Facciamo giustizia.
Queste le due parole, estremamente significative, che danno il titolo dell’opera di Michele Vietti, vice presidente del Csm.
Durante la giornata di Domenica, al Salone del Libro di Torino, Michele Vietti mette al centro il tema della giustizia, come motore della società e della politica. Il libro, scritto a cavallo tra il 2012 e il 2013, ha un passaggio che il relatore , Paolo Griseri, definisce illuminante: “Ora che che abbiamo lasciato alle spalle gli spicchi dello scontro politico e si è tornati a parlare di fatti concreti”.
Frase che oggi suona strana, quando questa stessa mattina Alfano ha rilasciato un’intervista proprio su problema dell’eterogeneità del governo.
Gli argomenti ripresi nel libro sono anche quelli di cui si sente parlare tutti i giorni, riassunti in maniera sistematica. Il sistema giudiziario riguarda infatti non solo i politici, ma la vita di tutti noi. Il motivo della ferruginosità del sistema è “l’andata la seconda e la bella”, come dice Vietti: il primo, il secondo grado e cassazione.
Come risolvere allora questo guazzabuglio?
La proposta è di ridurre le possibilità di questo gioco. Dall’annullamento di falso in bilancio come reato, Vietti è arrivato alla proposta di ridurre le possibilità di appello, ridando preminenza alla sentenza di primo grado per non ingolfare la macchina giudiziaria.
“Con il governo Monti c’è stata una discreta tranquillità” ammette “Con il ministro Severino c’è stata una buona collaborazione per costruire cose positive: la riforma delle circoscrizioni giudiziarie, ad esempio, intervento atteso pe far fronte alla carenza di risorse sia umane che economiche nella magistratura. Non si poteva pensare di mantenere l stessa catena distributiva di cent’anni fa”.
La soluzione?
“Ripensare questa distribuzione”
Vietti non è dunque un antiriformista.
“Non si può non fare le riforme: per ora pensiamo a quello che abbiamo ottenuto, e poi vediamo”.
Un impegno marginalista, prudente ma verso il cambiamento.
“Io salverei Pinerolo” dice sul caso del tribunale della Val Chisone “perché bisogna deflazionare i tribunali troppo grandi: piuttosto è meglio allargare Torino Sud come circoscrizione fino a Susa mantenendo Pinerolo. Sarebbe stata una scelta più adeguata”.
“Questo vale anche per gli ospedali: come non funziona l’ospedale troppo piccolo, così non funziona quello troppo grade: dobbiamo darci una definizione media, con dimensioni di efficienza”.
“La giustizia ha due problemi” enumera con grande sicurezza “Uno è la celerità della risposta: una risposta fuori tempo è una risposta inutile. Il secondo però è la prevedibilità della risposta: non si può avere un terno al lotto ogni volta, creando instabilità nel sistema”.
Uno degli aspetti che può rendere più veloci i processi è il rito del patteggiamento.
Il problema è che con la prescrizione e la certezza che prima o poi il processo “morirà”, il patteggiamento è preso in considerazione da pochi: “Tanto vale aspettare!” dice.
“Lo strumento della giustizia è rigido e non riesce ad assorbire i milioni di processi penali che il nostro Paese crea: siamo il paese che più crea contenziosi in un anno e pretendiamo che il giudice li risolva tutti.”
Prima ricetta allora è depenalizzare: ci sono fatti che non hanno ragione di essere criminalizzati e possono essere risolti anche al di fuori del penale.
“E’ una follia” dice Vietti “che si pensi che la soluzione per un problema sia introdurre un nuovo reato ogni volta: questo intasa gli uffici e non rende possibile capire cosa è davvero importante!”
Nel libro il vicepresidente del Csm propone, per rendere più celere il meccanismo della magistratura, di sospendere i termini di prescrizione nei casi di rinvio a giudizio o nei casi della condanna in primo grado.
Proposta dura, che Vietti rilancia pensando a una collaborazione con il ministro Severino.
“Vedo difficile portare questa proposta in Parlamento, ma credo che sia il caso di continuare a provare. La lungaggine dei processi è dovuta alla prescrizione, questo nessuno me lo toglierà dalla testa. In Italia ogni anno vengono prescritti 170mila reati, e migliaia di magistrati hanno lavorato per nulla”
“Lo Stato deve esercitare la pretesa punitiva fino in fondo” afferma “Con la prescrizione, questa pretesa diventa un burla”.
Sulla questione delle intercettazioni, Michele Vietti scrive che forse si potrebbe introdurre una nuova specie delittuosa, che punisca sia la comunicazione a terzi che la pubblicazione delle intercettazioni non ancora rese pubbliche.
“La questione è complicata a causa egli interessi contrapposti sulla questione delle intercettazioni” concude Vietti “Le intercettazioni non possono essere eliminate, perché sono necessarie per contrastare certi reati. Ma bisogna tutelare in ogni caso il diritto alla privacy”.
Articolo di Matteo Rinaldi.
Riprese e montaggio video di Olga Anna Furchì.