcune foto senza veli che la fanno conoscere in tutto il mondo, grazie alla rivista “Playboy”, appena fondata, la donna era pronta a diventare la diva.
La giostra inizia a muoversi sempre più velocemente. Film famosi come “Gli uomini preferiscono le bionde”, “Come sposare un milionario”, “Quando la moglie è in vacanza” e “Fermata d’autobus” vengono girati in soli tre anni. Marilyn Monroe è ormai una diva, una sex-symbol che fa girare la testa a migliaia di uomini. Ma dietro alla diva Marilyn, che lima i tacchi per avere una camminata più ondeggiante, c’è la donna Norma Jeane ,che prima di girare una scena viene colta da attacchi di panico e che inizia a mostrare i primi segni di turbamento psicologico. Nel ’54 si sposa con il giocatore di baseball di origine italiana Joe DiMaggio. Sarà un matrimonio tormentato, tra la violenza e la gelosia dello sportivo e la vita mondana dell’attrice e durerà solo pochi mesi. Durante la loro luna di miele in Giappone, Marilyn si reca dai soldati statunitensi feriti e canta per loro: nei tre giorni che trascorre nel campo, si esibisce per circa tredicimila militari.
La diva è sempre più irrequieta. Tutti la considerano una sex-symbol, ma lei stessa ammette: “Non desidero niente altro. Uomini, denaro, amore, ma solo il talento per recitare”. Vuole diventare una vera attrice, impegnarsi anche in ruoli drammatici; è per questo che nella primavera del 1955 si sposta a New York per studiare all’Actor’s Studio, con Lee e Paula Strasberg. Nel giugno dell’anno seguente si sposa, per la terza e ultima volta, con il commediografo Arthur Miller; nello stesso periodo fonda una propria casa di produzione cinematografica, la “Marilyn Monroe Production”, il cui unico film prodotto è stato ” Il principe e la ballerina” di Laurence Olivier, girato nei pressi di Londra, per il quale Marylin sarà premiata da Anna Magnani con il David di Donatello per la migliore attrice straniera. È di questo periodo passato in Inghilterra che tratta il film del 2011 “Marilyn”, di Simon Curtis. In seguito al periodo trascorso a Londra, il rapporto tra la diva e Miller si deteriora sempre più: lei sente il bisogno di un figlio ma, malata di endometriosi, le è impossibile portare a termine una gravidanza; addirittura una delle tante leggende che circolano su di lei è che abbia avuto una quindicina di aborti spontanei.
Nel 1958 gira uno dei suoi capolavori, “A qualcuno piace caldo”. Il regista, Billy Wilder, parlando delle riprese dirà: “lavorare con Marilyn era così difficile perché era del tutto imprevedibile”, definendola poi un “genio assoluto come attrice comica”. Marilyn vince il Golden Globe come migliore attrice in un film commedia o musicale, presentandosi al ritiro del premio in un evidente stato di ebbrezza.
Inizia la decadenza: sempre più spesso va da uno psichiatra di Los Angeles, il dottor Ralph Greenson, soffre di insonnia, assume grandi quantità di farmaci, di alcol e di droghe.
Il 1960 è un anno importante: firma il divorzio da Miller e gira il suo ultimo film, “Gli spostati”, la cui sceneggiatura era stata realizzata proprio dall’ex marito, in cui interpreta un personaggio scritto appositamente per lei . Durante la produzione del film, le condizioni psico-fisiche di Marilyn peggiorano sempre più: fa costante uso di sonniferi e alcol, i suoi ritardi sul set sono abituali e mal sopportati dal co-protagonista Clark Gable, che morirà pochi giorni dopo la fine delle riprese, a detta della moglie proprio a causa dello stress procuratogli dai ritardi dell’attrice.
Nel febbraio del 1961 Marilyn si fa ricoverare volontariamente sotto il falso nome di Faye Miller al Payne Whitney Psychiatric Clinic, l’ospedale psichiatrico di New York; quando la permanenza nella casa di cura diventa per l’attrice una sorta di detenzione, l’ex marito Joe DiMaggio riesce a farla uscire e a trasferirla al Columbian Presbyterian.
Il 19 maggio 1962 il Madison Square Garden diventa teatro di un evento indimenticabile: durante i festeggiamenti per il compleanno del presidente John Fitzgerald Kennedy canta davanti a circa quindicimila persone “Happy Birthday, Mr. President”, indossando un abito color carne; il presidente la ringrazia dicendo :”Adesso, dopo aver ascoltato degli auguri così dolci, posso anche ritirarmi dalla politica”. In questo periodo infatti intrattiene una relazione scandalosa con il presidente ma anche con il fratello Bob, che sarà il suo ultimo amante. Alla fine di luglio, Marilyn si diceva soddisfatta per le opportunità che aveva a sua disposizione (un contratto con una casa di produzione italiana del valore di 10 milioni di dollari per quattro film, dei quali sarebbe stata regista, sceneggiatrice e attrice ), di non essere “mai stata meglio” e di “essere di ottimo umore”.
Ma il destino rema contro di lei. Il 5 agosto 1962, all’età di trentasei anni, viene trovata morta nella sua casa di Los Angeles, senza vestiti e con in mano la cornetta del telefono. Secondo il dottor Thomas Noguchi, che ha eseguito l’autopsia, la morte di Marilyn è stata con “alta probabilità” un suicidio, dovuta a un’overdose di barbiturici; nel corpo dell’attrice trova tracce di idrato di cloralio e Pentobarbital. Un grande alone di mistero circonda la tragica fine dell’ultima diva di Hollywood. Suicidio? Un errore nel dosare le sostanze che abitualmente assumeva? Un complotto dei Kennedy? Probabilmente non si saprà mai la verità.
Insomma, la breve ma intensa vita di Norma Jeane Baker ha molti lati oscuri e molte leggende circolano sul suo conto. Sono proprio questi dubbi che la rendono un personaggio tanto affascinante.
La donna che dormiva con addosso solamente una goccia di Chanel n. 5, la donna che era tutt’altro che una “dumb blonde”, ma che in realtà amava leggere libri di arte, psicologia, filosofia e poesia, la donna che avrebbe voluto far incidere le proprie misure sulla sua lapide, ma che si è dovuta “accontentare” di un freddo “1926-1962”, questa donna è diventata un simbolo: chiunque a sentir pronunciare il suo nome pensa al suo vestito plissettato bianco alzato dal passaggio di un treno della metropolitana, al suo neo sulla guancia, alle sua labbra rosse e ai suoi riccioli biondi. Una donna moderna, coraggiosa, intelligente, ma probabilmente con un background troppo pesante che l’ha portata ad un declino inarrestabile. Questa donna e la sua vita possono essere riassunte in una frase da lei stessa pronunciata: “Vorrei essere felice. Ma chi lo è? Chi è felice?”.
Petra Luna Carli