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In se non è una gran notizia, D'Alema aggiunge il suo nome ad una lunghissima lista di politici e amministratori pubblici finiti indagati da qualche pubblico ministero, una delle cose più facili che possano al giorno d'oggi capitare ad un uomo pubblico.
Non voglio quindi speculare sulla vicenda giudiziaria, che a decidere sulla reale esistenza dei reati contestati saranno le autorità competenti e fino a qual momento Massimo D'Alema, come qualsiasi altro cittadino, deve essere considerato innocente, e nemmeno fare del sarcasmo sulla figura del Vice Conte Max, anche se indubbiamente la figura del comunista e semi aristocratico papalino per fa ridere fa ridere.
Quello che mi ha invece più colpito della vicenda, leggendo stamattina i giornali, è l'estrema cautela con la quale tutti i media hanno trattato la vicenda, non solo e non tanto per la scelta di mettere la notizia un po' nascosta, nei lati delle pagine interne, ma soprattutto nel pudore di nominare il reato che il Pm contesta al leader del Partito Democratico.
Quello che ben si comprende è che l'inchiesta è nata su presunti pagamenti a favore del Pd effettuati allo scopo di vincere degli appalti per delle forniture all'Enac e per i quali gli indagati, Viscardo e Riccardo Paganelli, imprenditori del settore, sono accusati di aver finanziato illecitamente il partito e, questo sarebbe il reato contestato a D'Alema, il singolo parlamentare Massimo D'Alema.
La logica vorrebbe che al pagamento delle tangenti effettuato per ottenere degli appalti dovrebbe seguire, per coloro che le tangenti le avrebbero incassate, l'accusa di corruzione e non si capisce pure perché si debba considerare un reato a parte quello commesso da D'Alema, che del partito oggetto della corruzione è uno dei leader riconosciuti.
Che le cose non possono essere interpretate diversamente lo dimostra pure come i due Paganelli abbiano già patteggiato per l'accusa di corruzione con il Pm Paolo Ielo il 4 Luglio scorso.
Diciamo dunque che i Pm che si occupano del caso, il già citato Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, che è pure il segretario dell'Anm, hanno giustamente tenuto un atteggiamento di prudenza e riserbo comprensibili, vista la delicatezza dell'indagine, come pure i media hanno tenuto giustamente bassi i toni, in attesa di conoscere con esattezza i fatti.
Ecco, mi piacerebbe che sia i magistrati inquirenti sia i media tenessero questo stesso atteggiamento nei confronti di tutti gli indagati, noti e meno noti, appartenenti a questo e a quel partito, nati a Sesto San Giovanni o ad Avetrana, senza distinzione alcuna.
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