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Martedì, 11 settembre 2001

Creato il 10 settembre 2011 da Alesan
Martedì, 11 settembre 2001Paolo uscì dall'officina con in mano qualcosa. Stava pulendo, oliando o strofinando qualcosa, non lo so cosa. Mi guardò con la sua solita faccia che non vuol dire nulla e un sorriso si piegò sulle sue labbra. Io me lo ricordo così. Era un martedì, io mi ricordo che era un martedì. Tutti stanno sempre a dirsi che nessuno può dimenticare quello che stava facendo, il posto in cui stava, l'ora, la data... ma il giorno? Io mi ricordo che era un martedì. A Flushing Meadows era piovuto e la finale si era giocata di lunedì; Sampras aveva perso dopo aver battuto Agassi in semifinale nella più bella partita di tennis della storia, quella dei quattro set-quattro tie-break. E quindi era martedì. Paolo mi guardò con quel sorriso strano ed indifferente, quello che forse non ti deve dire nulla ma intanto sta lì e quindi tanto vale parlare.
"Un aereo si è scontrato contro una delle Torri gemelle" mi disse. Disse proprio così: scontrato. Come se la torre non dovesse essere lì in quel momento, come se avesse attraversato una strada aerea passando col rosso. Un incidente. "Sai uno di quegli aerei da turismo che girano sopra New York" mi spiegò, "quelli piccolini...." 

 Io gli avevo sorriso e gli avevo detto che, , capivo di cosa parlasse. Poco dopo Costa e Julius discutevano delle follie americane, di questi tour nei cieli in mezzo ai grattacieli, alle abitazioni. Era una follia, ma come cazzo si fa?, era un giorno normale in cui qualcosa dall'altra parte del mondo batteva il ritmo per far finire prima l'orario di lavoro. Era un martedì, e uno se lo ricorda perché il martedì ha l'aria del sorriso che avevamo io e Paolo in quel momento. Il martedì non vuol dire nulla, non ha senso di dare scosse alla gente. Non ha lo stress del lunedì, la speranza del mercoledì, i buoni propositi del giovedì, la gioia del venerdì. E' un martedì e basta. Inizia e finisce lì, non dà emozioni, scosse, turbamenti. Semplicemente passa, quasi chiedendo il permesso per farlo, nel più completo anonimato. E poi se ne va, come nulla fosse.
Dopo mezz'ora andai in officina a prendere qualcosa. Paolo stava lì, con l'orecchio attorno alla radiolina mentre continuava a lucidare, sgrassare, limare, oliare qualcosa... il sorriso era passato e mi disse che anche l'altra torre era stata colpita. Mi avvicinai alla radio. Nemmeno io mi rendevo conto di avere la faccia da martedì, di non avere più nulla da esprimere o capire. Ascoltai 10 secondi di radio e poi lo fissai. Gli dissi che "qualcosa non quadra, questo è un attentato". Mi sentii perso. La giornata proseguì al lavoro, tutti lavoravano ed ascoltavano la radio. Io mi sentivo come se quel lavoro fosse l'ultimo che facevo. Non aveva più senso nulla. Era solo martedì, era un maledetto martedì cazzo, nulla di più.
Ci volle un po' prima che ognuno di noi si perdesse in chiacchiere e soluzioni che non volevano dire nulla. Negli anni i ricordi ed i sentimenti si sono mischiati, gli sms di quel giorno, le immagini viste la sera, le telefonate, le paure, le congetture. Si è discusso di tutto, ci si è arrabbiati, si è litigato. Eppure ora non riesco a pensare ad altro che a Paolo che entra con in mano qualcosa, e mi arrabbio perché non ricordo cosa fosse... ricordo i corpi che si lanciano dalle Torri, ricordo le fiamme, il crollo, la paura. Ricordo la guerra in casa nostra e i vecchietti che tutto avevano già visto e vissuto e quindi non temevano più nulla. Ma non ricordo cosa avesse in mano Paolo e questa cosa mi manda in bestia. Perché vorrei ricordare tutto, anche quanti gradi c'erano prima che il fuoco esplodesse nel cielo. Ed invece ricordo mio padre. Il sorriso sbilenco di Paolo. Il mio cuore che impazzisce. Sampras che perde la finale. Ricordo che era martedì quella volta. Era solo un maledettissimo martedì.

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