Martedi 20 settembre, a distanza di sessantaquattro anni dalla nascita di Israele, verra' presentata all'Onu la candidatura dello stato indipendente di Palestina. Salvo sviluppi dell'ultimora. Infatti se la candidatura dovesse essere effettivamente messa ai voti passarebbe con ampia maggioranza tra i 192 stati. E allora perche' la Palestina non dovrebbe farsi avanti?
Beh, c'e' di mezzo una trattativa diplomatica degli USA che sta cercando di convincere l'OLP (Organizzazione di Liberazione della Palestina) a rinunciare, pena il blocco degli aiuti economici verso la Cis-Giordania. Motivo di facciata? Un processo di pace non puo' avvenire per mezzo di atti unilaterali (ovviamente questo principio vale solo per i palestinesi, gli israeliani possono unilateralizzare tutto quello che vogliono!!). In realta' e' Israele a fare pressioni agli Stati Uniti per evitare che la causa palestinese prenda una piega diversa da quella attuale, scrive infatti Bernardo Valli su Repubblica che con il riconoscimento dell'Onu lo stato di Palestina
"avrebbe accesso alla Corte internazionale di Giustizia dell'Aja
e a quella penale internazionale, con la facoltà di denunciare Israele per le
sue eventuali azioni come forza di occupazione. Potrebbe usufruire delle
istituzioni finanziarie, economiche e commerciali. Potrebbe soprattutto esigere
di trattare alla pari con lo Stato di Israele, non più nel quadro del Quartetto
(Usa, Russia, Europa, Onu), ma in quello dell'Onu e sulla base delle
risoluzioni."
Una grande rivoluzione e' in atto in Medio Oriente (Siria, Egitto, Tunisia, Libia) e questo ulteriore tassello non farebbe che aggiungere benzina sul fuoco del cambiamento.
Il giornalista conclude l'articolo riassumendo la condizione attuale dei palestinesi sparsi in quel piccolo lembo di terra sul Mediterraneo:
"Le forze centrifughe e la storia hanno frantumato negli anni la Palestina
in cinque zone o entità. La prima dell'elenco può essere Gaza, abitata da un
milione di uomini e donne che vivono come in un limbo rispetto al resto dei
palestinesi. Un limbo non facile, sotto l'autorità intollerante di Hamas, e in
una società più islamista, più tradizionalista ed esclusa dal crescente
benessere di cui gode la Cisgordania. Isolata, Gaza è rivolta all'Egitto.
Seconda zona o entità la West Bank, la Cisgiordania. Là vivono due milioni e
seicentomila palestinesi, governati dall'Organizzazione per la Liberazione della
Palestina (Olp), oggetto di indulgenza da parte di Israele, i cui soldati
occupano una larga porzione del territorio. Una certa sicurezza e un evidente
progresso economico hanno creato una stabilità che ha favorito uno status quo,
da non pochi osservatori definito prerivoluzionario. Pur godendo di una
situazione favorevole rispetto a quella dei connazionali di Gaza, i palestinesi
della West Bank non si sentono garantiti da uno stato di diritto. Restano
cittadini sotto un'occupazione straniera e non nutrono grande fiducia nei loro
corrotti amministratori dell'Olp.La terza entità palestinese vive a Gerusalemme
Est e conta trecentomila uomini e donne. Circa il 38 per cento della
popolazione. Gli abitanti non sono cittadini israeliani, ma residenti permanenti
costretti a temere notte e giorno la perdita del diritto di residenza. Le
barriere imposte nella vita quotidiana aumentano il senso di precarietà. Essi
pagano le tasse allo Stato israeliano e usufruiscono, in tono minore, dei
diritti all'assistenza sanitaria e alla scuola. In questo sono favoriti rispetto
ai palestinesi della West Bank. La quarta entità è la più numerosa. Conta cinque
milioni di uomini e donne registrati come profughi. Vivono in cinquantotto
campi, diventati grossi borghi, in Giordania, in Siria, in Libano, nella West
Bank e a Gaza. Sognano il ritorno in una patria che non c'è più o che è stata
dimezzata. Il riconoscimento formale dello Stato palestinese riaccenderà molte
speranze.La quinta e ultima entità palestinese conta un milione e trecentomila
persone, con la nazionalità israeliana. Come creare un comun denominatore di
interessi e di aspirazioni in un popolo frantumato e represso resta un problema.
Ma certo la nascita di uno Stato formalmente riconosciuto susciterà emozioni e
rianimerà progetti e ideali."