Magazine Opinioni
Don Franco Barbero benedice l'amore di una coppia di donne in un agriturismo sui colli Euganei. Il quotidiano locale di Padova ne riporta la notizia ma l'ufficio stampa della Curia fa le sue "precisazioni". Nasce infine una lettera aperta di don Franco rivolta al vescovo di Padova che, come al solito, andrà nel dimenticatoio!
La reazione
Il matrimonio cristiano è un'altra cosa
In riferimento alla notizia pubblicata sul Mattino di Padova di martedì 6 settembre (pag. 14) in nome di un corretto uso dei termini e per evitare facili fraintendimenti su una materia tanto delicata quanto basilare per la vita sociale e per la vita cristiana, si precisa che l’unione fra due donne di cui si parla nell’articolo, non si può definire né tanto meno ha la valenza di matrimonio in senso cristiano. Nulla togliendo, infatti, al rispetto per la dignità delle persone e all’esistenza di un affetto tra due persone anche dello stesso sesso, l’amore sponsale rimanda all’amore biblicamente definito come unione tra un uomo e una donna.
Pertanto quello riferito dall’articolo, per la Chiesa, è in primo luogo un atto invalido, in quanto non si è celebrato il sacramento del matrimonio, che prevede il consenso tra un uomo e una donna battezzati, e inoltre è un atto illecito in quanto Franco Barbero risulta essere dimesso dallo stato clericale e come tale non è annoverato nella Chiesa tra i ministri ordinati, non può celebrare l’Eucaristia e gli altri sacramenti, né assumere incarichi propri dei chierici o attribuirsi titoli sacerdotali e portare abiti ecclesiastici.
Ufficio stampa Diocesi di Padova
Padova, 6 settembre 2011
Il confronto
Caro vescovo,
sabato 4 settembre ho benedetto le nozze di due donne omosessuali sui Colli Euganei. E' stata una celebrazione partecipata nella quale ho incontrato persone attente e disponibili ad accogliere il messaggio di Gesù di Nazaret. Con sorpresa ho letto una bella cronaca sul mattino di Padova e poi il suo comunicato. Ciò che un vescovo può dire rispetto alle persone omosessuali, si sa già prima che lui apra la bocca; ma io voglio solo proporle due riflessioni.
Come può dichiarare invalido questo atto quando la sua validità non dipende né da lei né da me, ma dalla realtà del dono che Dio ha accordato a queste due donne? E se imparassimo a scoprire i mille modi in cui Dio fa scorrere l'amore in tutte le arterie del mondo? Il rischio è quello di ripetere regole ecclesiastiche che la scienza e l'esegesi storico-crtitica hanno sepolto da decenni. Dio non si ferma alle mappe della nostra Chiesa.
Ma, signor vescovo, io le chiedo di partecipare a questa gioia. Voglio dirle che ormai milioni di gay e lesbiche vivono senza contraddizione l'esperienza di fede e l'esperienza dell'amore omosessuale, in tutta pace, sotto il sorriso di Dio. E' davvero un tempo nuovo, un tempo di grazia: sono cristiani e cristiane adulti/e, che finalmente non hanno più bisogno di chiedere permesso. Ne incontro a decine di migliaia. Per me come prete -tale sono da48 anni e tale resto- questa è una constatazione che mi allarga il cuore. Davvero il Vangelo libera, responsabilizza, fa crescere, alimenta l'amore. Perchè lei non partecipa a questa gioia nel vedere che esistono questi cristiani e cristiane usciti/e dalla minore età? Si tratta di discepoli del nazareno più autonomi, meno pastorizzati, più felici di essere ciò che sono e più capaci di assumere la responsabilità di un amore profondo e fedele.
Le esprimo queste riflessioni in evidente ed aperto dissenso, con rispetto e con viva cordialità.
don Franco
13 settembre 2011
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