Pubblicato da lapoesiaelospirito su gennaio 2, 2012
Ho sempre creduto
che l’orrore avesse un orlo
Erich Fried
*
era in quel modo
davanti a quell’uomo
come cristo davanti
alla sua verità
che pareva non credere
ai gesti e al suono
alla bava asciugata sulle
sue braccia
mentre strappavano via come
cose tenute strette
erette più in alto che poteva
ogni sua arteria che gridava
divagando ogni dubbio pietoso
un dubbio che roccia respinge
ingegno precluso
eluso
dolore sapore candore.
La luce folta
rendeva narici palati
alati
scortesi protesi orticanti
cantilena tra moccio
e lacrima
rimasugli d’umano destino.
**
Emerso nell’abisso
guardava la madre attraverso
avverse coperte pungenti
ammutolito
farsi lontana sponda
anche il sole sembrava
inutile
raggio sospeso
a annerire la strada
adagiarsi d’ombra sperduta
il rumore si faceva
campana disperata
d’inudito respiro
spirale che ruota
svuota dentro la carne
arnesi gelidi
l’abbraccio falciato
scalciato filiale trasporto
si allontanava
l’ora interminabile
labile glottide.
***
Avresti sospettato dolore
ore insapute
tenute implose
non fosse per la distrazione
della felicità in_attesa
esagerata.
Come un giro completo
degli emisferi emozionali
fino a contorcersi
la troppa felicità
città balocca che
ti abbraccia fino a farti male.
Ma poi è la striscia
che consuma
umano sospiro a distrarre
il tuo cammino
mezzeria tratteggiata
consente svolte e non ritorno.
Il sonno infranto
rantolo ronfico
pesto sul grembo
embolo mappamondo
che srotola
con un dito il destino.
*****
E’ un grido il sapore aspro
mozzato in gola
e il rumore della testa
sbattuta a terra
uscire dalle narici
seccarle creta al fuoco.
Senti le dita sulla
giugulare che premono
monosillabi che volteggiano
sulla tua fronte
chi ti ha colpito
pare farfalla che si sbriciola.
Si trova a terra
in preda a stertore
pretore, abbiamo urlato
mandate un’ambulanza
muore sotto i nostri occhi,
così, un ragazzo.
Il corpo contuso
fuso al manganello
granello calpestato
perde da più parti
arti frantumati
tumefatta fisionomia.
Ignominia perpetuata
insensibile al cadavere
strattonato senza più aria
guarda il vuoto riempirsi
di contese che non potrà
udire dolore avvertire.
*******
Hai attraversato la strada
radente al muro
osservato a destra e sinistra
strappato un sorriso
a un autista
vista la bambola preferita
descritta sulla letterina
per babbo natale
nella vetrina vicina
alla porta di casa, ancora
un passo e sei dentro
la salvezza quotidiana
guadagnata accuratamente.
Solo il trillo del campanello
avverte il suo passo
quasi non vorrebbe suonare
perché la porta smetta
di aprirsi.
Irsute braccia tendono
la mano e l’orsacchiotto
ghiotto delle tue coccole
scivola una carezza sui
tuoi teneri capelli, porti
lo zaino in cameretta
come insegnato dalla mamma
che ogni giorno a quell’ora
lavora e sei sola
con quello strano affetto
del tuo papà
a cui pensi dovresti
fare attenzione
come in strada alle macchine
che non ti passino sopra
e ti farebbero tanto male
ma non sai dove guardare
per evitare lo scontro
quegli occhi non sono
i fari freddi di una macchina
anche se hanno fitti lampi
che lanciano luce
in fondo al buio
al cupo urlo che ti risuona
in testa ma non sprigiona
non libera dalla morsa
dal ricordo contaminato.