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Mattarella: le prime parole

Creato il 26 febbraio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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di Alessandro Corneli

Antefatto

Il 23 febbraio, sulla prima pagina del Corriere della sera, il simpatico e brillante costituzionalista Michele Ainis, ha svolto, con mano leggera, alcune considerazioni sulla “cifra” che ha finora caratterizzato la presidenza Mattarella: il “silenzio”. Non difficile da individuare. Seguiva la cronaca delle rare occasioni in cui il Capo dello Stato ha pronunziato pochissime parole. Poi un confronto con i loquaci predecessori e una teorizzazione sul “potere di esternazione”, “diventato l’arma più visibile e potente di cui dispone il Quirinale”. Quindi la questione-chiave: “Quanto può essere utile un presidente taciturno?”.

Di sicuro, questo commento del Corriere avrà provocato profonde riflessioni nello staff presidenziale. Tra l’altro: se il Presidente non parla, che ci sta a fare lo staff? Che si dice ai giornalisti? Che scrivono i giornali? E come si deve interpretare questo silenzio? Una presa di distanza antropologica da Matteo Renzi o un lasciare al premier tutto lo spazio mediatico? Non sarebbe anche questa una alterazione degli equilibri istituzionali?

Deve essere andata così: rispettosamente, il coro ha intonato: “Presidente, lei deve parlare, deve dire qualcosa”.

Il fatto

Il 24 febbraio, Sergio Mattarella ha parlato. A Scandicci, nel feudo (o quasi regno) di Matteo Renzi. In quale occasione? All’inaugurazione dell’anno accademico della scuola per giovani magistrati. Dunque in una sede e in una circostanza ambientale assai poco politica e molto accademico-professionale, familiare all’ex magistrato della Consulta.

Che cosa ha detto?

Ha detto, riferisce l’Ansa, che anche la magistratura deve darsi “delle strategie organizzative volte al recupero di efficienza”: si tratta di “un recupero necessario per rispondere efficacemente al bisogno di legalità fortemente avvertito nel Paese”. Ha detto che “L’ordinamento della Repubblica esige che il magistrato sappia coniugare equità ed imparzialità, fornendo una risposta di giustizia tempestiva per essere efficace, assicurando effettività e qualità della giurisdizione”. Ha detto che “Al magistrato si richiede una costante tensione culturale che trova sì fondamento in studi e aggiornamenti continui, sempre più necessari nel contesto normativo in rapido movimento, ma si nutre anche di una profonda consapevolezza morale della terzietà della funzione giurisdizionale, basata sui principi dell’autonomia e dell’imparzialità”.

Tutto qui? Sì, tutto qui. Questa sarebbe la prima e tanto attesa esternazione? Sì, è questa.

Non ci resta che aspettare e sperare. Soprattutto in migliori consiglieri presidenziali.


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