Da appassionata professionista di sport e di Mental Training mi sono chiesta quale sia l’avversario che accomuna atleti di varie discipline, età, livelli e la risposta è arrivata quasi immediata, la paura.
La riflessione si è subito allargata ad altri ambiti di vita, proprio perché questa “compagna fedele” è con noi in tutte le fasi della nostra crescita, indipendentemente dal nostro percorso di vita, dalla nostra formazione, dalla nostra professione, dal nostro essere.
La “paura” è una delle emozioni primarie e come tale ha come obiettivo la nostra sopravvivenza. La sua funzione è infatti quella di segnalare uno stato di emergenza e di attivare i nostri meccanismi di difesa, preparando la mente ed il corpo alla reazione, che generalmente si manifesta come comportamento di attacco o di fuga.
Nasciamo con pochissime paure innate, alcuni testi specialistici ne indicano addirittura solo due, quella di cadere e quella dei rumori forti, tutte le altre sono apprese e quindi legate al nostro imprinting, agli ambienti di vita, alle esperienze vissute.
Troppo spesso, però, questo raffinato meccanismo, progettato per garantirci la nostra incolumità, si rivela nemico della nostra capacità di esprimere al meglio le nostre potenzialità in una data situazione.
Parliamo in generale di “paura”, ma possiamo in realtà identificare stati di diversa intensità emotiva che vanno da polarità fisiologiche come il timore, l'apprensione, la preoccupazione, l'inquietudine o l'esitazione, sino a polarità patologiche come l'ansia, il panico, il terrore, la fobia.
Quando nell’affrontare le sfide della vita la paura più che complice si rivela nostra nemica, possiamo contare su un alleato vincente, il Mental Coaching.
Differenti sono gli strumenti che l’Allenamento Mentale ci fornisce per affrontare le diverse manifestazione della paura, proprio perché varie sono le espressioni di questa emozione e complessa, a volte, la sua l’origine.
Ogni sportivo ha percepito questa sensazione, anche solo in un’occasione, e lottato per riuscire ad esprimere comunque la propria peak performance, non sempre con successo.
Bambini, ragazzi, dilettanti, atleti di alto livello, professionisti bloccati dalla “paura”, dalla paura di non essere all’altezza, di andare oltre i propri limiti e quindi di scoppiare o di infortunarsi, di deludere, ma anche dalla nikefobia, ossia dalla paura di vincere.
Non pochi sono gli atleti di vertice che hanno dichiarato momenti di forte crisi legati alla paura. Ricordo alcune forti dichiarazioni: “Sembra quasi che il mio corpo abbia paura di fare fatica” (Alex Schwarzer, campione olimpico di marcia), “Mi veniva il panico, avevo paura di essere inghiottita dalla piscina” (Federica Pellegrini, plurimedagliata nel nuoto), “Volevo smettere, avevo paura” (Noemi Bakti, argento agli Europei dal trampolino dei 10 m).
Come si accennava, la paura ha molte sfumature ed in un percorso di Sport Coaching va ovviamente affrontata con gli strumenti idonei a quella specifica situazione, da analizzare singolarmente.
Da Mental Coach credo tuttavia che si possa cominciare a ragionare su alcuni aspetti comuni e trasmettere qualche stimolo utile per affrontare le situazioni più semplici.
Per quelle più complesse, e per chi è particolarmente interessato ad un approfondimento e confronto, rimando alla rubrica ed agli articoli che seguiranno su questo argomento.
Premessa importante è comprendere che la paura non è una cosa; la paura è un processo e modi diversi di pensare cambiano il processo. Fondamentale è quindi allenarsi ad avere la necessaria apertura mentale utile per combattere le abitudini limitanti ed essere attivi e costanti nel fare gli esercizi che ci permettono di cambiare il processo.
Ora passiamo subito all’azione.
Ripensa per un attimo alla situazione in cui provi questa emozione limitante e chiediti “Come faccio a farlo?”, “Come faccio ad avere paura?”.
E’ un immagine che vedi, è qualcosa che senti, che ti dici, è qualcosa che percepisci?
Se sei già pratico di Mental Coaching sai che su questo puoi lavorare con curiosità e senza limiti sfruttando appieno i concetti di fisiologia, sottomodalità, strategie, linguistica e le tecniche ad essi collegate, mentre se sei ai primi passi in questo stupefacente mondo, puoi cominciare ad apprenderne i segreti dagli articoli che li trattano.
Usa la fisiologia e la linguistica in maniera potenziante, agisci, gioca, divertiti a modificare le sottomodalità (VAK).
Sii consapevole che il più delle volte è un piccolo cambiamento a fare la differenza; scopri quale sottomodalità è più utile modificare per te per metterti in uno stato potenziante… e nota cosa cambia.
Sfrutta anche le strategie.
Compara la sequenza di una situazione in cui percepisci la paura con quella in cui ti senti forte, coraggioso, pronto, determinato; analizza in cosa differiscono e poi utilizza quella efficace anche per la sfida che ti mette in crisi… e nota cosa cambia.
Altro passaggio interessante che puoi aggiungere al lavoro è l’utilizzo degli ancoraggi, utilizzando ovviamente le risorse che ritieni necessarie per affrontare al meglio la sfida; se hai difficoltà a capire quali sono chiediti “Cosa mi manca?”, “Che risorsa mi farebbe comodo avere in questa situazione?”.
Rinforza il tutto usando le visualizzazioni.
Cosa faresti, come ti comporteresti se non avessi quell’emozione limitante?
Immaginati in una situazione in cui ti senti adeguato e pronto per la sfida e presta attenzione alle caratteristiche di quello che vedi, di quello che senti e che ti dici.
Crea una visualizzazione in cui sei e ti comporti al meglio portando con te tutte le sensazioni positive che ne derivano.
Scopri come funziona il processo della “tua paura”, allenati con passione e costanza a cambiarlo e goditi la splendida emozione di sentirti libero di esprimere tutto il tuo potenziale!
Alla prossima puntata...
Di Tiziana De Martin