Nel mondo della musica e dell’intrattenimento esistono nomi che difficilmente spariscono dalla mente del pubblico, anche se per anni non compaiono più da nessuna parte. Inevitabilmente però, accade che questi nomi tornino a comparire su giornali e riviste, e quasi mai passano inosservati. All’alba del 2015, uno di questi nomi, forse il più discusso di sempre, è tornato sulla bocca di tutti: Marilyn Manson, il demone, il profeta della controcultura americana per eccellenza. Tutto è cominciato con il cameo nella serie tv Sons Of Anarchy: una trovata pubblicitaria non indifferente, volta a rinfrescare la memoria alle masse in vista dell’uscita del suo nuovo album: The Pale Emperor.
A distanza di tre anni da Born Villain, Marilyn Manson è tornato in studio per lavorare al suo nono album, ma nel frattempo molte cose sono cambiate nella vita di Brian Hugh Warner: Il cantante statunitense ha infatti dichiarato di aver dato una radicale svolta alla sua vita quotidiana, con una conseguente rivoluzione di pensiero, sia come uomo, sia come artista. Inutile dire che tutto ciò ha influito in modo cruciale sulla sua musica, dando vita ad un album insolito, ma indubbiamente di qualità: una rinascita spirituale fatta di suoni, atmosfere e sensazioni più adulte e mature, conservando come sempre l’intento di scuotere le coscienze narrando la dissoluzione e il declino della società attraverso i suoi sempre vigili occhi.
Facendo un breve riassunto della sua carriera, possiamo affermare senza dubbi che proseguendo attraverso il nuovo millennio, la musica di
Manson è diventata sempre meno importante per la maggior parte degli ascoltatori a causa di un’immagine e di un messaggio che ha perso di credibilità nel corso degli anni. Non a caso, ogni fan che si rispetti sa benissimo che sin da Holy Wood (2000), Manson ha cominciato una lenta ed inesorabile involuzione artistica, tanto da definirlo morto per sempre nel 2012. Da allora però, il cantante si è ritirato alla ricerca di se stesso e la sua vera natura, questa volta umana, ha preso il sopravvento sul suo personaggio, definito proprio da lui come “inquisitore di un sistema impossibile da sovvertire”.
All’alba del 2015 Marilyn Manson si dichiara un uomo nuovo: un (quasi) ordinario 46enne, amante degli animali, della tv e dell’ozio sul divano. Ma in questo scenario di apparente normalità, Manson non ha perso la passione e la volontà di fare musica e di scrivere testi. Proprio tramite questi, ci si rende conto della sua rinascita: The Pale Emperor si rivela un disco di qualità per suoni e melodie, suggellato dalla caratteristica voce graffiante di Manson, che si rivela non più profeta del disordine, ma bensì predicatore di una rivolta silenziosa, fatta di dissenso e di rassegnazione: un album emancipato, elegante, con testi sempre dissacranti ma più consenzienti e consapevoli.
L’album apre con “Killing Strangers”, un blues dai ritmi lenti e dai suoni avvolgenti, per poi proseguire con “Deep Six”, brano decisamente più rock, destinato a diventare una hit per tutti i fan e non solo. Si prosegue con “Third Day of A Seven Day Binge”, singolo di lancio, considerato da lui stesso un brano simbolo del suo nuovo io: “Grazie a questa un sacco di ragazze si pagheranno il college, se sono spogliarelliste”. Un bluegrass amaro ma gustoso, il cui testo sembra raccontare storie di ozio e noia, ma anche una intensa settimana passata ad assumere droghe. “The Mephistopheles of Los Angeles”,si conferma degna della precedente e va a consolidare definitivamente la cifra stilistica del nuovo Marilyn Manson: una chiara influenza R’n’B e Southern, frutto della preziosa collaborazione con Tyler Bates, noto compositore per la tv e il cinema. Già da qui possiamo apprezzare la nuova matrice di Manson, molto meno industrial e dissacrante, ma molto più introspettiva ed intrigante.
Il disco continua e scorre senza intoppi. Tra le tracce successive spiccano senza dubbio “Slave only dream to be king” e “Cupid carries a gun”, due brani che fanno da anello di congiunzione con le vecchie sonorità industrial/noise dei vecchi tempi. La conferma dell’ottimo lavoro arriva con la closing track “Odds of Even”, un blues cadenzato e lento dall’atmosfera morbosa e delirante: una vera perla che difficilmente lascia indifferente chi la ascolta. Dopo questa, ci si chiede come mai il disco sia già finito, quasi come se avessimo ascoltato il lato A di un disco soft. The Pale Emperor è un disco rock a tutti gli effetti, smussato molto bene con dei brani molto suggestivi e mai noiosi. I suoni risultano notevolmente ripuliti dalla ruggine dell’industrial, e sembrano essersi accomodati in luoghi più comodi e caldi, nel territorio di bauhaus e depeche mode, con qualche scappatella allo strip club o in qualche locale buio.
A fronte di un ascolto attento non si può dire che il rumore precedente a questo album sia stato vano: The Pale Emperor è stato presentato al pubblico come una rivoluzione stilistica, e basta ascoltarlo per accorgersi che nessuna promessa è stata infranta. Il nuovo Marilyn Manson si è finalmente rivelato come il cantante di talento che è sempre stato, ma che spesso, a causa del suo personaggio, è stato etichettato come finto e sopravvalutato. Grazie a questo disco, si prevede un’annata favorevole per lui e per tutti i suoi fan: una risposta eloquente a chi lo dava per spacciato. Per chi volesse assaporare alcuni di questi brani, oltre alle immancabili hits del Reverendo, l’appuntamento è il 17 giugno all’Alcatraz di Milano.
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