Chi può dire di ricordare il nome del cardinale Mezzofanti? Forse nessuno. Forse molti ammetteranno addirittura di non averlo mai sentito nominare. Ebbene sì, è una di quelle immagini avvolte dal mistero di un mondo cattolico plurimillenario. Il cardinale Mezzofanti, probabilmente il più stimabile poliglotta di ogni tempo, letteralmente venerato da studiosi di lingue e appassionati.
Giuseppe Mezzofanti nacque in una famiglia bolognese di umili origini nel 1774. Relativamente alla sua infanzia si racconta di una memoria impari, del tutto straordinaria, tanto da esser stata definita “prodigiosa”. Secondo quanti lo conobbero in quei primi anni di vita, pare avesse addirittura un orecchio finissimo per la musica e una capacità di apprendimento senza eguali. A Bologna entrò ben presto in contatto con gli ambienti gesuiti, quel tanto da acquisire con facilità la conoscenza delle lingue straniere. Gli ambienti frequentati in quegli anni dal Mezzofanti erano essenzialmente ambienti prediletti dai missionari, e pertanto da uomini che avevano dedicato la propria vita ai viaggi di evangelizzazione nel mondo. Il Mezzofanti si avvicina allo spagnolo, allo svedese, al tedesco, e apprende pian piano i rudimenti delle lingue lontane strutturalmente dal ceppo latino. Giungono allora gli anni del seminario con gli studi di filosofia e teologia, intervallati occasionalmente con lo studio delle lingue orientali.
All’età di 23 anni il Mezzofanti riceve l’incarico di docente presso la cattedra di ebraico all’Università di Bologna e di lì a poco viene ordinato sacerdote. Inizia allora il suo apostolato tra i feriti delle guerre napoleoniche, divenendo confessore dei viaggiatori e dei soldati in battaglia. Dopo la parentesi prodigiosa dell’infanzia, è forse questo il momento più significativo del Mezzofanti, quando Lord Byron – di passaggio nella città emiliana – dirà di aver incrociato un autentico “mostro delle lingue, un uomo che sarebbe dovuto esistere al tempo della Torre di Babele nelle vesti di interprete universale”. Un professore dell’Università di Breslavia di passaggio in Italia, un certo August Wilhelm Kephalides, ammise di aver conosciuto un “fenomenale poliglotta in talare”. Lo stesso interprete dell’ambasciata russa in Italia, Matteo Pisani, fece visita al Mezzofanti per assicurarsi lui stesso della straordinarietà di quell’uomo insolito. Di lì a poco il Pisani rivelò il proprio stupore a seguito dell’incontro. Il Mezzofanti era dunque un uomo mite, piuttosto propenso alla cura delle anime e allo studio delle lingue come passione primigenia. Un uomo solitario secondo alcuni, in particolar modo a seguito del suo rifiuto – prima nel 1806 e più tardi nel 1814 – a raggiungere Napoleone a Parigi e successivamente Papa Pio VII nella Città Eterna. Accettò soltanto diversi anni più tardi, nel 1831, quando Papa Gregorio XVI lo pregò di mettere le proprie conoscenze al servizio della Congregazione per la Propaganda della Fede.
La presenza a Roma fu per Mezzofanti un’ulteriore occasione di contatto con gli ambienti poliglotti, dai colloqui coi missionari ai rapporti diretti con gli esperti emeriti del tempo. In quel periodo converserà in mandarino con padre Umpierres, lasciando trasparire il suo amore particolare per le terre d’Oriente. Padre Charles William Russell, di origini irlandesi, si intratterrà più volte col Mezzofanti, approfondendo insieme il gaelico e gli idiomi principali della Gran Bretagna. Il Russell si rivelerà successivamente il primo vero biografo del cardinale bolognese, concedendo ai posteri una testimonianza diretta di quelli che furono i suoi incontri culturali col Mezzofanti: un uomo capace di conversare in 38 lingue diverse.
Forse un primo barlume di ecumenismo? Era ancora presto parlare di quella che sarebbe stata – parecchio tempo dopo – la rivoluzione del Concilio Vaticano II.
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