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Metamorfosi – Presente.

Creato il 29 giugno 2012 da Unarosaverde

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Cincischia con i lacci dei pattini, sente estraneo e imposto il guscio delle ginocchiere a cui ha dovuto arrendersi. Non si e’ ancora alzata dalla panchina: muove avanti e indietro i piedi, che scivolano morbidi sopra le ruote. Ci scherza su ma ha paura. Deve provare a capire se il dolore, compagno fedele da un anno, peggiorera’ o perdurera’ nel livello costante che e’ ormai familiare.

La pista e’ grigia, cemento puro: il rivestimento colorato, in questi tempi di ristrettezze, e’ stato destinato ad altri usi, dicono temporanei, ma lei sa che, se non si tratta del dio pallone, difficilmente i soldi per ripristinare gli stati di sopravvivenza degli sport minori saltano fuori.

Entra in pista, cauta, attenta al dolore e a ritrovare le posizioni corrette. Le pare di essere estranea nel grigio desolato di una periferia urbana, dove anche gli alberi nascono tristi e rassegnati alla mancanza di bellezza. L’acqua delle vasche le mormora ancora la propria canzone ma sembra si trovi molto lontana, nel giardino inaccessibile di un estraneo.

Sono pochissimi intorno a lei, si contano sulle dita di una mano: strano, non siamo a fine stagione. E’ invece giugno in esplosione d’estate. Dove sono gli altri? E’ questa la crisi? Questo rendersi conto che poche decine di euro fanno la differenza tra benessere e poverta’, come diceva Micawber? Riconosce un paio di visi, di qualche anno cresciuti, ancora infantili ma pronti a saltare nel mondo dei ragazzi.

Non c’e’ piu’ da tempo neppure l’amico con la figlia dolce e agilissima. La moto l’ha tradito in una mattina meravigliosa di settembre, che lo ha attirato fuori casa per un giro in montagna; in un sorpasso si e’ spento il sole. Lo aspettavano in pista, il pomeriggio: c’era festa e lui non arrivava mai. Poi i grandi hanno saputo e i piccoli sono diventati tristi, avvolti dalle magliette arancione d’ordinanza.

Fa qualche giro: il corpo riconosce movimenti istintivi. Resiste tre quarti d’ora e suda nel calore della sera, mentre il ginocchio geme il suo trito lamento di giunture infiammate. Pensa al ghiaccio, a casa, e a chi le vuole bene e ha provato a dirle, vedendola armarsi di pattini e incaponimento, che forse non era una buona idea.

Lei ha ascoltato senza ascoltare: sa di funzionare per sperimentazione diretta e, per qualche attimo, ha creduto di poterci riuscire. Sua madre l’avrebbe freddata con una frase di utilizzo raro e effetto deflagrante: “non e’ vero che sei una persona intelligente”. E poi se ne sarebbe rimasta inquieta, in attesa del suo ritorno, impegnata nelle molteplici e contemporanee attivita’ da madre che arrivavano dappertutto con inestinguibile amore.

Ogni cosa, intorno a lei, sembra aver perso colore qui, in questo angolo di paese, mentre altre, in altri luoghi, con altre persone, stanno, a poco poco, mettendosi a fuoco, con nuove abitudini e sorprendenti cromatismi. E’ finita un’epoca, forse, pensa richiudendo nella borsa i soliti fedelissimi pattini, con rimpianto solo per il corpo che aveva e che dovra’ rintracciare per altre vie.

L’acqua nota delle vasche, invece, la accoglie ogni volta, restituendola all’aria pulita e rilassata. Questo non e’ mai cambiato: l’odore dell’acqua e quello dei libri la aspettano sempre, immuni alle metamorfosi, oltre i cambiamenti apparenti.


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