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Mente e cancro, quale relazione?

Da Psychomer
by Valentina Dettori on dicembre 17, 2012

Solitamente si pensa al cancro come ad un fenomeno esclusivamente cellulare e fisiologico.

Esiste però la possibilità di stabilire una connessione tra corpo e mente, non relegando più solo la malattia alla dimensione corporea.

Cartesio, con la sua res cogitans e res extensa, è stato ampiamente superato anche per quanto riguarda gli aspetti concernenti le malattie: il corpo e la mente, infatti, non sono due entità distinte ma sono intrinsecamente in relazione tra di loro, influenzandosi vicendevolmente.

Bisognerebbe riavvicinarsi agli insegnamenti di Ippocrate, il quale, con le sue Teorie Umorali, tentava di spiegare i fenomeni dell’individuo attraverso l’equilibrio generato dagli umori.

Il cancro, ad esempio (e nello specifico), influenza inevitabilmente la psiche dell’uomo, dimostrando come i fattori esterni e interni che l’individuo vive (come ad esempio stress, emozioni molto forti, eventi traumatici) possono generare non solo difficoltà psichiche, ma anche malattie fisiche.

La relazione tra mente e corpo viene rispecchiata in modo funzionale anche dalla maniera in cui i soggetti affrontano la malattia e la progressione della stessa. Gli individui, infatti, tendono ad affrontare i mali coerentemente ai loro modi di dare significato a se stessi, e dunque in base a come si percepiscono, anche in relazione al mondo e agli altri. Lo spirito combattivo o la perdita di speranza, ad esempio, influenzano l’adattamento alla malattia e la modalità con cui ci si pone di fronte ad esami e cure.

È difficile identificare un’unica causa scaturente il cancro: vi sono sicuramente fattori genetici e ambientali che predispongono maggiormente alcuni soggetti rispetto che altri, ma in codesto gioco di ruoli non si può credere che i fattori psicologici individuali non detengano un’importanza fondamentale.

Nel 1966 Le Shan, con uno studio basato su 450 casi, stabilì che un aiuto psicologico su soggetti malati contribuiva a rallentare in modo significativo la crescita e il peggioramento della malattia (ricorrere a tali aiuti, dunque, è fondamentale anche nei casi di terminalità).

In queste situazioni, molto spesso il paziente ha la necessità di risolvere delle urgenze, rispondere a domande, risolvere dubbi, questioni e dilemmi esistenziali. Per tale motivo, ritagliarsi degli spazi adibiti allo sfogo attraverso la parola è sicuramente salutare, dal momento che tale supporto aiuta a sentirsi maggiormente capiti, a sentirsi accolti e a percepirsi molto meno “extraterrestri in un mondo di sani”.

Lavorare insieme sulle emozioni, tramite un buon lavoro psicosociale, è un elevato predittore di salute; è importante autorizzare ed autorizzarsi ad esprimere le emozioni provate, qualsiasi sia il contenuto di esse (potendo essere queste molto variegate). Tutto ciò permette di creare sollievo, di mettersi in una situazione per poter essere accettati dagli altri, elaborando ciò che si sta vivendo e liberandosi dei carichi eccessivi trasportati.

Le parole possono essere dunque dei muri o possono essere trasformate in finestre, migliorando la fiducia nei confronti delle cure e la soddisfazione dell’aiuto ricevuto.


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