M. Davico, Colore e spazio n. 1,1962, cm 65 x 85
Si possono comprendere passaggi cruciali della storia dell’arte recente e delle mostre italiane senza averli, in qualche modo vissuti? Noi crediamo che non siano sufficienti l’osservazione e lo studio di qualche opera isolata in una istituzione museale – o a casa di un illuminato collezionista (Si veda il progetto 1000 MOSTRE di Mae Milano Arte Expo). Nemmeno un’antologica ben organizzata può, in realtà, restituire il clima culturale che ha portato un artista, una galleria, un curatore a scommettere su una mostra. La storia di ogni mostra, soprattutto nei decenni rifondativi del dopoguerra, ha subito e generato, al contempo, un effetto domino nel movimento complessivo delle arti che si confrontavano con le avanguardie (o le loro prosecuzioni), da un lato, e con una parte del mondo che, in piena guerra fredda, guardava agli Stati Uniti come decisiva, ricca, potente fonte di ogni novità e progresso. Basti pensare all’avvento della Pop Art americana, alla Biennale di Venezia del 1964: potremmo dire che lì – oltre che in politica – si consumò una grande vittoria culturale degli Stati Uniti verso l’Europa. Potremmo dire che, oltre al cinema, da lì in avanti gli Stati Uniti avrebbero dominato il Sistema delle Arti. A poco valse ricordare che veniva prima la pop inglese… Due anni prima di quel 1964, sempre alla Biennale di Venezia, si svolse una personale che giudichiamo importante ed estremamente interessante riproporre. E’ la mostra di Mario Davico che, con la curatela di Flaminio Gualdoni, verrà esposta dalla Galleria Bianconi di Milano al MiArt 2012, dal 13 al 15 aprile. “È rarissimo, oggi, poter ricostruire e riproporre nella sua interezza una mostra del passato. Ma è, oltre che importante, assai affascinante: è un clima che si riforma sotto i nostri occhi, una stagione del passato che ci appartiene e che ancora ci parla.”, afferma Renata Bianconi. Quei quadri di Davico dicono di un tempo in cui la pittura era amore, passione, scelta esclusiva autenticamente di vita, e ci riportano a quel momento in cui nel rigore dell’astrazione si insedia compiutamente il valore della “linea curva come forma naturale eminentemente organica”, secondo le parole dello stesso Davico.
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M. Davico, Colore e spazio n. 2, 1962, cm 63,5 x 84,5
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Galleria Bianconi
Mario Davico alla Biennale di Venezia del 1962
a cura di Flaminio Gualdoni
MiArt, Solo/Double - Stand B44
13-15 aprile 2012 - preview 12 aprile 2012
La Galleria Bianconi partecipa a MiArt 2012 con un progetto espositivo per la sezione Solo/Double: una vera e propria personale di Mario Davico, a cura di Flaminio Gualdoni, dedicata all’apparizione pubblica più importante dell’artista, la Biennale di Venezia del 1962.
M. Davico, Calma, 1962, cm 100 x 70
La scelta della Galleria Bianconi è cogliere MiArt come una nuova importante tappa nel lavoro che sta compiendo per restituire al mondo artistico una conoscenza compiuta dell’opera di questa figura cruciale per comprendere i corsi dell’arte italiana dei decenni Cinquanta e Sessanta.
Presente alla Biennale di Venezia già nel 1948, Davico aveva debuttato con una personale nel 1950 alla Galleria La Bussola di Torino, presentando un’astrazione geometrica sui generis, perfettamente inseribile nell’orizzonte italiano tra Movimento arte concreta e Astrattismo classico fiorentino, ma in totale autonomia e coltivato isolamento. Il suo lavoro continua a distinguersi con altre partecipazioni alla Biennale di Venezia, nel 1950 e 1952, e ad importanti mostre in Italia e all’estero: Torino, Milano, Roma, Firenze, Parigi. Il 1962 è l’anno della personale alla Biennale di Venezia.
In questa occasione, Davico espose otto opere che ne testimoniavano il passaggio ulteriore sulla via di una pittura fatta di canti cromatici e di forme essenziali, e in qualche modo archetipe.
Per la fiera, queste opere tornano a rivivere in un allestimento che riproduce interamente la sala che l’artista ebbe alla Biennale.
Questo risultato è frutto del lavoro di ricerca che con passione la Galleria Bianconi rivolge all’arte italiana della seconda metà del Novecento, e alla sua riscoperta nello scenario contemporaneo, grazie a personalità artistiche forti, che si distinsero, e continuano a farlo ancora oggi, per la proposta di una visione autonoma e individuale, pur in stretta relazione e confronto con il loro tempo. Oggi questa stessa ricerca anima anche i progetti della Galleria in ambito contemporaneo, con un’attività di sperimentazione che coinvolge artisti della scena nazionale e internazionale (è in corso, nella sede di via Lecco 20, fino al 12 maggio il terzo episodio di “Click or Clash? Strategie di collaborazione”, a cura di Omayra Alvarado e Julia Draganović, con Alexandre Arrechea, Maria Elvira Escallόn, Gian Maria Tosatti).
“È rarissimo, oggi, poter ricostruire e riproporre nella sua interezza una mostra del passato. Ma è, oltre che importante, assai affascinante: è un clima che si riforma sotto i nostri occhi, una stagione del passato che ci appartiene e che ancora ci parla.”, afferma Renata Bianconi.
Quei quadri di Davico dicono di un tempo in cui la pittura era amore, passione, scelta esclusiva autenticamente di vita, e ci riportano a quel momento in cui nel rigore dell’astrazione si insedia compiutamente il valore della “linea curva come forma naturale eminentemente organica”, secondo le parole dello stesso Davico.
Info:
Galleria Bianconi
Via Lecco 20, 20124 Milano (click: MAPPA)
Tel. + 39 02 91767926
[email protected]
www.galleriabianconi.com
in fiera:
Mario Davico alla Biennale del 1962, a cura di Flaminio Gualdoni
12 aprile preview
13/14 aprile dalle ore 12.00 alle ore 20.00
15 aprile dalle ore 11.00 alle ore 21.00
MiArt, Sezione Solo/Double
Ingresso Viale Scarampo, Gate 5, Padiglione 3
Stand B44
M. Davico, Due forme, 1962, cm 83 x 63
In galleria
Click or Clash? Strategie di collaborazione. Third Stage
Alexandre Arrechea, Maria Elvira Escallόn, Gian Maria Tosatti
A cura di Omayra Alvarado e Julia Draganović
fino al 12 maggio
Galleria Bianconi, via Lecco 20, Milano - (click: MAPPA)
Ufficio stampa:
maddalena bonicelli
[email protected]
Tel. + 39 335 6857707
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Mario Davico (Torino 1920-2010)
Mario Davico si diploma nel 1949 all’Accademia Albertina, assumendovi subito un insegnamento di pittura.
Presente alla Biennale di Venezia già nel 1948, debutta con una personale nel 1950 alla Galleria La Bussola di Torino, presentato da Albino Galvano, il quale gli riconosce “attraverso quel riserbo, attraverso la scarnitezza di quelle stesure magre, di quegli accostamenti piuttosto gustati come suggestione cromatica che come suggerimento spaziale”, una fisionomia astratta già distanziata anche “dalle malinconiche musiche grafiche della konkrete kunst cara agli architetti svizzeri e milanesi”. Si tratta di un’astrazione geometrica sui generis, perfettamente inseribile nell’orizzonte italiano tra Movimento arte concreta e Astrattismo classico fiorentino, ma in totale autonomia e coltivato isolamento.
In quel 1950, e poi nel 1952, è ancora alla Biennale di Venezia, mentre nel 1953 è tra i protagonisti di “Incontri Pittori d’oggi. Francia-Italia”, Torino, cui parteciperà anche nel 1955 e nel 1957, e alla “Mostra internazionale dell’astrattismo” a Roma. Ancora nel 1954 tiene una personale alla Bussola (dove esporrà anche cinque anni dopo) e nel 1955 alla Galleria del Fiore di Milano e alla Schneider di Roma; nello stesso anno è in “60 maestri del prossimo trentennio” organizzata da Carlo Ludovico Ragghianti a Prato, il quale in quell’occasione scrive per lui di “forma tanto penetrante quanto sorvegliata” la cui “persuasione sentimentale” nasce da “un fondo di calcolo e di controllo esigentissimi e di una raffinatezza rara”.
Nel 1957 è con una personale alla Strozzina di Firenze, introdotta da Luigi Carluccio che scrive: “Nella sua pittura, così tenace e spietata, tutto è ordinato al fine ed alla qualità dell’emozione: gli accordi raffinati di pochi colori senza impasto, in una loro gamma inedita o rara di verdi, di rosa, di azzurri, gialli, violetti e neri, in una loro percussione o eccitazione sensuale”. L’anno successivo è all’Ariete di Milano e alla Saletta degli amici dell’arte di Modena. Franco Russoli scrive per la mostra modenese: “Non negheremo che egli si aiuti con il cosciente appoggio alle delicate assonanze e dissonanze cromatiche, con l’equilibrio ritmico di composizioni spaziali. Ma resta sempre quell’improvvisazione del colore inatteso, quella deviazione dalla prevedibile regola astrattizzante, che testimoniano il filo continuo che lega l’immagine allo stato d’animo sincero”.
Tra le mostre pubbliche del tempo spiccano le presenze alla Galerie Charpentier di Parigi in “Ecole de Paris” nel 1960, alla Quadriennale di Roma nel 1960 e 1964, e la personale alla Biennale di Venezia nel 1962.
In seguito l’attività espositiva di Davico tende a rarefarsi sino a sospendersi, e l’artista si richiude nel “punto di maggior riservatezza, il cuore, il nocciolo della intimità gelosa e difesa”, come già annuncia Albino Galvano presentandolo alla Biennale del 1962. Prosegue l’attività pittorica, ma svincolandola ormai dal cursus espositivo ordinario, producendo, scriverà Paolo Fossati nel catalogo della mostra “Un avventura internazionale. Torino e le arti 1950-1970” al Castello di Rivoli, 1993, un “lavoro di grande significato e senso, seppure segreto all’ignoranza dei più”.
Nel 1994 Davico viene celebrato da un’antologica all’Accademia Albertina di Torino a cura di Giuseppe Mantovani. In una conversazione con Marco Rosci, Davico stesso vi ricorda la comunanza giovanile con Mattia Moreni nella “scoperta della potenzialità espressiva del colore puro accompagnata dalla semplificazione strutturale”, che sarà caratteristica di tutta la sua opera.
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