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Matrimonio gay: l’Irlanda al referendum

Creato il 19 maggio 2015 da Retrò Online Magazine @retr_online

La cattolicissima Irlanda andrà alle urne venerdì 22 maggio per votare sull’equiparazione Costituzionale del matrimonio gay a quello tradizionale. Il sì sembra scontato.

A meno di una settimana dal voto irlandese in materia di matrimonio gay, i sondaggi danno nettamente in vantaggio i Sì con circa il 70% dei voti. I commentatori dell’Irish Times sostegono che ci vorrebbe un vero e proprio “terremoto” affinché il fronte contrario, molto attivo in questi ultimi giorni prima della consultazione, ribalti la situazione.

Articolo 41: cambiare la Costituzione in favore del matrimonio gay

Negli ultimi anni in Europa e nel mondo diversi paesi si sono attivati a livello legislativo per legalizzare il matrimonio gay ed estendere alla comunità LGBT i diritti riconosciuti alle coppie formate da persone di sesso diverso. Sebbene alcuni paesi siano ancora restii a mettere in discussione il concetto tradizionale di famiglia come unione tra un uomo e una donna, si moltiplicano segni emblematici ed eventi storici che evidenziano la tendenza opposta. Solo in questi ultimi giorni ben due avvenimenti vanno in questa direzione, anche in paesi tradizionalmente cattolici come il Lussemburgo e l’Irlanda, appunto. Il Primo Ministro lussemburghese Xavier Bettel, infatti, ha sposato lo scorso 15 maggio il compagno Gauthier Destenay, architetto belga con cui era legato sin dal 2010 con unione civile. Bettel è il primo Premier dell’Unione Europea a sposare un compagno dello stesso sesso.

Se in Lussemburgo è stato il Premier ad aprire la strada, in Irlanda sarà il popolo, attraverso referendum, a decidere se legalizzare o no il matrimonio gay grazie alla modifica di una frase dell’articolo 41 della Costituzione. L’emendamento sottoposto a votazione recita: “Marriage may be contracted in accordance with law by two persons without distinction as to their sex“. Senza distinzione in merito al sesso, quindi. Una decisione cui si è giunti dopo un lungo iter: era il 2010 quando il partito laburista irlandese incluse la proposta referendaria nel proprio programma elettorale. Successivamente il partito entrò in coalizione con la formazione di centro-destra Fine Gael e, sulla base degli accordi, la richiesta è stata sottoposta a una Commissione Costituzionale (formata da 33 politici e 66 esponenti della società civile) che ha dato parere favorevole (79% dei voti). Nel novembre 2013 anche il capo del governo Enda Kenny, alla guida dello stesso Fine Gael, ha dichiarato pubblicamente il suo supporto alla campagna.

Il voto storico sul matrimonio gay: il fronte dei Sì

L’atmosfera che si respira in Irlanda e a Dublino è quella della svolta storica nella lotta per i diritti civili. Nella notte tra venerdì 10 e sabato 11 aprile è comparso nella capitale un enorme murales ispirato a un famoso quadro irlandese. L’autore, Joe Caslin, ha voluto manifestare in questo modo la sua vicinanza a chi lotta per riconoscimento del diritto al matrimonio gay. Gli endorsement alla causa degli omossessuali irlandesi sono giunti numerosi da numerosi esponenti della società civile: dall’autore Colm Tóibín (costretto a fuggire da un’Irlanda omofoba negli anni ’70 e rifugiatosi in Spagna) a Stanislaus Kennedy (suora cattolica fondatrice dell’associazione Focus Ireland per i senzatetto), da Pat Carey (ex ministro appartenente al partito Fianna Fàil che ha fatto outing due mesi fa) a esponenti della chiesa come Padre Martin Dolan (sacerdote cattolico di Dublino che a gennaio ha dichiarato di essere gay ricevendo l’applauso di sostegno dei fedeli presenti). Molte associazioni hanno appoggiato la causa, come Leinster House e il gruppo Yes Equality, comprendente il Gay and Lesbian Equality Network, Mariage Equality e l’Irish Council for Civil Liberties, in coordinamento con il movimento LGBT Noise. Del resto se il voto appare scontato alla vigilia è anche perchè tutti i principali partiti hanno supportato la campagna e invitato i propri elettori a votare Sì. Il clima di aspettativa che aleggia su Dublino è stato ben riassunto dalla dichirazione con cui il capo del governo Enda Kenny ha sottolineato l’importanza del voto di venerdì:

«Questa è un’opportunità che non si ripeterà».

I sondaggi condotti dal The Irish Times in collaborazione con Ipsos MRBI a poco più di una settimana dalla chiamata alle urne restituiscono questi numeri: il fronte del Sì al matrimonio gay può contare sul 70% dei voti, contro il 30% dei No. Ancora il 17% dei votanti non ha deciso con chi schierarsi o non voterà, mentre la percentuale dei favorevoli è scesa rispetto al precedente sondaggio. Il voto è fortemente polarizzato: tra i giovani fino ai 24 anni prevalgono i Sì mentre gli over-65 scelgono principalmente il No: la partecipazione giovanile al voto sarà quindi determinante. Ma il dato che fa parlare di un risultato scontato a meno di “terremoti” è quello sulla “solidità” della decisione: il 79% del totale degli intervistati ha infatti dichiarato di aver già deciso cosa votare e di aver ormai smesso di partecipare al dibattito. Ciò significa che, con elettori così convinti della propria scelta, difficilmente si verificheranno grosse sorprese nel segreto dell’urna e tutto dovrebbe andare come previsto dalle previsioni sulle intenzioni di voto.

Il fronte contrario al matrimonio gay

I contrari al matrimonio gay in Irlanda si sono dimostrati meno numerosi e agguerriti del previsto, dato sorprendente per uno stato in cui, fino al 1993, esternare la propria omosessualità in pubblico era illegale. Tra gli oppositori al riconoscimento del matrimonio gay si contano numerosi esponenti della Chiesa Cattolica, associazioni confessionali evangeliche e pentecostali, il think-tank religioso Iona Institute e altri movimenti come il Mother and Fathers Matter. Nessun partito sostiene apertamente il fronte contrario. Le stesse gerarchie ecclesiastiche del mondo cattolico, rileva il Washington Post, sono sembrate piuttosto tiepide nell’opposizione alla proposta, preferendo non esporsi troppo in un paese dove gli scandali su casi di pedofilia coinvolgenti uomini del clero sono ancora freschi nella memoria degli Irlandesi. Alcuni vescovi hanno comunque invitato i fedeli delle proprie diocesi a votare No. Il Guardian ha invece scritto di altre comunità cristiane, non cattoliche ma estremamente conservatrici, che hanno annunciato il proprio voto contrario.

La grande maggioranza dei contrari intervistati per il sondaggio Irish Times/IPSOS ha motivato la propria scelta sostenendo che “concedere agli omosessuali la possibilità di sposasi e godere dei relativi diritti diminuirebbe l’importanza dell’istituzione del matrimonio”. Molti votanti di entrambe i fronti, tuttavia, si sono detti d’accordo sul fatto che il futuro dei propri figli debba essere tenuto in debita considerazione nel decidere come votare.

Un esempio per gli altri paesi

Quello di venerdì sul matrimonio gay in Irlanda sarà un referendum storico, i cui effetti andranno in ogni caso ben oltre i confini nazionali. Se le urne confermassero le indicazioni dei sondaggi, l’Irlanda sarebbe infatti il primo paese al mondo a riconoscere questo diritto attraverso un voto popolare, un risultato non da poco per un paese tradizionalmente cattolico e conservatore. Lo stesso scrittore Toìbìn ha detto:

«La vittoria del sì dimostrerà che se la società irlandese ha potuto cambiare in maniera così rapida e radicale, allora anche altri paesi che ci appaiono come conservatori potranno cambiare. Sarebbe un esempio per il mondo intero».

Tags:cattolici,diritti lgbt,irlanda,lgbt,Lussemburgo,matrimonio,referendum irlanda,unioni civili,xavier bettel Next post

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