Anna Lombroso per il Simplicissimus
La montagna stavolta non ha saputo partorire nemmeno un topolino a meno che non siano le feroci “zoccole” che si avvantaggiano dalla crisi dei rifiuti nella Capitale d’’Italia. E la rivoluzione del sindaco Marino non ha prodotto neppure una repubblica romana, breve ma ispirata dall’utopia democratica del suffragio universale, dell’autonomia dai potentati della chiesa e del latifondo.
C’è proprio da temerlo questo partito dei sindaci: se Renzi dimostra che il suo sindaco – e anche il suo premier, peraltro – assomiglia sempre di più a un podestà, che vuol governare senza consiglio comunale e un domani possibilmente senza parlamento, con indiscussi e indiscutibili poteri decisionali, a tutela di espliciti interessi padronali e con una collaudata inclinazione alla propaganda con la quale divulgare e sostenere il nulla, l’inazione e l’impotenza. E se allo stesso modo il modello Roma somiglia a una scatola col fiocco e delle etichette che invogliano all’acquisto sì, ma di pezzi di città, di beni comuni, di suolo, di risorse e di monumenti, mentre all’interno è vuota di un progetto per la città.
Non ne imbrocca una, povero Marino: aveva promesso la pulizia e l’efficienza testate in una sala operatoria, ma andando avanti così altro che capitale corrotta nazione infetta, il contagio dell’approssimazione, dell’inadeguatezza, dell’incompetenza minacciano di mietere più vittime di una pestilenza.
Ve lo ricorderete, in burbanzose interviste aveva rivendicato il suo format di selezione del personale – ineccepibile e inattaccabile – proposto come un modello replicabile e consistente nella accorta cernita di candidature per pervenire alla scelta di amministratori e manager equipaggiati delle referenze di almeno 50 “testimonial” in gradi di garantirne capacità, integrità morale, preparazione. Già il primo esperimento era stato fallimentare, ancorché dotato di un bel mazzetto di attestati, il prescelto comandante dei vigili non possedeva i requisiti, quindi via! Occasione per il primario di presentare il fallimento come un successo del suo cammino verso l’assunzione di responsabilità che dovrebbe caratterizzare qualsiasi politico e amministratore.
Chissà come motiverà questa seconda ridicola performance della sua carriera di “cacciatore di teste”: Ivan Strozzi nominato amministratore unico, presidente e amministratore delegato della municipalizzata capitolina Ama, per fare pulizia nella pienezza del termine, della gestione dei rifiuti, selezionato dopo una lunga e accurata ricerca è oggetto di un’indagine in corso da parte della Procura di Patti (Me) per traffico illecito di rifiuti, inadempimento di contratti in pubbliche forniture e frode in pubbliche forniture in qualità di amministratore delegato di Enia, una multiservizi che opera in diverse città. Non è probabile che Strozzi sia indagato a sua insaputa e per dir la verità non è plausibile che lo sia anche all’insaputa del sindaco, ma forse i suoi sponsor erano più credibili del casellario giudiziario.
Ma fossero solo questi i problemi. Come i governi nazionali, il podestà di Roma dà vita a una superproduzione di buoni intenti e di appetitosi annunci, evitando accuratamente di far seguire alle parole i fatti. Non sappiamo se sia vero, come di dice, che ormai il partito che l’ha espresso abbia deciso di ributtare a mare il Marino che fa mostra di una strampalata autonomia, spacciandola per creativa indipendenza e per desiderabile autodeterminazione. E non sappiamo chi siano i suoi referenti, a meno che non siano effervescenti voci di dentro. Ma non può non inquietare sul destino della città, complicata, ma non meno di Città del Messico, San Paolo del Brasile, Dacca, sia pure con altrettanto vistose disuguaglianze, che l’annunciata rivoluzione copernicana sia sfociata nell’allarmante conferma dei più infamanti provvedimenti di Alemanno. “Cancellare e ritirare tutti gli atti dell’amministrazione Alemanno che aggravano il consumo di nuovo suolo agricolo”, aveva proclamato in campagna elettorale il candidato sindaco. E invece è stata pubblicata, sia pure con forti sospetti sulla sua legittimità, una delle delibere più contestate, tra quelle approvate in tutta fretta nell’ultima seduta di Consiglio comunale targato Alemanno: la 69/2012, con la quale vengono riconosciute all’Ater, Azienda territoriale per l’edilizia residenziale, e a numerosi proprietari privati di aree situate a Casal Giudeo compensazioni edificatorie. Per un totale di 1,3 milioni di metri cubi.
Piove cemento su Roma. e non solo. Ai suoi esordi, nel clima favorevole dalla fiduciosa attesa, ha reso pubblico l’elenco degli affitti passivi che il comune di Roma paga alla grande proprietà edilizia per lo svolgimento delle sue funzioni, e cioè per gli uffici comunali, le scuole e altro, per un ammontare di circa 100 i milioni che i cittadini romani trasferiscono alla rendita immobiliare. . Detto, ma non fatto. La pubblicazione di quella lista nera doveva essere preliminare alla lista della spesa degli investimenti in alloggi per i senza casa, aree ma soprattutto fabbricati da trasformare per coprire da subito la domanda di almeno 3mila alloggi per altrettante famiglie povere, applicando lo strumento principe della trasformazione urbana, il Print, previsto dal piano regolatore, ma rimasto sostanzialmente inutilizzato.
La pedonalizzazione incompiuta dei Fori resta l’appassito fiore all’occhiello della profonda trasformazione del traffico cittadino, se a fronte di una periferia che impiega mediamente due ore per raggiungere il centro, il sindaco ha proposto la realizzazione di tre nuove linee tramviarie che interessano sempre e soltanto il centro pregiato.
Così è solo una delle rivendicazioni di Marino a far testo: quella di essere un sindaco “marziano”. Più che dal Campidoglio infatti sembra che sia da Marte che governa Roma.