Maurizio Belpietro, direttore di Libero, intento ovviamente nell’operazione di presentare i finiani come infidi traditori, nell’editoriale del 27/07 non trova di meglio che prodursi in demenziali scorribande semantiche aventi per oggetto, manco a dirlo, Fabio Granata. È sufficiente mettersi nella testa di un bambino di undici anni per immaginare gli esiti di questa ricognizione linguistica.
Ciò che c’è da dire a proposito di Fabio Granata è tutto sintetizzato nel suo cognome. Il deputato siciliano in procinto d’essere cacciato dal PdL, nomen omen, è esplosivo.
Della serie: associazioni a ruota libera: la cosa che ti viene in mente per prima pensando a un nome e, magari proprio per questo, ti guardi bene dal dirla. Invece il nostro la dice, anzi la scrive, e non pago prosegue:
Il problema che il Granata di Montecitorio scoppia sempre in campo amico, o, quantomeno, in quello alleato, poiché i soldati vestono la stessa divisa dell’onorevole bomba.
Penso che a questo punto non sarà difficile immaginare la seconda accezione:
Nulla di nuovo del resto, perché anche qui il cognome aiuta a orientarsi. Granata, secondo il dizionario della lingua italiana, sta per rosso, un rosso particolare del colore della melagrana, ma sempre indubitabilmente rosso.Ora, che cosa ci faccia un tipo così in un partito dove il vermiglio è bandito dalla nascita, è un’altra faccenda. Di lui si racconta che abbia tentato l’avventura prima nel Fronte della gioventù di Siracusa e poi nel Movimento sociale. Quando crollò la prima Repubblica pare abbia tentato di riciclarsi con la Rete di Leoluca Orlando, l''ex democristiano che a forza di promettere la primavera siciliana è finito a far l’autunno con Di Pietro