Come viene considerato di solito un autore dalle persone? Parlo per esperienza personale; premetto che non è interessante.
Quando frequentavo con scarso profitto la scuola, lo scrittore era Manzoni, Boccaccio, al massimo Ignazio Silone. Eppure l’insegnante lo proponeva come un essere che indirizzava lo sguardo delle persone verso gli aspetti interessanti della realtà.
Una sorta di maestro, di leader.
Credo che questo modo di presentare chi scrive, sia ancora abbastanza in voga: ecco perché tanti amano l’idea di scrivere (peccato che sia appunto un’idea). La tentazione di salire su un piedistallo, minuscolo quanto si vuole, ma pur sempre piedistallo, affascina chiunque.
Per troppi anni ha affascinato anche il sottoscritto. Sognavo più o meno masse adoranti di lettori che attendevano la mia parola come l’unica capace di squarciare le tenebre, e mostrare la luce.
Era il risultato anche di certa scuola che propone lo scrittore in una veste che non gli appartiene. Che poi accada qualcosa del genere, è quasi naturale. È allo scrittore che ci si rivolge per avere un’interpretazione su certi eventi o fatti. Peccato che lui accetti la sfida, e parli: mentre dovrebbe scrivere e basta. È troppo solo per resistere al fascino discreto dell’essere cercato, sollecitato a dire la sua opinione. Massacrato com’è dai dubbi, si sente lusingato quando giornali e televisioni hanno bisogno della sua parola; e abbocca. Ecco che il pregiudizio dell’autore-leader o maestro, viene confermato.
Chi è agli inizi nella sua avventura di scrittore, si guarda attorno, osserva, vede il ruolo dello scrittore sul piedistallo, e parte per la tangente: è certo di possedere senza dubbio una parola nuova, un occhio che per la prima volta nella storia dell’uomo guarda come nessun altro occhio ha guardato prima. Ecco perché le redazioni di tante case editrici sono zeppe di storie che per fortuna non saranno mai pubblicate.
Prima ho accennato alle tenebre e ho capito che possono essere tutto sommato divertenti. Non sto parlando affatto di horror o roba del genere: bensì di quello che la realtà è, e propone. E che i lettori non bramano di conoscere o sapere. Svelo un segreto: un guru (sì, anche uno scrittore può essere qualcosa del genere), viene tollerato, persino coccolato e vezzeggiato. Amato, in una parola. Uno scrittore che scrive e basta, che produce narrativa efficace e di valore, quasi mai.
Viene guardato male perché non indica orizzonti, non sposa ideologie. Costui si siede in un angolo e osserva le tenebre. Cioè vede nella vita la follia, il caso, tutto ciò che sfugge a classificazione, piani o programmazione scientifica e guidata dal buonsenso. E lo scrive. Quindi non consola né rassicura. E le persone si interrogano e interrogano: da che parte sta?
Sta dalla parte della parola.
Se sono persuaso che lo scrittore debba per forza “fare luce”, non mi ci vuole molto tempo per convincermi che IO ho una visione, un’idea che nessuno prima di me ha mai avuto.
Con un po’ di fortuna e tanta applicazione (cioè letture voraci e/o pantagrueliche), si arriva, dopo anni, a comprendere che la narrativa non è così. Lo so: siamo pieni di gente che non solo la pensa al contrario; ma ha costruito la propria fortuna su questo equivoco. Ma resta un equivoco, punto.
La narrativa è composta di carne e sangue (come si dovrebbe sapere), e spesso sopra a questa materia grezza, che biascica parole incomprensibili e adotta comportamenti riprovevoli, c’è un sistema di idee (se c’è), distante anni luce da qualsiasi ideologia o desiderio di palingenesi. Quando si comprende questo, la vita del proprio quartiere o condominio, assume d’un tratto un aspetto differente. Poco prima era squallida, banale, e formata da persone trasparenti.
Dopo, è un universo pieno di stelle.
Non si può prendere tutto, certo. E probabilmente, a differenza delle stelle, c’è una fine. Un cantautore statunitense diceva che alcuni cantanti hanno una canzone, altri hanno dieci canzoni, altri ancora cento; ma tutti hanno un numero finito di canzoni.
Idem per le storie.
L’essenziale è comprendere che qualunque piedistallo, per quanto piccolo, è il nemico di chi vuole scrivere con qualche ambizione. E l’ambizione non è essere il primo della famiglia a vedere il proprio nome stampato su una copertina. Quello è possibile a chiunque oramai. Meglio indirizzare il proprio talento verso qualcosa di più difficile.